Matematica e sport: un vero parallelo?
Martedì scorso SMBC ha pubblicato questa vignetta, di cui lascio una rapida traduzione per i diversamente anglofoni.
– Mamma, come hai fatto a diventare brava in matematica?
– Infinite macinazioni orribili e odiose.– La mia insegnante ha detto che la chiave è la gioia della scoperta.
– Vero.– Dopo svariati mesi passati da seduti, urlando nella propria testa e sbattendo la testa su una scrivania, qualche volta ti capita di intravedere l’austera bellezza dell’universo. E questo è abbastanza per farti tornare a cercare ancora.
– È un po’ come strisciare su una montagna di vetri perché stai morendo di fame e ci sono delle briciole nascoste tra le schegge.
– Per favore, dimmi solo qualcosa sulla meraviglia.
– Mi meraviglio che negli sport sia normale richiedere allenamenti ripetitivi, ma in qualche modo farlo in matematica è considerato una brutta cosa.
La battuta finale è carina, non c’è dubbio. Ma pensandoci meglio, c’è qualcosa che non mi torna in questo parallelo tra sport e matematica. Il parallelo è indubbiamente corretto. Ricordo che negli ultimi anni di liceo il nostro professore di matematica ci dava come compiti in classe- le verifiche odierne – uno degli esercizi con studio di funzione proposti agli esami di maturità degli anni ’60 e ’70 che avremmo dovuto risolvere in 50 minuti scarsi. Io mi misi a farne una decina a casa, presi la mano e non ebbi più difficoltà: adesso probabilmente non riuscirei più a farli se non a prezzo di erculei sforzi. Ma vedere le cose da questo punto di vista è per me un grave errore.
È vero: nessuno fa una piega a pensare alla quantità di allenamento che deve fare uno sportivo, mentre la stessa cosa per la matematica è vista come un’eresia. Ma non è che dobbiamo diventare tutti campioni di matematica! Un parallelo più corretto sarebbe pensare alle partitelle con gli amici. In questo caso noi mettiamo tranquillamente in conto che dopo mezz’ora (io anche prima) siamo spompati, e soprattutto sappiamo che arrivati a una certa età forse conviene fare un po’ di riscaldamento prima di iniziare, per evitare una contrattura o peggio. Credo che dovremmo avere lo stesso approccio con la matematica: gli insegnanti dovrebbero fare capire ai ragazzi che l’importante è allenarsi un po’ – questo è inevitabile: non so se esistano davvero i talenti naturali in matematica come possono esserci nello sport, e ho dei forti dubbi) ma non deve esserci un impegno totalizzante, che alla fine è solo controproducente. Viviamo sereni, e proviamo a divertirci con la matematica proprio come lo facciamo con l’attività sportiva.
(Il discorso serio prima della battuta è un’altra storia. In un certo senso mi ci trovo molto di più, anche se non posso certo dire di avere fatto chissà quali scoperte; più che arrampicarmi su una montagna di vetri, le briciole le ho cercate su un pavimento. Però questa è una cosa ben diversa: non si parla tanto di “diventare bravi” in matematica, quanto di accorgersi di amare la matematica. E questo non deve certo essere obbligatorio per tutti: tornando all’esempio dello sport, io vado in palestra per mantenere il mio fisico un minimo in forma, ma vi garantisco che non amo affatto andarci…)
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