In altre parole occorre stare attenti a non confondere una probabilità condizionata (di contagiare essendo vaccinati) da una “semplice” o marginale (di contagiare tout court).
Io la trovo comunque una cattiva notizia, per due motivi.
Il primo è che finora si pensava che il vaccinato che veniva contagiato avesse, al contrario di un non vaccinato, una carica virale bassa, e l’affermazione di Fauci purtroppo smentisce questa plausibile (prima di oggi) assunzione.
Il secondo è la debolezza e la vaghezza insista nel termine “raro”. Cosa significa che l’infezione di un vaccinato è un evento raro? Faccio qualche spannometrico conto.
L’efficacia dichiarata inizialmente dei due vaccini mrna è del 95%. Questo significa che l’infezione di un vaccinato è 20 volte meno frequente di quella di un non vaccinato.
Però l’efficacia sul campo con le varianti si è rivelata inferiore, in misura compresa tra il 60% e l’80%. Cioè la probabilità di infezione di un non vaccinato sarebbe tra 2,5 e 5 volte inferiore a quella di un non vaccinato.
Inoltre c’è da considerare che la variante delta è molto più contagiosa, con un r0 compreso tra 6 e 8 anziché il 2,3 della forma di coronavirus comparsa all’inizio. Quindi occorre attendersi, rispetto all’inizio della pandemia, un numero di contagi maggiore di circa 3 volte.
Io non so da cosa dipenda questa maggiore infettività. Se non dipende dall’entità della carica virale, ma dalla maggiore facilità di “aggancio” della proteina spike, allora è facile capire che il vantaggio offerto dal vaccino è quasi completamente annullato dalla maggiore virulenza della variante delta. Cioè: l’infezione di un vaccinato oggi sarebbe un evento raro quasi come l’infezione di un non vaccinato all’inizio della pandemia. Che senso ha allora trincerarsi dietro il termine “raro”?
Poi certo, sto parlando di infezione e non di ospedalizzazione. Rimane importante vaccinarsi. Ma io sono comunque preoccupato.