Impariamo a leggere le ipotesi
Pare che in questi giorni il Fatto Quotidiano abbia pubblicato questo articolo (ho preso lo screenshot da questo. L’avete letto?
Nell’articolo, Rochelle Walensky, direttrice dell’US Centers for Disease Control and Prevention, afferma che “la quantità di virus trovata nelle persone vaccinate infette dalla variante Delta è simile a quella trovata nelle persone non vaccinate”, e quindi mentre con le altre varianti non si era verificata la trasmissione del virus da parte di un vaccinato, stavolta “i vaccinati possono effettivamente infettare qualcun altro” (da cui appunto il ripristino dell’obbligo di mascherina in certe condizioni). Fine della storia? Per nulla.
Limitarsi a usare quelle frasi della conferenza stampa è un grave errore matematico. Più precisamente, è corretto affermare che se una persona ha la stessa carica virale, vaccinata o no che sia, allora ha la stessa capacità di infettare gli altri. Ma bisogna anche considerare qual è la probabilità che una persona vaccinata sia infettata dalla variante Delta (e quella che lo sia una persona non vaccinata). In effetti, nello stesso articolo Walensky sottolinea come le infezioni di persone vaccinate siano rare, come del resto sapevamo già dalle statistiche. Certo, sono rare ma non nulle, e questo lo sapevamo fin dall’inizio della campagna vaccinale: ma avere meno vaccinati che possono infettare significa che la vaccinazione riduce la diffusione del virus, che è quello che ci serve. La conclusione è che non sono state vaccinate abbastanza persone per ridurla drasticamente, tanto che il CDC ha rimesso l’obbligo delle mascherine; ma questo è diverso dall’affermare che la vaccinazione è inutile.
Per fare una metafora, l’infezione da Covid con variante Delta può essere paragonata a una piena che sorpassa gli argini. Per ciascuno di noi gli argini sono a una certa altezza, ed è per questo che non tutti si ammalano. Vaccinarsi permette di alzare gli argini. Certo, se la piena è molto forte i terreni intorno si allagheranno comunque: però nella maggior parte dei casi si riuscirà a contenere la piena. (Avevo fatto un esempio simile in tempi non sospetti, esempio che ho poi ripreso in Matematica in pausa pranzo).
Quello che vorrei che fosse chiaro è che i ragionamenti, in logica come in matematica, partono sempre da un insieme ben preciso di ipotesi. Cambiando le ipotesi cambiano i risultati: ma dare risultati senza aver specificato le ipotesi è sempre sbagliato.
@8pm
Antonio says...
In altre parole occorre stare attenti a non confondere una probabilità condizionata (di contagiare essendo vaccinati) da una “semplice” o marginale (di contagiare tout court).
Io la trovo comunque una cattiva notizia, per due motivi.
Il primo è che finora si pensava che il vaccinato che veniva contagiato avesse, al contrario di un non vaccinato, una carica virale bassa, e l’affermazione di Fauci purtroppo smentisce questa plausibile (prima di oggi) assunzione.
Il secondo è la debolezza e la vaghezza insista nel termine “raro”. Cosa significa che l’infezione di un vaccinato è un evento raro? Faccio qualche spannometrico conto.
L’efficacia dichiarata inizialmente dei due vaccini mrna è del 95%. Questo significa che l’infezione di un vaccinato è 20 volte meno frequente di quella di un non vaccinato.
Però l’efficacia sul campo con le varianti si è rivelata inferiore, in misura compresa tra il 60% e l’80%. Cioè la probabilità di infezione di un non vaccinato sarebbe tra 2,5 e 5 volte inferiore a quella di un non vaccinato.
Inoltre c’è da considerare che la variante delta è molto più contagiosa, con un r0 compreso tra 6 e 8 anziché il 2,3 della forma di coronavirus comparsa all’inizio. Quindi occorre attendersi, rispetto all’inizio della pandemia, un numero di contagi maggiore di circa 3 volte.
Io non so da cosa dipenda questa maggiore infettività. Se non dipende dall’entità della carica virale, ma dalla maggiore facilità di “aggancio” della proteina spike, allora è facile capire che il vantaggio offerto dal vaccino è quasi completamente annullato dalla maggiore virulenza della variante delta. Cioè: l’infezione di un vaccinato oggi sarebbe un evento raro quasi come l’infezione di un non vaccinato all’inizio della pandemia. Che senso ha allora trincerarsi dietro il termine “raro”?
Poi certo, sto parlando di infezione e non di ospedalizzazione. Rimane importante vaccinarsi. Ma io sono comunque preoccupato.
@9pm
.mau. says...
Beh, che il vaccinato contagiato avesse una carica virale bassa a dire il vero non me lo aspettavo, perché non vedo la differenza pratica. Quello che è preoccupante è la minore efficacia (che si traduce in una maggiore percentuale di vaccinati per avere l’immunità di gregge). Perché l’infettività sia maggiore ovviamente non lo so :)
(Per chi dice che il vaccino ha permesso alla variante delta di nascere: è stata isolata per la prima volta a dicembre 2020, prima che ci si vaccinasse)
@9am
Antonio says...
L’iimunità di gregge non verrà mai raggiunta, almeno con questi vaccini. Sarebbe bene che se ne prendesse atto, e se ne discutesse anche in relazione alla vaccinazione di ragazzi e bambini.
@6pm
.mau. says...
beh, prendere atto che un vaccino non porterà all’immunità di gregge è indipendente dal rapporto rischi-benefici, no?