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05/07/2010 Uncategorized

Perelman, Poincaré e (Millennium) Prize

Grigorij Perelman ha rifiutato il premio del Clay Institute per avere risolto la congettura di Poincaré. Più o meno è questa la notizia raccontata dalla Stampa, unico quotidiano italiano che si è ancora interessato alla cosa, aggiungendo poi qualche dettaglio gossipparo sulla vita di Perelman che sembra voler confermare la diceria che se uno è un matematico non ha tutte le rotelle a posto. Tanto per dire, se leggete l’articolo del New York Times c’è la notizia e poco più. Ma è possibile capire qualcosa in più senza spaccarsi la testa? Non so, però provo a semplificare al massimo la spiegazione dell’enunciato del teorema (sulla dimostrazione non metto becco: non saprei da dove partire…)

Giusto come antipasto: i Millennium Problems del Clay Institute sono sette “importanti problemi” della matematica (importanti almeno per quelli del Clay) a cui è associato un premio di un milione di dollari elargito a chi riuscirà a dimostrarli. Cent’anni prima David Hilbert aveva proposto i suoi 23 problemi, sempre con lo scopo di stimolare la ricerca matematica in quelle che a lui sembravano le linee più interessanti; col ventunesimo secolo il numero di problemi si è ridotto, e c’è stato bisogno dello sponsor per definirli. Come cambiano i tempi!

circuiti che si annullano e no

Henri Poincaré, probabilmente il più grande matematico e fisico a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, aveva formulato la congettura che ora prende il suo nome mentre cercava di catalogare le varietà di dimensione 3. Una varietà è un qualcosa che se la guardi abbastanza da vicino assomiglia molto allo spazio ordinario; per fare un esempio semplice, la superficie di una sfera è una 2-varietà perché assomiglia localmente a un piano, come del resto (non) notiamo tutti i giorni vivendo sulla superficie terrestre. Ma anche la superficie di una ciambella (di un toro, come lo chiamano i matematici) è una 2-varietà: se noi fossimo un essere bidimensionale molto piccolo non potremmo mai accorgerci, guardando intorno a noi, se viviamo su un piano, sulla superficie di una sfera oppure su quella di un toro. Tra l’altro, come avete certo notato, sia la superficie della sfera che quella del toro sono all’interno di uno spazio a tre dimensioni: in genere una varietà si trova sempre “immersa” in uno spazio più grande.

Poincaré aveva trovato un modo per distinguere una sfera da un toro: nel primo caso, un qualunque circuito disegnato sulla superficie (come si vede a sinistra nell’immagine) può essere “sgonfiato” fino a diventare un punto, mentre sul toro esistono dei circuiti (vedi a destra) che non possono mai essere sgonfiati. Più in generale, però, non è facile capire se ci sono buchi o no; per la cronaca, una varietà senza buchi si dice semplicemente connessa. Alla fine, Poincaré enunciò una congettura, vale a dire un’affermazione che secondo lui era vera ma che non era in grado di dimostrare:

Ogni 3-varietà semplicemente connessa, senza bordi e compatta è omeomorfa a una 3-sfera

Cos’è un bordo dovrebbe essere intuitivo; per terminare la spiegazione dell’enunciato resta ancora da dire cosa significa omeomorfo (fondamentalmente, che è la stessa cosa a meno di bitorzoloni qua e là) e compatto (che una qualunque successione di punti non scappa dalla varietà nemmeno all’infinito; se prendessimo un cerchio senza il centro non andrebbe bene perché potremmo avvicinarci sempre più ad esso). Insomma, se una cosa assomiglia a una 3-sfera e ha alcune delle proprietà di una 3-sfera allora è una 3-sfera. Ricordatevi che una 3-sfera non è una sfera, ma qualcosa che sta dentro uno spazio a quattro dimensioni! Se il nostro universo fosse tale che viaggiando abbastanza a lungo in una qualunque dimensione si tornasse al punto di partenza, allora sarebbe una 3-sfera in uno spazio quadridimensionale (o pentadimensionale se consideriamo anche il tempo).

La cosa strana è che la congettura è stata generalizzata in un numero qualunque di dimensioni. No, non è strano che un matematico tenda a generalizzare. Lo strano è che in dimensione 1 e 2 la dimostrazione è banale, in dimensioni maggiori di 4 è stata dimostrata vera tra il 1960 (Stephen Smale) e il 1966 (M.H.A. Newman), e in dimensione 4 da Michael Freedman nel 1982, ma il caso 3 continuava ad eludere i tentativi di dimostrazione. In pratica, quando le dimensioni sono poche non c’è spazio sufficiente per infilare dell’altro; quando sono tante c’è così tanto “spazio” che si riesce sempre a passare oltre gli ostacoli senza troppa fatica, ma in 4 e soprattutto in 3 dimensioni bisogna trovare lo “stretto” percorso corretto. Sia Smale che Freedman tra l’altro vinsero la Fields Medal per le loro dimostrazioni, come del resto anche Perelman che però la rifiutò; insomma per la comunità matematica tutto questo è davvero importante.

La dimostrazione di Perelman, pubblicata tra il 2002 e il 2003, parte dal lavoro di Richard Hamilton che pensò di applicare tecniche di fisica matematica (usate inizialmente per risolvere l’equazione del calore: non vi ricorda nulla?) e sfrutta il flusso di Ricci, chiamato così dal nome del matematico italiano Gregorio Ricci-Curbastro (quello che aveva già fatto i conti che sarebbero poi serviti ad Einstein per tirare fuori la teoria della relatività generale). La “dimostrazione” di Perelman è più che altro una “sketch of proof”, come dicevamo noi all’università; in questi anni ci sono stati vari gruppi di matematici che hanno riempito i salti logici, e adesso la comunità matematica ritiene che la dimostrazione sia completa. Solo che appunto il matematico russo non è d’accordo su come si fa matematica oggi, e rifiuta sistematicamente i premi… In questo caso la spiegazione ufficiale è che il comitato del premio avrebbe dovuto dividerlo tra lui e Hamilton, visto che la parte più importante (a detta di Perelman, nessuno in realtà ci crede) è dell’americano.

Chi volesse saperne di più può leggere uno di questi due libri divulgativi:L’Enigma di Poincaré di George G. Szpiro e La congettura di Poincaré di Donal O’Shea. Confesso di non averli nemmeno sfogliati; per quanto ne so, il primo è più gossipparo mentre il secondo entra più nel merito del teorema. Aggiungo come curiosità che Grigorij non è il primo matematico russo di nome Perelman; a metà del secolo scorso Yakov Perelman scrisse alcuni libri (Algebra ricreativa, Geometria ricreativa) di problemi e giochi matematici, che sono stati tradotti nella collana Sfide Matematiche e di cui non dovreste far fatica a trovare in rete la traduzione spagnola. Io li ho trovati carini, e sicuramente più facili da capirsi che la congettura di Poincaré!

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