Come si indicava il fattoriale?
La funzione fattoriale piace tantissimo a chi insegna programmazione, perché è uno degli esempi più semplici per spiegare la ricorsione, e soprattutto spiegare perché la ricorsione non si avviluppa all’infinito. Tu dici “FATTORIALE(n) = n*FATTORIALE(n-1)” e ti premuri di aggiungere “ah sì, FATTORIALE(0)=1”. Poi ovviamente il professore ti frega subito chiedendoti di calcolare FATTORIALE(3.5) oppure FATTORIALE(-1), ma questa è la dura vita dello studente a cui non è ancora chiaro che il calcolatore calcola senza stare troppo a pensarci su. A parte questo, la funzione ha una lunga storia, almeno secondo Wikipedia: gli indiani usavano il concetto già nel dodicesimo secolo, e nel 1677 i fattoriali sono stati impiegati per descrivere il change ringing, le melodie delle campane costruite secondo specifiche regole combinatorie. In fin dei conti, gli altri a cui piace la funzione fattoriale sono per l’appunto quelli che studiano combinatorica…
Ad ogni modo, anche se Gauss per esempio usava Π(n) per indicare il fattoriale di n, la nostra attuale notazione con il punto esclamativo sembra essere stata introdotta da Christian Kramp nel suo libro del 1808 Éléments d’arithmétique universelle. La cosa più divertente è che Kramp non lo chiamava “fattoriale” ma “facoltà” (faculté). Nel testo dice infatti (traduzione mia)
L’avevo chiamato “facoltà”: ma Arbogast l’ha cambiato in “fattoriale” (factorielle) che è più chiaro e più francese. Nell’adottare la sua idea sono felice di porgere un omaggio alla memoria del mio amico.
E perché Kramp ha usato il punto esclamativo? Proprio per la ragione che si dice di solito: per la meraviglia nel vedere come cresce la funzione al crescere del numero di partenza. Ovviamente tutto questo non è bello per un Vero Matematico: e così Maths History ci racconta che Augustus De Morgan la criticò aspramente, e nell’articolo “Symbols” della Penny Cyclopædia scrisse: (traduzione mia)
Tra i peggiori barbarismi c’è quello di introdurre simboli nuovi in matematica ma con un significato perfettamente comprensibile nella lingua comune. Gli scrittori si sono fatti prestare dai tedeschi l’abbreviazione n! per indicare 1 · 2 · 3 … (n-1) · n, il che dà alle loro pagine la sensazione di esprimere sorpresa e ammirazione che 2, 3, 4, ecc. si possano trovare nei risultati matematici.
Nel caso vi chiedeste perché “tedeschi”, Kramp era di Strasburgo, quindi pur essendo francese probabilmente era bilingue e i colleghi oltre Reno hanno seguito la sua notazione. Vabbè, De Morgan si sa che aveva delle strane idee, ma in effetti la notazione con il punto esclamativo non ha subito guadagnato l’unanimità, a scapito di un’altra notazione, quella che vedete nella figura (dal libro di Hall e Knight “Higher Algebra”; l’immagine è di Keith Conrad). Il numero veniva “fatto sedere” mettendo una linea verticale a sinistra e una orizzontale sotto. Se leggete l’articolo di Conrad scoprirete che anche Hilbert l’ha usato, e che ci sono libri pubblicati dopo la seconda guerra mondiale che non usano la notazione con il punto esclamativo, nonostante le due linee rendessero molto più complicata la stampa. Sono anche certo di avere un libro, anche se è una ristampa Dover, che lo usa: ma non riesco a trovarlo. Morale della favola? Ci sono matematici che vogliono a tutti i costi essere separati dal mondo reale, ma l’amore vince sempre sull’invidia e sull’odio.
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