Ronzaleppi e cicopandi
L’estate, come si sa, è periodo di compiti delle vacanze, croce senza delizia degli studenti… e anche dei genitori. La scorsa settimana, mentre ero rimasto a Milano a lavorare, mi è arrivata una disperata richiesta di aiuto da parte di mia figlia, che ha finito la prima media: “Papà, che figure geometriche sono un cicopando e un ronzaleppo?”
Una ricerca in rete dà solo un thread su Twitter dell’anno scorso, che in effetti permette di risolvere il mistero. Ma magari anche voi volete cimentarvi: eccovi qua le immagini che ho fotografato dal libro (Contaci! In vacanza, della Zanichelli).
Occhei. Il punto è che più che un esercizio di matematica questo pare essere uno dei problemi dati per l’ammissione al Mensa, dove bisogna capire qual è la regola per dare un nome alle figure. Per la precisione, un cicopando è un quadrilatero che al suo interno contiene un triangolo e che ha un vertice da cui parte un tratto curvo che termina in un pallino nero; un ronzaleppo è una figura chiusa vuota all’interno, con due tratti curvi che partono da un suo punto diverso da un vertice e terminano rispettivamente con un cerchio e un triangolo neri. Avere gli esempi positivi (“questi sono ronzaleppi”), quelli negativi (“questi non sono ronzaleppi”) e sapere che c’è una sola soluzione corretta permette senza troppa difficoltà di trovarla… a chi ha capito cosa deve fare (Il ronzaleppo è l’11, il cicopando il 10).
Ecco: il problema è proprio questo. Io trovo bellissimo che si spieghi ai ragazzi che i concetti matematici non escono dal cappello di un prestigiatore ma sono definiti secondo certe regole. Trovo anche bellissimo che in un libro si mostri come le regole possano essere più o meno decise a caso, purché coerenti: poi col tempo si potrà imparare a capire quando ha senso definire qualcosa e quando no. Però tutto questo richiede che il ragazzo sia guidato, perché chiaramente non può saperlo istintivamente. Se un esercizio come questo fosse presente in un libro di testo, posso immaginare che il manuale per gli insegnanti conterrebbe le spiegazioni; qui come libro delle vacanze lo studente è buttato in acqua senza braccioli per vedere se impara a nuotare da solo, lasciando interdetti i poveri genitori. Eppure non ci voleva molto: bastavano appunto alcune righe di presentazione, dove si diceva qualcosa tipo “Giovannino Perdigiorno ha deciso che triangoli, quadrati e cerchi sono troppo semplici per lui e ha così inventato alcune nuove figure geometriche, a cui ha dato il nome di ronzaleppo e cicopando. Solo che non vuole spiegarci come queste figure sono costruite! Ha però acconsentito a farci alcuni esempi, dicendo quali sono corretti e quali no”. Così invece non si rischia tanto di lasciare un esercizio non fatto, quanto di convincere ancora di più gli studenti che la matematica è fatta di cose impossibili…
PS: Nel thread di Twitter, tra l’altro, ci si chiede come mai Google riporti tra i risultati la voce di Wikipedia sulla figura geometrica, che sicuramente non parla di cicopandi e ronzaleppi. La risposta è che con ogni probabilità sono stati in tanti a fare una ricerca su quei termini, e hanno aggiunto alla stringa di ricerca la frase “figura geometrica”. A questo punto l’algoritmo di Google ha desunto che – anche se lui non li conosceva – quei strani termini erano associati al concetto di figura geometrica e quindi ha dato una risposta diciamo interlocutoria, sperando che l’essere umano dall’altra parte della connessione sapesse farci qualcosa :-) Ma quella è un’altra storia!
@6am
Sofia says...
Buongiorno! A “discolpa” (anche se non parlerei di colpa) del libricino in questione si può dire che nel libro di testo “Contaci!” (che però non è detto che sia in adozione in tutte le classi che si trovano a fare in conti in vacanza con “Contaci! In vacanza”) c’è già un esercizio simile (oserei dire quasi uguale) che forse l’insegnante ha commentato con i ragazzi.
Però… secondo me dietro un esercizio di questo tipo ci sta un problema ancora più grande di quello, seppur vero, evidenziato nell’articolo.
Guardiamo i ronzaleppi. La soluzione prevista dall’autore è (come dice Mau e come è esplicitato nella versione del libro per l’insegnante) la figura 11. E la domanda è al singolare, quindi (per come interpreto io le domande) lascia supporre che la soluzione esista e sia unica.
Ma perché mai la figura 9 non potrebbe essere un ronzaleppo?
