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25/05/2020 Uncategorized , , ,

Quando semplificare peggiora le cose

QUI NON SI PARLA DI POLITICA. Però a volte le affermazioni di un politico possono essere alla base di un discorso che riguarda la matematica. Mi riferisco all’affermazione di venerdì scorso dell’assessore lombardo Giulio Gallera, che commentando la notizia della discesa dell’indice di contagio Rt ha detto «L’indice Rt a 0,51 vuole dire che per infettare me bisogna trovare due persone nello stesso momento infette…. Questo vuol dire che non è cosi semplice trovare due persone infette nello stesso momento per infettare me», ma soprattutto ha insistito: «Ho dato una semplificazione che fosse comprensibile a tutti sul fatto che il virus stesse rallentando. Ho voluto spiegare a tutti un concetto scientifico […] Non c’è nessun misunderstanding, ho il compito di provare a semplificare concetti scientifici».

Semplificare le cose complesse è di solito un’ottima idea, e possiamo pertanto chiudere un occhio sui piccoli errori che per definizione l’operazione di semplificazione compie. (Se non ci fossero errori non staremmo semplificando, ma spiegando meglio). Praticamente tutto quello che studiamo a scuola in fisica è una semplificazione: non è vero che due oggetti fatti cadere da una certa altezza tocchino terra allo stesso momento, perché l’attrito con le molecole d’aria li rallenta in modo diverso. E se per questo, il modello atomico classico è sicuramente una semplificazione errata. Ma in questo caso non ci sono problemi, perché noi usiamo questi modelli in contesti tali per cui gli errori non sono importanti. Se il peso con la forma più aerodinamica tocca terra un millesimo di secondo prima dell’altro, non ce ne accorgiamo. Se stiamo semplicemente calcolando quanto sodio e quanto cloro c’è in un etto di sale, immaginare gli elettroni come palline che girano intorno al nucleo va più che bene.

Nel caso del fattore di contagio, però, abbiamo un modello che semplicemente non funziona. Gallera ha applicato un modello additivo a un sistema probabilistico, come se il contagiarsi fosse qualcosa di equivalente al sollevare un peso di cento chili e si dicesse “le persone possono sollevare solo cinquanta chili a testa, quindi ce ne vogliono due insieme per sollevare un quintale”. Rt=0,5 significa solo che in media ogni persona ne contagia mezza; se non volete parlare di mezze persone, che un gruppo di cento persone infette e sparpagliate ne contagerà circa cinquanta. Dire “ci vogliono due persone nello stesso momento infette” è la stessa cosa che dire “poiché la probabilità di ottenere testa con una moneta è il 50%, bisogna lanciare contemporaneamente due monete per avere una testa”. Se a voi quest’ultima frase appare perfettamente logica, contattatemi: potrei fare qualche scommessa contro di voi.

Quello che però mi preoccupa di più non è l’affermazione errata, frutto probabilmente di un’affrettata lettura. Non si pretende di avere politici come Angela Merkel, che prima di diventare cancelliera si è laureata in fisica e dottorata in chimica, e quando spiega cosa significa in pratica il fattore di contagio sa quale modello usare per semplificare correttamente. Credo però si possa pretendere che i politici abbiano dei consulenti che spieghino loro le cose, almeno a posteriori; e si possa pretendere che dopo aver scoperto di aver fatto un errore lo si ammetta, e si riporti la versione corretta. Altrimenti corriamo il rischio che molti di quelli che hanno ascoltato le affermazioni dell’assessore traggano la conclusione “allora basta incontrare solo una persona per volta e nessuno si infetterà più”. Provate solo a pensare cosa succederebbe…

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