Mercalli contro Richter
Quand’ero ragazzo io, l’intensità dei terremoti era definita rispetto alla scala Mercalli; ancora adesso, come si vede da questo ritaglio – purtroppo ritagliato male – del Corriere del 15 marzo ci si ricorda dell’italico scienziato e delle sue misurazioni dei terremoti. Peccato che tutto il resto del mondo usi un’altra scala di misurazione, la Richter… e il motivo non è certo un sentimento di antiitalianità, quanto piuttosto una banale ragione di praticità.
Le due scale sono infatti basate su fondamenti completamente diversi, tanto che non è possibile confrontarle direttamente. Nella scala Mercalli, che a rigor di termini dovrebbe essere chiamata Mercalli-Cancani-Sieberg, quelli che si misurano sono gli effetti del terremoto; per esempio il quarto grado (scossa moderata) fa oscillare gli oggetti appesi e tremare infissi e cristalli mentre l’undicesimo grado (scossa catastrofica), quello del terremoto di Messina, distrugge agglomerati urbani, crea crepacci e frane, e innesca un maremoto… o uno tsunami, come si dice adesso. Per la cronaca i gradi sono dodici, anche se Mercalli ne aveva inizialmente previsti solo dieci.
Nella scala Richter, invece, viene stimata l’energia liberata dal terremoto. Inizialmente Charles Richter la definì partendo dai movimenti di un ben preciso modello di sismografo e immaginando cosa sarebbe successo se l’epicentro del terremoto fosse stato a 100 km di distanza, ma poi la definizione venne resa più generale. Anzi adesso non si utilizza nemmeno più la scala Richter, anche se il nome continua ad essere usato, ma la scala di magnitudo del momento sismico, che unisce alla misurazione comparabile con quella della scala Richter un modo più semplice per ricavare i valori stessi.
Capita la differenza? Un terremoto potentissimo con epicentro in mezzo al Sahara avrà un grado nella scala Mercalli piuttosto basso, perché non c’è nulla da distruggere. Peggio: il terremoto di Messina ebbe magnitudo 7,5, mentre quello di Sendai di due settimane fa, con magnitudo 9, sulla scala Mercalli verrebbe classificato solamente di ottavo grado visto che gli edifici sono stati costruiti con criteri antisismici e quindi i danni sono stati relativamente ridotti. (Prima che me lo diciate voi, la centrale atomica di Fukushima non è stata danneggiata dal terremoto; i problemi sono sorti con la mancanza di energia elettrica e con l’onda dello tsunami che ha alluvionato i motori diesel dei generatori di emergenza, che non hanno permesso di raffreddare gli impianti). In due parole, potremmo dire che la scala Mercalli è qualitativa mentre la Richter quantitativa.
A questo punto potrei anche terminare il post: e invece no. C’è un’altra cosa piuttosto importante e che mi sa non sia molto chiara: la scala Richter non è lineare ma logaritmica. Detto così uno si può anche spaventare: ma il concetto che c’è dietro è piuttosto semplice. All’aumentare di un grado di magnitudo la potenza sprigionata non aumenta di una certa quantità, ma si moltiplica per una certa quantità: di circa 30 volte, per la cronaca. Per la precisione, con l’aumentare di due gradi della magnitudo l’energia viene moltiplicata per 1000, e quindi con un grado di aumento il fattore di moltiplicazione è √1000, circa 31,6. Non è così importante ricordarsi esattamente questi coefficienti – beh, a meno che da grandi non si voglia fare i sismologi – ma è importante ricordarsi che una piccola differenza nei valori corrisponde a una grande differenza pratica. Non nascondetevi dietro i numeri, insomma!
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