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03/08/2010 Uncategorized

La funzione base-13 di Conway

Questa volta ci avventuriamo nei meandri dell’analisi matematica; vedremo come la nostra intuizione non sia sempre così brava a intuire le cose. Il tema è un po’ più complicato di quanto scrivo di solito, ma garantisco che non ci sono dimostrazioni da seguire, e che il trucchetto usato è molto interessante, oltre a essere utile anche per altre dimostrazioni sicuramente molto più note.

Il tutto parte dallo studio delle funzioni di variabile reale. Generalmente una funzione è vista come una bella curva disegnata su un foglio di carta quadrettata dove sono stati aggiunti gli assi cartesiani; l’unica cosa a cui bisogna stare attenti è che la curva “non torni mai indietro”, altrimenti ci sarebbe un numero per cui la funzione assume due valori, e Ciò è Male. Questa definizione va benissimo per gli esempi che ci capitano nella vita di tutti i giorni; se ad esempio disegniamo la funzione della velocità della nostra auto rispetto al tempo durante il percorso casa-ufficio, otterremo una di queste curve, dove spesso saremo fermi e a volte magari avremo una velocità negativa perché stavamo facendo manovra. Tale funzione ha una caratteristica fondamentale: possiamo essere certi che in un qualche momento abbiamo toccato la velocità compresa tra la minima e la massima che siamo riusciti a fare. In matematica questo fatto ha il nome pomposo di Teorema dei valori intermedi, e viene insegnato all’inizio del corso di Analisi 1.

Il teorema funziona perché non è ancora stato inventato il teletrasporto, e quindi la velocità è una funzione continua. Anche se ti schianti di colpo contro un lampione – speriamo di no – non è vero che passi in tempo zero dai 130 all’ora a velocità zero; ci metterai magari un decimo di secondo, il che significa che un decimillesimo di secondo dopo l’urto tu stai ancora viaggiando a quasi 130 all’ora. I matematici, essendo persone che amano vedere le cose da un altro punto di vista, si sono chiesti “Ma vale anche il viceversa?” Detto in termini rigorosi: se abbiamo una funzione f tale che presi due suoi punti a caso a e b sappiamo che nell’intervallo [a,b] essa assume tutti i valori compresi tra f(a) e f(b), possiamo dire che f è continua? La risposta putrtoppo, o per fortuna, è no. John Conway ha trovato un bellissimo controesempio; ora ve lo illustro, vediamo se vi accorgete da dove lui ha preso l’idea.

Conway costruisce una funzione dall’intervallo ]0,1[ (senza gli estremi, dunque) a valori in R in questo modo. Preso un numero qualunque, lo scrive in base 13. Anche se non lo si vede fatto spesso, non c’è nessuna ragione perché i numeri in base diversa da 10 debbano essere interi; si può tranquillamente proseguire dopo la virgola, con la regola classica per la divisione. L’unica cosa che ci occorre è avere tredici cifre invece che dieci; Conway usa 0,1,2,3,4,5,6,7,8,9,v,m,p. Per evitare di avere due rappresentazioni dello stesso numero, come succede in base 10 dove 0,49999999… è la stessa cosa che 0,5000000…, si decide di non usare le rappresentazioni che finiscono in ppppp… Conway guarda poi questi numeri, e chiama “ben formati” quelli con le seguenti caratteristiche:

  1. da un certo punto in poi usano solo le cifre 0,1,2,3,4,5,6,7,8,9
  2. subito prima di quel punto c’è la cifra v
  3. prima ancora c’è un numero a piacere (ma almeno una) di cifre nell’insieme {0,1,2,3,4,5,6,7,8,9}
  4. subito prima c’è la cifra p oppure la cifra m
  5. non importa cosa ci sia prima ancora

Per esempio, 0,12m34pp1p2m34vv11111111111… non è un numero ben formato (ci sono due v di fila), mentre 0,12m34pp1p2m34v11111111111… lo è.

Ora ci siamo: la funzione di Conway vale 0 per i punti che scritti in base 13 non sono ben formati. E per gli altri? Semplice. Si butta via la “parte prima ancora” indicata sopra, e si rilegge la stringa restante sostituendo a m il simbolo “-“, a p il simbolo “+” e a v il simbolo “,”. Tanto sono solo simboli, no? Così il numero tredecimale 0,12m34pp1p2m34v11111111111… diventa prima m34v11111111111… e poi -34,11111111… Questo, letto come fosse un usuale numero decimale, è il valore della funzione nel punto (tredecimale) 0,12m34pp1p2m34v11111111111…

È impossibile disegnare questa funzione patologica: i suoi valori oscillano spazzando tutti i numeri reali in un qualunque intervallo piccolo a piacere. Ma questa è proprio la nostra ipotesi del teorema inverso, e la funzione non è continua; ecco dunque il controesempio cercato.

Il trucco per tirare fuori questa funzione è naturalmente quello di leggere la stessa stringa di caratteri in due modi diversi; procedimento che venne usato per la prima volta nel 1931, come i più attenti di voi avranno intuito. Però forse in questo caso la doppia lettura è più facile da capire. L’unica cosa che posso aggiungere è che per un matematico l’idea di definire una funzione in questo modo è semplicemente favolosa; se lo è anche per voi, potete fregiarvi del titolo di “matematico dentro”!

(grazie a Zar per avermi fatto scoprire la perla!)

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