backup del Post

Uno dei blog di .mau.

03/06/2013 Uncategorized

Matematica per analogie

La scorsa settimana Douglas Hofstadter era a Bologna, a ricevere una laurea honoris causa in “Progettazione e gestione didattica dell’e-learning e della media education” (boh). Il giorno dopo, sempre a Bologna, ha tenuto una conferenza intitolata “L’onnipresenza dell’analogia in matematica”, conferenza che mi ha visto in prima fila tra il pubblico. Ho pensato di riportare qui una parte della conferenza, quella su un teorema aritmetico di Stanislaw Ulam, perché potrebbe spiegare come fanno i matematici a essere matematici, e soprattutto perché chi matematico non è si trova a malpartito.

Dopo aver spiegato che i matematici mettono sempre tutti in guardia dall’errore di pensare che una qualche proprietà sia valida per analogia, Doug scrisse sulla lavagna un’uguaglianza molto semplice:

     1+2 = 3

spiegando che probabilmente tutto il pubblico in sala sarebbe stato d’accordo sull’equazione ma nessuno avrebbe potuto dire cosa ci sarebbe stato dopo. In compenso, continuò, “quando aggiungerò la seconda riga tutti coloro con una mente matematica sapranno sicuramente come la successione continuerà”. Ecco le prime due righe:

     1+2 = 3
     4+5+6 = 7+8

Avete capito qual è la regola della successione di uguaglianze? E siete convinti che sia vera?

Per comodità di tutti, aggiungo qualche altra riga, garantendovi che tutte le uguaglianze sono corrette; se non ci credete, fatevi voi le somme.

     1+2 = 3
     4+5+6 = 7+8
     9+10+11+12 = 13+14+15
     16+17+18+19+20 = 21+22+23+24
     25+26+27+28+29+30 = 31+32+33+34+35

Da qua la logica dietro la successione di uguaglianze dovrebbe essere ormai chiara a tutti; forse persino un computer ben programmato saprebbe trovarla. I numeri naturali sono scritti tutti consecutivamente; in ogni uguaglianza il lato destro ha un termine in meno di quello sinistro; ciascuna eguaglianza ha un termine in più (a destra e a sinistra) rispetto alla quella della riga precedente.

La prima differenza tra chi è matematico (dentro) e chi non lo è l’ho già annunciata sopra: un matematico ha l’occhio allenato ad accorgersi dei pattern, e quindi già con due sole righe formula un’ipotesi. Ma poi c’è una seconda differenza, che è quella che risponde al dubbio di Hofstadter “perché un matematico si lamenta sempre che non bisogna fidarsi delle analogie e poi le usa così tanto le analogie?” Anche in questo caso la risposta non è poi così complicate: il matematico si aiuta con le analogie, formula un’ipotesi, e poi la dimostra, eliminando così la necessità dell’analogia. Anzi, la elimina così bene che nelle dimostrazioni non ce n’è proprio traccia; così può avere la faccia tosta di dire che le analogie sono dannose.

Nel nostro caso, una dimostrazione non è difficile; il bello è che anche l’idea da cui partire nasce da un’analogia. Se volete dimostrare il teorema per conto vostro, smettete di leggere ora!

Siete ancora qui? Bene. Se notate, il primo termine di ogni riga è un quadrato perfetto. Questa è una proprietà interessante di suo, quindi tanto vale provare a dimostrarla: per fortuna è molto facile, ricordando che n2 è la somma dei primi n numeri dispari, e che ogni uguaglianza ha un numero dispari di termini immediatamente superiore a quello precedente. Una rapida passata di induzione, e siamo a posto. A questo punto arriva l’idea vincente. I due lati dell’uguaglianza hanno un numero diverso di elementi; cerchiamo di farli diventare uguali, eliminandone uno dal lato sinistro. Il candidato naturale è il quadrato, non foss’altro che perché l’abbiamo già usato per qualcosa nella dimostrazione; a questo punto, prendendo una riga qualunque e spostando tutti gli altri elementi al secondo membro, otteniamo qualcosa come per esempio

     16 = (21−17)+(22−18)+(23−19)+(24−20)

Qui la struttura viene di nuovo in nostro aiuto; in questo esempio particolare ci sono quattro differenze tutte uguali a quattro, e in effetti a sinistra abbiamo 42. Di nuovo, non è difficile dimostrare che questo deve valere per tutte le righe, e così la dimostrazione complessiva è terminata. No, la dimostrazione tecnica Doug non l’ha fatta e non la faccio nemmeno io: questo non è un corso scolastico.

La morale? Non fidatevi delle analogie, ma sfruttatele senza pietà. A volte verrete portati su una strada sbagliata, ma se siete pronti all’evenienza non sarà poi la fine del mondo, e in compenso risparmierete tantissimo tutte le volte in cui invece saprete subito cosa fare per dimostrare un teorema!

Leave a comment

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.