backup del Post

Uno dei blog di .mau.

07/11/2013 Uncategorized

Chi ha paura degli algoritmi?

Massimo Gramellini sa scrivere molto bene, su quello sono più o meno tutti d’accordo. C’è anche un certo qual accordo sul fatto che tenda a scrivere di temi buonisti e nazionalpopolari, soprattutto nella sua rubrica quotidiana Buongiorno in prima pagina della Stampa. (Sa anche usare registri diversi: provate a vedere come si mette a fumare quando parla della Juventus). Questa sua predilezione ha ovviamente fatto nascere un movimento di opposizione, esemplificato per esempio da questo gruppo Facebook: io personalmente resto agnostico, e mi limito a non leggere la rubrica pensando però che non ci sia nulla di male in un po’ di melassa. Ho anche provato sulla mia pelle che scrivere quotidianamente di cose di attualità non è per nulla semplice: qualche volta ti escono fuori bene, spesso te la cavi con un po’ di mestiere, a volte il risultato è men che mediocre. Anche in questo caso so che la vita funziona così.

Ma ci sono volte in cui anche la mia atarassia si infrange, come nel caso del suo pezzo di ieri: “Abbasso gli algoritmi”. Dopo aver irriso i «due ricercatori americani» che hanno «scandagliato milioni di pagine Facebook», Gramellini continua dicendo «La dittatura dell’algoritmo è l’ultimo rifugio di un certo tipo di persone, per lo più maschi intellettuali con il cuore a forma di granchio e gli occhi a forma di dollaro, che non riuscendo più a sentire niente si illudono di domare le loro insicurezze con una serie di algide formulette attinte dalla marea di dati personali che le nuove tecnologie mettono a disposizione.» La melassa del giorno è stata insomma in salsa antiscientifica. E che cosa può controbattere un peso minimo quale io sono?

Innanzitutto quello che posso fare è diffondere quanto scritto da Marco Cattaneo e Mister Palomar, che hanno già spiegato tutto, a partire dalla considerazione sin troppo banale che non si può prendere un titolo a effetto e pontificarci su senza nemmeno sapere che cosa avevano davvero scritto i due ricercatori (che ovviamente per Gramellini non erano degni di essere chiamati per nome) per arrivare alla spiegazione di cosa è davvero un algoritmo: nulla più che una ricetta di cucina senza i “q.b.” sostituiti dalla quantità necessaria. Anzi, a dirla tutta, seguendo il suo pseudoragionamento non avrebbe nemmeno dovuto scrivere “algoritmo” ma “formula”, cioè la macchinetta che presi in pasto una serie di dati ti sputa fuori un numero. Chissà, forse la parola “algoritmo” gli sarà sembrata più accattivante come titolo…

Vorrei invece leggere quel Buongiorno da un punto di vista un po’ diverso, ma forse ancora più deprimente. Gramellini, come tanta altra gente, ha paura di quello che non conosce. E da buon maschio intellettuale, invece di domare le sue insicurezze cercando di capire di che cosa si fossero effettivamente occupati Lars Backstrom e Jon Kleinberg nel loro articolo si è semplicemente lanciato a testa bassa. (No, nessuno pretende che lui sia in grado di comprenderlo direttamente. Ma se – non sia mai! – si desse il caso che lui non conosca nessuno in grado di spiegarglielo in poche parole allora sarebbe messo davvero male). Non si spiega altrimenti tutto quell’astio, quando avrebbe potuto limitarsi a buttarla sul ridere con qualche battuta sui vantaggi di poter uscire una volta la settimana con amici tuoi e non del tuo compagno di vita.

O forse è ancora peggio, e il pezzo è stato volutamente scritto in quel modo perché Gramellini sa bene che a lamentarsi saremmo solo stati noi poveri mohicani, e il “suo” pubblico non solo non si era accorto di nulla, ma anzi avrà apprezzato che abbia attaccato quei cuori di granchio dagli occhi a forma di dollari. Importa qualcosa su che cosa si stesse pontificando? No, per nulla. L’importante è esorcizzare qualcosa che non si conosce e di cui soprattutto non si vuole sapere nulla di nulla. Tutto questo è molto peggiore dell’ignoranza: c’è sempre tempo per imparare, ma se uno si tappa le orecchie non potrà mai riuscirci. E mentre la cultura umanistica al più rimane ignorata, salvo quando Benigni declama la Divina Commedia, la cultura scientifica è temuta.

Che posso aggiungere ai miei pochi lettori? Se conoscete qualcuno che legge abitualmente Gramellini, provate a chiedergli che ne pensa di quel Buongiorno, e se vedete che l’ha apprezzato proseguite domandandogli se sa cos’è un algoritmo. Potrebbe essere interessante vedere la reazione.

(Aggiornamento: (9 novembre): in uno stile un po’ meno gramellinico, ho provato ad analizzare sulle mie Notiziole quello che potrebbe essere stato il percorso che l’ha portato a scrivere quel post)

Leave a comment

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.