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13/02/2012 Uncategorized

Una dimostrazione errata è meglio che nessuna dimostrazione

Io e la fisica non siamo mai andati molto d’accordo. Una cosa però dalle lezioni di Fisica 2 me la ricordo bene: l’affermazione del professor Emilio Picasso che «è meglio un cattivo numero che nessun numero». Certo, l’affermazione è da prendersi con un pizzico di sale: un numero sbagliato di una decina di ordini di grandezza non è un cattivo numero, è un disastro completo. Ma un errore di un fattore 2, 5 o anche 10 può comunque dare un’idea di quello che sta succedendo: meglio che nulla. Certo, la fisica è la fisica e la matematica è qualcosa di un po’ diverso. Il concetto di “dimostrazione errata” è un ossimoro: una dimostrazione o è corretta o non è una dimostrazione. Ma la matematica spesso è come il maiale… non si butta via nulla.

Un esempio pratico di questa cosa ve l’ho appena fatto vedere! Nel post della volta scorsa la “dimostrazione” algebrica del fatto che il prodotto di k numeri consecutivi è divisibile per k! era errata. No, non mi ero sbagliato: anzi avevo esplicitamente spiegato qual era l’errore, visto che quell’approccio era il più naturale e qualcuno avrebbe potuto chiedersi perché avevo preferito dare una dimostrazione che sembrava quasi piovuta dal cielo. Ma avevo anche un altro motivo per presentarla, che si può riassumere in “una dimostrazione errata è meglio che nessuna dimostrazione”!

Paul Zeitz, nel suo libro The Arts and Craft of Problem Solving, tra le tecniche che consiglia nel risolvere un problema matematico presenta la “strategia del wishful thinking”. In pratica, se ci sembra che una certa una proprietà potrebbe essere utile per arrivare alla soluzione, possiamo far finta che sia vera, e vedere se utilizzandola si riesce a ricavare il risultato voluto. Se si è fortunati, durante i passaggi logici per ricavare la soluzione al problema si trova anche il modo per dimostrare quella proprietà, oppure si scopre che era falsa e capire che anche il problema originale aveva una soluzione opposta a quella che si credeva. Se invece si è sfortunati, si è perso un po’ di tempo e bisogna cercare un’altra linea di attacco.

Nel nostro caso specifico, la proprietà ausiliaria che volevo sfruttare era semplice: in un gruppo di k numeri consecutivi ce n’è sempre uno multiplo di 1, uno multiplo di 2, e così via fino a k. Di per sé la proprietà è corretta e facile da dimostrare. Peccato che non possiamo usarla per dimostrare il nostro teorema, perché nessuno ci garantisce che i numeri che scegliamo saranno tutti diversi. Anzi ho trovato un controesempio specifico, gli undici numeri tra 13 e 23, per cui l’unico multiplo di 6 coincide con l’unico multiplo di 9. Trovare controesempi in matematica è utile, anche se non sempre piacevole, perché almeno si è certi che si è imboccato una strada sbagliata. Nel caso in questione ho preferito così cercare la soluzione per un’altra via: la combinatoria mi ha aiutato, e ho trovato la risposta abbastanza in fretta.

Ma come divevo, meglio una dimostrazione errata che nessuna dimostrazione: così, quando ho riprovato a cercare una dimostrazione algebrica, non sono partito da zero ma dalla proprietà inutile, e ho cercato di vedere se potevo modificarla in qualche modo. Il passaggio dai numeri ai loro fattori primi non è proprio stato immediato ma quasi, e la dimostrazione è poi filata via abbastanza liscia. Non che sia una bella dimostrazione, intendiamoci: io continuo a preferire quella combinatoria. Ma sapere che si poteva comunque scegliere l’altra via non ha prezzo!

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