Caratteristiche di un matematico
Peppe Liberti mi ha segnalato questo post di Jeremy Kun, giovane matematico, che ha raccontato di quali siano secondo lui le caratteristiche precipue della “gente altamente matematica”.
Prima che scappiate, mi affretto a segnalare che le caratteristiche da lui indicate non solo non hanno a che fare con la capacità di fare dimostrazioni o peggio sapere fare conti, insomma quello che ci si aspetta dal matematico stereotipale: ma soprattutto sono cose che tutti noi possiamo imparare, indipendentemente da cosa facciamo nella vita: sono insomma il frutto di un allenamento a vedere le cose in un modo diverso, qualcosa che a chi studia matematica tocca fare senza nemmeno accorgersene ma sono perfettamente normali. Qual è la lista? Eccola qua.
Discutere le definizioni. In matematica bisogna sempre essere certi di quello che si sta facendo, il che significa che bisogna innanzitutto essere d’accordo sui punti di partenza. Nella vita reale la gente spesso assume che gli altri abbiano le stesse nostre definizioni, e partendo da questa incomprensione si arriva spesso a conclusioni completamente errate.
Cercare controesempi. Ennio De Giorgi era bravissimo a trovare controesempi. I giovani ricercatori della sua scuola lo usavano spesso come oracolo: se non ne tirava fuori uno in qualche minuto, sapevano che valeva la pena continuare a studiare la congettura che avevano tra le mani. I controesempi servono per migliorare la nostra comprensione di un tema, aiutandoci a specificare esattamente i suoi limiti. E il tema non deve necessariamente essere un teorema: la cosa funziona benissimo con tutto quello che ci viene detto da un politico…
Riconoscere quando si ha torto. Non è affatto strano vedere due matematici che discutono a proposito di un teorema, dove uno ritiene che sia vero e l’altro falso; e dopo uno scambio di idee scoprire che entrambi hanno cambiato idea. Il punto è le intuizioni servono, ma non sono certo dimostrazioni: chi fa matematica lo sa e quindi è sempre pronto a cambiare idea se gli arrivano nuove informazioni, e soprattutto non si sente sminuito nel farlo. Non è facile, ma si può fare anche quando si discute su Facebook… persino lì a volte arrivano informazioni nuove!
Valutare quante più conseguenze possibili di un’affermazione. Questa caratteristica è abbastanza simile alle due precedenti, ma è in un certo senso più informale. Le conseguenze sono quelle che i matematici chiamano “corollari”: affermazioni che si ottengono facilmente a partire da un’altra affermazione data. È possibile che l’affermazione di partenza non sia molto chiara, ma che le sue conseguenze logiche siano chiaramente errate: a questo punto sappiamo che siamo partiti da qualcosa di errato.
Capire quali sono le assunzioni che possono aver portato a un’affermazione. Per capire l’enunciato di un teorema, spesso occorre fare uno sforzo e cercare di scoprire qual è stato il ragionamento che ha portato a quell’enunciato. Nella vita di tutti i giorni capita lo stesso. Le discussioni – politiche ma non solo – non sono più quasi mai vere discussioni, ma semplici slogan lanciati l’uno contro l’altro. Ma anche gli slogan non nascono dal nulla, e capire qual è la loro origine può aiutarci a decidere se hanno senso, o magari anche a trovare soluzioni diverse. Pensate in astratto al reddito di cittadinanza, senza distrarvi con chi lo chiede o lo osteggia. Quali sono le assunzioni che portano ad esso? Chessò, che la quantità di lavoro umano necessario sta diminuendo (ma sarà vero? e tutti i badanti e gli assistenti sociali?), oppure che la ricchezza tende a concentrarsi su poche entità anziché essere più distribuita (ma ci sono sistemi per riuscire effettivamente a distribuire tale ricchezza?) Non è detto che alla fine si cambi posizione, ma almeno si riesce ad avere un’idea più chiara di cosa c’è dietro uno slogan.
Muoversi su vari livelli di astrazione. Una battuta di quelle che solo i matematici apprezzano afferma che se non si riesce a trovare la soluzione a un problema, a volte può essere utile cercare di dimostrare un caso più generale. Funziona davvero così: spesso ci si perde in dettagli inutili e non ci si accorge di qual è il punto chiave. Ma anche in generale, a seconda della compagnia in cui ci si trova bisogna scegliere il modo migliore di presentare un argomento. È anche per questo che non è facile tenere un blog: non possiamo sapere a che livello porci rispetto agli sconosciuti lettori. I commenti – almeno per me – servono proprio a variare il livello a seconda delle domande dei commentatori… oltre naturalmente a scoprire e correggere gli errori che ho fatto. Non solo! Saper vedere le cose a livelli diversi aiuta anche a comprenderle meglio, permettendoci di passare quando vogliamo dalla foresta agli alberi.
Kun termina rimarcando che non bisognerebbe seguire sempre alla lettera questi consigli: si rischia di diventare puntacazzisti a furia di dire “sì, è quasi sempre così ma non in un certo caso specifico”, oppure di sviluppare un complesso di inferiorità pensando di avere sempre torto. Diciamo insomma che bisogna anche sapere quando si possono e si devono infrangere le regole: potrei dirvi che questo succede anche in matematica (avete presente la nascita dei numeri immaginari?) ma mi sembrerebbe di esagerare. Lasciamo qualcosa fuori dalla matematica. E in genere voi che ne pensate?
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