Tramonti e albe
Pungolato da Leonardo e Sleepers, ho scoperto che oggi – almeno a casa mia – è il giorno dell’anno in cui il sole tramonterà prima. Infatti ieri era tramontato alle 16:39:44, oggi lo farà alle 16:39:43 e domani alle 16:39:45. Ma come, qualcuno si chiederà, il solstizio non sarà il 21 dicembre? Certo che lo sarà, alle 18:11 per la cronaca (l’anno prossimo capiterà il 22 dicembre subito dopo mezzanotte, ma questo è un problema legato agli anni bisestili e non ne parlo in questa sede). Avete intuito la ragione di questo apparente paradosso?
Non è difficile: in questi giorni di dicembre il sole inizierà a tramontare più tardi, ma allo stesso tempo continuerà a sorgere più tardi. Per darvi un’idea, a casa mia oggi il sole è sorto alle 07:52:20, ma perderò ancora undici minuti di luce mattutina, visto che l’alba più tarda sarà il 2 gennaio, quando il sole sorgerà alle 08:03:24. Per esempio, i due secondi guadagnati al tramonto di domani sono ben più che compensati dai 54 secondi persi all’alba. Chi si diverte con queste cose può andare su questo sito e calcolare i dati per casa propria, scoprendo le piccole differenze: in Vaticano, per esempio, il tramonto più anticipato è avvenuto domenica scorsa. Naturalmente i numeri da soli non ci dicono molto, e spero che parecchi di voi siano curiosi di sapere come mai capita questa stranezza. La colpa, ve lo dico subito, è delle leggi di Keplero.
Come immagino ricordiate dalle nozioni scolastiche assolutamente inutili all’atto pratico, la terra non percorre un’orbita circolare intorno al sole; l’orbita è un’ellisse, con il sole in uno dei fuochi. Inoltre – e questa è la seconda legge di Keplero, quella che ci si ricorda poco, mentre la terza non ce la ricordiamo proprio mai – se immaginiamo di avere un filo lungo lungo lungo che unisce la terra al sole, e misuriamo l’area spazzata da questo filo mentre la terra sta facendo la sua orbita, a tempi uguali corrispondono aree uguali. Questo significa che quando la terra è più vicino al sole allora la Terra deve muoversi un po’ più in fretta, mentre quando è più lontana rallenta un pochino, come spiegato in questo articolo. Ma allora, se la terra accelera, la durata del giorno – inteso come il numero di ore tra un mezzogiorno e quello successivo, non il numero di ore dall’alba al tramonto – aumenta, mentre se la terra rallenta la durata del giorno diminuisce.Certo, l’orbita terrestre è quasi circolare e quindi la differenza non è molta, ma gli effetti si sommano. Visto che regolare gli orologi in maniera diversa ogni giorno sarebbe stato scomodo, si è deciso di usare il cosiddetto tempo medio, insomma definire il giorno sempre di ventiquattr’ore e accettare che il mezzogiorno non sia esattamente a mezzogiorno; in pratica la differenza arriva fino a un quarto d’ora in più o in meno, che non è affatto poco. Dunque, se fotografiamo il sole per un anno a mezzogiorno (del nostro orologio) non lo si troverà sempre nella stessa posizione, perché non è il vero mezzogiorno; possiamo allora unire i puntini e ottenere una curva, che si chiama Analemma e assomiglia a un 8 molto stretto e asimmetrico. Ne vedete disegnato uno sulla meridiana che appare all’inizio di questo post di proooof, anche se è solo finto: un analemma servirebbe per aggiustare la posizione dell’ora segnata dalla meridiana a seconda della stagione, ma se non metti le date corrispondenti come fai a usarlo?
Se l’unico guaio fosse l’ellitticità dell’orbita terrestre, l’analemma non esisterebbe, o meglio sarebbe un segmento percorso avanti e indietro. Ma ci sono poi altri due problemi, pardon opportunità, che contribuiscono a formare l’analemma come descritto qui sopra. Il primo è che la terra è inclinata rispetto all’asse di rotazione, il che dà quel piccolo spostamento in alto e in basso che crea l’8; il secondo è che il perielio, cioè il punto in cui la terra è più vicina al sole, non capita esattamente al solstizio ma un paio di settimane dopo (il 4 gennaio) il che distrugge la simmetria assiale. Ma questi sono dettagli, diciamocelo. Quello che conta è che non ci si può fidare neppure di quello che ci hanno insegnato a scuola.
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