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01/04/2011 Uncategorized

Numeri perfetti, amicabili e sociali

Se avete in mano La settimana enigmistica, state risolvendo un cruciverba e vi trovate la definizione “il numero perfetto”, penso che non avrete alcun dubbio, e scriverete TRE. Questo a meno che non siate amanti della numerologia; in questo caso probabilmente scriverete lo stesso TRE ma vi chiederete perché mai ci sia questa convenzione. In matematica, infatti, il concetto di numero perfetto è rigidamente definito, e il numero tre non ne fa certo parte.

Come sapete, ogni numero intero ha un certo insieme di divisori, i numeri per i quali può essere diviso esattamente. Cosa succede se sommiamo tutti i divisori di un numero, tranne esso stesso che è sì divisore ma improprio? Si danno tre casi. Può darsi che la somma dei divisori sia inferiore al numero stesso, come nel caso di 10; i suoi divisori sono 1, 2 e 5 e la loro somma è 8. Numeri di questo tipo si dicono difettivi; una volta li si chiamava “deficienti”, ma poi il politically correct ha prevalso… Può darsi che la somma sia superiore, come nel caso di 42; i suoi divisori sono 1, 2, 3, 6, 7, 14, 21 la cui somma è 54. Numeri di questo tipo si dicono abbondanti. Ma può anche darsi che la somma sia esattamente uguale al numero stesso, come nel caso di 6 (divisori 1, 2, 3) oppure 28 (divisori 1, 2, 4, 7, 14). In questo caso il numero viene detto perfetto, e i pitagorici lo tenevano in gran conto… anche perché ce ne sono davvero pochi.

Già Euclide aveva dimostrato che se k è un numero tale che 2k−1 (che scriverò spesso come Mk, per ragioni che vi saranno chiare tra poco) è primo, allora il numero 2k−1(2k−1) è perfetto. I primi valori di k per cui questo succede sono 2, 3, 5, 7 che danno rispettivamente i numeri perfetti 6, 28, 496, 8128. Se pensate che il successivo numero perfetto corrisponda al valore k=11, vi devo dare una brutta notizia: 2047 non è primo, essendo il prodotto di 23 per 89. Però avete avuto una buona idea: si può dimostrare facilmente che perché Mk sia primo bisogna che k sia primo, anche se come abbiamo visto non vale necessariamente il viceversa. Meglio ancora, Eulero ha dimostrato che tutti i numeri perfetti pari sono di questa forma: diventa pertanto importante, magari non per il barista all’angolo ma almeno per un matematico, scoprire per quali valori di k abbiamo Mk primo. Il primo a tirare fuori una lista di tali valori è stato l’abate gesuita Marin Mersenne, un Martin Gardner del XVII secolo; più che per essere un bravo matematico, era infatti un punto di contatto per il gotha del tempo, smistando per l’Europa i risultati che gli venivano scritti. La lista di Mersenne non era del tutto corretta, e in seguito diversi matematici corressero gli errori; fortunatamente, vista l’enormità dei numeri in gioco, esiste un algoritmo relativamente (molto relativamente) rapido per testare la primalità di un numero di quella forma, e il bello è che è un algoritmo adattissimo per i computer e soprattutto può essere diviso tra più persone. Esiste infatti un progetto di calcolo distribuito, GIMPS (Great Internet Mersenne Primes Search) che appunto sfrutta la CPU inutilizzata dei computer per trovare nuovi primi di Mersenne e quindi numeri perfetti. Le ultime scoperte arrivano dal GIMPS. Attualmente conosciamo 47 numeri perfetti, con il più grande pari a 243.112.608×(243.112.609−1) e composto da sole 25.956.377 cifre; non sappiamo nemmeno se ce ne sia un numero finito o infinito.

Qualche lettore più attento magari si sarà chiesto «Bene, tutto questo va bene per i numeri perfetti pari. Ma esistono anche numeri perfetti dispari?». La risposta, assolutamente precisa, è «Boh.» Non si sa se ne esistano, ma nessuno è riuscito a dimostrarne l’impossibilità, anche se si sa che una bestia simile deve avere almeno nove fattori primi distinti, 75 fattori primi complessivi, più di trecento cifre, oltre a possedere una serie di proprietà tali per cui nel diciannovesimo secolo James Sylvester affermò che se mai ne esistesse uno sarebbe praticamente un miracolo. Una curiosità: nessun numero perfetto può essere divisibile per 105.

E se ci accontentassimo di qualcosa di meno della perfezione? Si può per esempio provare a vedere cosa succede con il numero 220. È un numero abbondante: i suoi divisori propri sono 1,2,4,5,10,11,20,22,44,55,110 la cui somma è 284. Calcoliamo ora i divisori di 284: sono 1,2,4,71,142 la cui somma è… 220. Abbiamo così due numeri in un certo senso speculari rispetto alla funzione “somma dei divisori”; numeri di questi tipo si chiamano amicabili. La coppia (220,284) è la più piccola di numeri amicabili; quella successiva è (1184,1210) e venne scoperta da un tale Nicolò Paganini (no, nessuna parentela), essendo sfuggita a tutti i matematici che avevano lavorato su questo tipo di numeri. Prima dei calcolatori elettronici si conoscevano poche migliaia di coppie di numeri amicabili; ora i dati più recenti che ho trovato (metà 2010) dicono che esistono almeno 11.994.387 di coppie. Insomma, c’è una discreta disponibilità!

Generalizzando ancora di più, proviamo a calcolare la somma dei divisori propri di 12496: otteniamo 14288; ripetendo l’operazione si arriva prima a 15472, poi a 14536, a 14264, e finalmente ritorniamo a 12496. Il ciclo è più lungo, siamo arrivati all’ordine 5; ma pur sempre è un ciclo; si parla in questo caso di numeri socievoli. Non si conosce nessun ciclo di ordine 3 di numeri socievoli; quello qui sopra è l’unico di ordine 5, mentre se ne hanno 165 di ordine 4, 5 di ordine 6, 2 di ordine 8, 1 di ordine 9 e un incredibile gruppo di ordine 28, che inizia da 14316.

La maggior parte dei numeri però è piuttosto monotona in questo senso: continuando a calcolare la somma dei divisori propri, si arriva a un certo punto a un numero primo, che poi va a 1 e infine a 0. Restano fuori da questa suddivisione i cosiddetti numeri ambiziosi (aspiring number), come per esempio 95; iterando la somma dei suoi divisori si arriva prima a 25, poi a 6 e qui ci si ferma, o meglio si continua a riottenere 6. Insomma, i numeri ambiziosi vorrebbero tanto essere perfetti, ma non ce la fanno subito! Una congettura di Eugène Catalan afferma che non ci sono altre possibilità, ma esistono numeri – il più piccolo è 276 – per cui l’operazione sembra poter andare avanti all’infinito ottenendo valori (in genere) sempre crescenti. Ma per l’appunto anche questa congettura non è affatto dimostrabile.

Anche in questo caso, insomma, abbiamo l’effetto pratico di cosa succede in teoria dei numeri: si parte da operazioni semplicissime, e non si sa per nulla cosa si ottiene. È il bello (o il brutto…) della matematica!

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