Alessio Figalli ha vinto la Fields Medal
A 44 anni dalla premiazione di Enrico Bombieri, un altro italiano ha conquistato la medaglia Fields, il riconoscimento probabilmente più importante nel campo della matematica. Al Congresso internazionale dei matematici che si sta tenendo in questi giorni a Rio de Janeiro uno dei quattro premiati è infatti Alessio Figalli, attualmente professore all’ETH di Zurigo.
Si sente dire spesso che le medaglie Fields sono l’equivalente di un Nobel per la matematica: in realtà le cose non stanno proprio così, e il Premio Abel è un corrispondente più preciso. Le medaglie Fields però rispecchiano la concezione romantica del matematico come una persona che ottiene i suoi migliori risultati da giovane, tanto che sono assegnate solo a chi non ha ancora compiuto 40 anni: Andrew Wiles, che dimostrò l’Ultimo Teorema di Fermat a 41 anni, fu così escluso. Questo fa sì che esse siano il sogno di ogni giovane matematico: la premiazione di Figalli è ancora più sensazionale perché il giovane romano ha solo 34 anni e quindi avrebbe avuto ancora una chance al prossimo congresso – le medaglie vengono infatti assegnate ogni quattro anni. D’altra parte, Figalli è sicuramente uno che ha bruciato le tappe: a 27 anni aveva già una cattedra come professore ordinario all’università di Austin, Texas. Il bello è che non è nemmeno stato un ragazzo prodigio! Come lui stesso ha raccontato, gli piaceva la matematica, aveva anche partecipato alle Olimpiadi della matematica negli ultimi due anni di liceo (classico), ma il vero salto avvenne dopo aver vinto il concorso alla Normale di Pisa, dove si è poi laureato e ha preso il dottorato, quest’ultimo in congiunzione con l’École Normale Supérieure di Lione. Dopo un anno in Francia ottenne a 25 anni un posto da associato in Texas, dove fu quasi subito promosso a ordinario; poi la scelta di tornare in Europa nell’università dove studiò Einstein.
Almeno alcuni tra i tanti temi su cui Figalli lavora sono estensioni di problemi che sono comprensibili per la persona comune. L’ottimizzazione del trasporto nasce nel 1781 da un’idea del matematico francese Gaspard Monge. Se noi dobbiamo costruire delle fortificazioni in un certo numero di luoghi e abbiamo a disposizione alcuni depositi di detriti, qual è il modo ottimale di assegnare i detriti alle fortificazioni? Con una serie di ipotesi semplificatrici – tutti i depositi hanno la stessa dimensione, si associa un deposito a una sola fortificazione, il costo di spostamento è una funzione lineare della distanza – la risposta non è troppo complicata; ma i matematici amano generalizzare, e il problema ora prevede volumi non puntiformi e una funzione generica di costo di trasporto, perché per esempio spostare materiale oltre una certa distanza potrebbe costare relativamente di più, magari perché occorre scaricare e ricaricare il materiale, oppure di meno perché ci sono meno costi fissi. Solo nel 1940 ci fu qualche progresso sul problema generale, e alla fine del XX secolo si trovarono nuovi risultati da parte di alcuni matematici tra cui Cédric Villani, anch’egli vincitore di una medaglia Fields. Il bello è che come accade spesso in matematica queste equazioni si possono applicare ad altri problemi: il movimento delle nuvole è un trasporto ottimale delle goccioline di vapore.
Un altro tema è quello del calcolo delle variazioni, la parte della matematica che studia i problemi di minimo e di massimo di una funzione che ha certi vincoli. Avete presente Didone? Nell’Eneide si racconta di come il re Iarba le concesse tante terreno quanto ne poteva contenere una pelle di bue: lei tagliò la pelle in tante striscioline per recintare un’area piuttosto ampia su cui fondò poi Cartagine. Il problema di Didone, o isoperimetrico, è l’archetipo di quelli legati al calcolo delle variazioni. Data una curva chiusa di lunghezza data l, qual è la sua forma che racchiude un’area massima? La risposta intuitiva è che sia una circonferenza e in effetti è corretta: ma una dimostrazione si ebbe solo nel XIX secolo, tanto per dare un’idea di quanto problemi di questo tipo siano complicati. Uno dei risultati trovati da Figalli è che se in uno spazio multidimensionale abbiamo una soluzione quasi ottimale allora questa è “quasi” una (iper)sfera: insomma le soluzioni del problema all’atto pratico si comportano “bene”, cosa che in analisi matematica non è mai così scontata, e quindi ci si può fidare ad approssimarle.
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