Sassi dal cavalcavia
Ieri – ma la polemica è divampata oggi, anche i socialcosi hanno bisogno di una massa critica per innescare una reazione – Luigi De Rocchi ha postato su Facebook questa pagina del libro di fisica di suo figlio, in seconda liceo. (Non so quale libro sia, né chi siano gli autori) Nel problema da svolgere, si immagina di lanciare un sasso da un cavalcavia con una certa velocità iniziale e si chiede se colpirà o no un’autovettura che sta sopraggiungendo. De Rocchi si chiede: «Adesso ditemi voi se è possibile che sul libro di fisica di secondo liceo di mio figlio ci sia un esercizio nel quale, per far pratica sul moto uniformemente accelerato, si faccia uso di uno scenario come questo… un idiota che si diverte a lanciare i sassi da un cavalcavia dovendo verificare se il suo sasso colpirà o meno un’auto che transita al di sotto…». Susciterò le ire di molti, ma il mio punto di vista su questo esercizio non è così negativo.
Partiamo da una considerazione pratica: non credo che nessuno degli studenti a cui viene proposto questo esercizio andranno a fare delle verifiche sul campo per controllare la validità della loro risposta; penso inoltre che le cronache televisive e i siti web siano stati molto più efficaci per attivare l’effetto emulazione. Insomma, non è che un esercizio come questo sia un’istigazione a delinquere. Personalmente io sono scettico persino sulla possibilità che lo studente quadratico medio si accorga dell’ambientazione del problema: tornando indietro con la memoria a più di trentacinque anni fa, quando ero appunto un giovane studente liceale, posso garantire che io non avrei assolutamente notato di cosa si stava parlando e mi sarei messo bovinamente a fare i conti, sperabilmente corretti.
Si parla tanto della difficoltà che la gente ha con i problemi di matematica assemblati alla bell’e meglio, solo per avere dei numeri da macinare, e poi bisogna stare attenti a eliminare un qualsivoglia riferimento alla realtà: chessò, il problema doveva essere riformulato lanciando una pallina e cercando di centrare un canestro mobile? E che avreste detto se il problema avesse visto un’auto che viaggia a 80 all’ora mentre un bambino improvvisamente attraversa le strisce e fosse stato chiesto se l’autista sarebbe stato in grado di fermarsi in tempo?
È un po’ come tutta la gente che si è lamentata perché nei cartoni animati di Tom e Jerry – che a differenza per esempio di Wile E. Coyote e Beep-beep si svolgono in un ambiente simile a quello in cui vivono i bambini – ci sono episodi che se emulati possono essere pericolosi. Fortuna che queste persone non guardano la tivù oggi, perché Oggy e i maledetti scarafaggi è molto peggio… Più che altro il problema del libro è malposto, perché presuppone implicitamente che l’auto sia puntiforme, cosa che evidentemente nella realtà non è: e se vuoi presentare un problema “reale” devi tenere almeno conto di queste cose. Poi a me sarebbe piaciuto che l’esercizio successivo avesse fatto calcolare la quantità di moto di un simile sasso, magari confrontandola con qualcosa che possa essere comprensibile a un ragazzo: perché diciamocelo, chi lancia sassi da un cavalcavia non ha nessuna idea delle conseguenze delle sue azioni. Non avendo avuto tra le mie mani il libro non posso sapere se quell’esercizio è un’eccezione oppure no, ma ribadisco che quell’esercizio non mi pare chissà quale pericolo. Al più posso augurarmi che il professore non si limiti a verificare che gli studenti l’abbiano risolto correttamente, ma ne parli anche in classe: ancora una volta, se vogliamo che le scienze esatte non rimangano reperti archeologici da tenere al sicuro nel chiuso delle aule scolastiche dobbiamo far capire che i numeri non sono tutto ma solo un modo per comprendere la realtà.
E comunque io preferisco di gran lunga questo problema a quest’altro problema che sarà politicamente corretto finché volete ma ha il piccolo inconveniente di non corrispondere a una figura geometrica effettivamente disegnabile. O volete forse una generazione di studenti che non attivano mai il cervello?
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