Io potrei infatti intendere (ma forse sbaglio) che il “braccino” in fondo al quale c’è un pallino nero non può partire da un vertice (controesempio 5) ma che invece il braccino in fondo al quale c’è un triangolo può partire anche da un vertice.
Oppure perché la figura 9 non potrebbe essere un circopando? La risposta corretta è solo la 10 e lascia intendere che fuori ci deve stare un quadrilatero e dentro un triangolo. Ma da esempi e controesempi secondo me (ma forse sbaglio) si potrebbe intendere che fuori ci deve essere un poligono con più di tre lati, dentro un triangolo, e poi un braccino solo che parte da un vertice. Oppure si potrebbe intendere che innanzitutto deve esserci un braccino solo e poi che il poligono dentro e quello fuori devono avere un numero diverso di lati; e allora anche il 12 sarebbe una risposta esatta.
Insomma, se si parte non dalla definizione ma da una serie di esempi e di controesempi, a mio parere, si dovrebbe porre il problema come un problema aperto; e dovrebbe esserci qualcosa che dice all’alunno, ma prima ancora all’insegnante, che il bello di questo esercizio è:
1) trovare una definizione che sia coerente con esempi e controesempi;
2) trovare tra quelli proposti i disegni che possono essere definiti nello stesso modo;
3) confrontare le definizioni date da alunni (o gruppi di alunni): sono tutte uguali? usano parole diverse ma descrivono esattamente le stesse cose? oppure ci sono definizioni che, pure essendo coerenti con gli esempi e i controesempi dati, determinano lo stesso insieme di elementi?
Oppure… l’alternativa che io trovo è questa. Per capire la regola, non devi solo guardare gli esempi e i controesempi, ma devi anche tener conto del fatto che, tra i disegni dati nel terzo riquadro, uno ed uno solo è un circopando o un ronzaleppo. Allora capisco che le definizioni che avevo in mente poco fa non vanno bene, perché farebbero in modo che più di un disegno rispondesse alle caratteristiche della definizione. Ma… siamo sicuri che non esistano altre possibili definizioni, coerenti con esempi e controesempi, che comunque ammettano uno e un solo circopando nel terzo riquadro? E siamo sicuri che una riflessione di questo tipo non sia… un po’ troppo?
Concludo. Mi sembra che questi esercizi, che pretendono che un concetto sia chiaro a partire da pochi esempi e pochi controesempi, invece di aiutare i ragazzi a farsi una idea più vera della matematica, del che cosa significa scegliere un nome, dare una definizione, classificare, decidere se due elementi appartengono allo stesso insieme…, invece di educare i ragazzi a un uso consapevole del linguaggio (matematico e non) fanno proprio il contrario.
Per due motivi:
1) lasciano intendere ad insegnanti ed allievi (anche se fortunatamente non lo dicono esplicitamente) che quattro esempi e quattro controesempi bastano per definire bene qualcosa;
2) lasciano intendere che la matematica è una cosa misteriosa, per capire la quale tu devi leggere nella mente della gente; i matematici fanno delle cose (dei calcoli, dei raggruppamenti, dei disegni) e ti lasciano solo a capire che cosa è passato nella loro testa strampalata; ecco, per me la matematica invece è proprio un po’ il contrario di questo; è il regno in cui cerchiamo tutti di dirci tutto, di dirci le cose per benino, nessuno è lasciato solo a dover leggere nella mente degli altri.
@8am
.mau. says...
(non so quanti leggeranno questo scambio… il post “ufficiale” è sul Post, qui tengo solo le copie)
Che il libro di testo corrispondente abbia un esercizio simile è naturalmente importante per due ragioni. La prima è che i ragazzi sanno già cosa viene loro chiesto – i miei gemelli hanno Wikimath, quindi per loro questo era arabo. La seconda è che appunto ci potrebbero essere risposte diverse se si scegliessero categorizzazioni diverse. Questo di per sé non è un male, anzi: però è un tipo di lavoro che deve essere guidato dall’insegnante, che appunto spiegherà che non si può dare una definizione solo con quattro esempi e controesempi, ma ci vuole parecchio di più.
È però anche vero che in fin dei conti la matematica è andata spesso avanti con l’equivalente di ronzaleppi e cicopanti: i primi esempi che mi vengono in mente sono gli inizi dell’analisi matematica a dello studio delle serie infinite. Quindi non sarebbe così grave “sbagliare definizione”. Ma come scrivevi, anche questo richiede comunque un lavoro maieutico da parte dell’insegnante, che nei compiti delle vacanze non può esserci.
Poi ci sono libri molto peggiori: la prossima settimana racconterò di quello che è toccato in sorte a Jacopo…
@9am
Sofia says...
Ti leggerò volentieri!