La matematica ha bisogno della fisica?
Se uno va a guardare le biografie dei grandi matematici, scoprirà – magari con stupore – che sono tutti stati dei fisici: da Newton a Eulero, da Gauss a Hilbert a Poincaré. È vero che Archimede più che altro è stato un ingegnere, ma non sottilizziamo: in fin dei conti è passato tanto tempo. Le ultime teorie fisiche, quelle che se ne ha una nuova due volte la settimana, sono matematica pura. Eppure molti esperti di matematica hanno lanciato un grido d’allarme: un numero sempre maggiore di matematici si sta perdendo a sviluppare e studiare teorie che si sono inventati per conto loro, senza nessuna attinenza con il mondo reale. In questo modo la matematica diventa un esercizio sterile e corre il serio rischio di inaridirsi in una masturbazione intellettuale. Morris Kline nel suo Mathematics – The Loss of Certainty esprime molto chiaramente questa posizione. Che succederà alla matematica?
Onestamente non dovrei essere io a trattare questo tema. Ho sempre avuto un’idiosincrasia (ricambiata…) per la fisica, e il mio senso fisico è sempre stato molto affidabile; mi bastava fare l’opposto di quanto ritenevo ovvio e naturale. Ma tant’è: al limite tenetene conto e fate un po’ di tara a quello che vi dico.
Innanzitutto, all’inizio ho barato. L’associazione tra matematica e fisica è relativamente recente, e ha poco più di quattro secoli; Galileo è stato il primo ad applicare alla fisica il metodo matematico, dando l’avvio a una serie di risultati effettivamente sbalorditivi. Prima di lui, però, la fisica era un corpus di conoscenze principalmente quantitativo; la fonte primaria di conoscenze per più di millecinquecento anni fu la Fisica di Aristotele, nasce indubbiamente come sistema aprioristico avulso dalla realtà e dalle formule quantitative. Sì, è vero che la geometria nasce per le misurazioni dei terreni e la trigonometria per osservare e catalogare le stelle; ma i matematici greci ed ellenistici hanno poi proseguito per conto loro, semplicemente per la bellezza dei risultati che venivano trovati man mano.
Tra il 1600 e la metà del XX secolo in effetti la fisica, una volta che ha abbracciato il metodo matematico, è stata una fonte inesauribile di problemi e uno stimolo per sviluppare nuove tecniche e studiare più attentamente le altre. Tutta l’analisi matematica, il calcolo differenziale, le serie infinite, persino i numeri complessi (che di per sé esistevano già, ma erano tenuti da parte come degli appestati) hanno un’origine fisica. Il calcolo tensoriale venne quasi immediatamente riciclato per la relatività generale, e le Grandi Teorie dell’Unificazione partono ormai dall’applicare alle particelle vere presunte e ipotetiche la struttura di un gruppo algebrico. Peccato che questo quadretto idilliaco non fosse vero già al tempo.
La prima branca della matematica senza addentellati con la fisica che salta subito agli occhi è la geometria classica euclidea, come accennavo all’inizio. Non che la geometria proiettiva, a parte il suo uso nei dipinti, abbia nemmeno essa un’importanza fisica; ma a parte il baricentro possiamo dirci ragionevolmente certi che tutti i punti notevoli di un triangolo sono interessanti per conto loro ma non hanno un significato fisico. Se mi venite a dire che la geometria sintetica è ormai un ramo morto della matematica potrei controbattere che nemmeno l’analisi si sente molto bene; ma forse è meglio essere propositivi e passare all’esempio successivo, la teoria dei numeri. Ecco un altro campo che è tutto meno che fisico; ora poi che – a differenza di quanto si gloriava Hardy – non è completamente “inutile” ma le sue applicazioni crittografiche hanno assunto una notevole importanza, come spiegato opportunamente dal vostro bancomat. E che dire poi della combinatorica, la disciplina che conta le cose? Insomma, di problemi matematici se ne possono trovare anche senza ricorrere alla fisica.
Inoltre in questi ultimi due decenni altre due scienze si sono affiancate alla fisica come fonte di ispirazione e nuove tecniche. No, non parlo di biologia ed economia, dove ci sono tante belle o brutte formule ma nessun matematico è davvero convinto che si possa giungere in tempi ragionevoli alla loro matematizzazione. La prima di queste scienze è la statistica. L’approccio della statistica è sempre stato inerentemente matematico, anche per l’ottima ragione che è una scienza relativamente moderna; e i problemi statistici hanno sicuramente portato la matematica a trovare nuove tecniche per operare con dati insufficienti e recuperare delle stime. L’altra scienza è l’informatica; non la programmazione ma proprio l’informatica teorica. Da un lato ci sono tutti i problemi legati al dovere usare una matematica approssimata – sì, è vero che si possono fare conti formali esatti con un computer, ma spesso è più semplice e rapido usare i cosiddetti numeri di macchina e verificare che gli errori che si commettono siano piccoli – e dall’altro ci sono problemi teorici come P=NP che vengono comunque trattati con tecniche matematiche.
Insomma, io non mi preoccuperei più di tanto se la matematica si allontana dalla fisica; ci sono anche altre scienze che possono diventare fonte di nuovi problemi. Quanto alle strutture puramente teoriche e senza nessun significato pratico che vengono studiate da tanti matematici, amen; con tutta la matematica che si fa oggi, possiamo permetterci il lusso di farne di “inutile”. Più che altro il guaio è che spesso non riusciamo ad accorgerci che quello che ci serve è già stato fatto da qualcun altro ma con una notazione diversa… ma questa è un’altra storia.
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