Parole matematiche: funzione
La parola “funzione”, nel suo ambito matematico, dovrebbe essere nota più o meno a tutti: al limite ci saranno molti che non oserebbero mai confessare di non essere riusciti a capire cosa diavolo sia, una funzione. Ma sicuramente la parola è usata più o meno ovunque. Pensate al funzionario, o se preferite al facente funzione; alle funzioni religiose; alla funzione clorofilliana; e via discorrendo, fino al ministero della Funzione Pubblica. Eppure, pur con tutti questi usi, la parola è di uso piuttosto recente: tanto per usare il solito metro di paragone, Dante non l’ha mai usata, neppure in una forma correlata.
Il termine arriva dal latino, probabilmente passando dal francese fonction; la parola latina è functio, -onis – ricordate che generalmente le lingue romanze non ricavano le parole dal nominativo, ma dall’accusativo mischiato con l’ablativo – che è un nome derivato da functus, participio passato del verbo fungere. Insomma, quando scherzando diciamo che qualcosa “funge” invece che “funziona” stiamo percorrendo a ritroso l’etimologia! Ad ogni modo, secondo il DELI la prima occorrenza nota in italiano è a opera di Anton Francesco Grazzini, uno dei fondatori dell’Accademia della Crusca, morto nel 1584. Grazzini usa la parola nel significato di “attività determinata dalle specifiche mansioni connesse a una carica”. Qualche decennio dopo, Paolo Sarpi lo usa nel senso di “rito religioso”; ci vuole poi ancora un secolo e mezzo prima che il Muratori parli di funzione nel significato di “ruolo, compito”. La cosa divertente è che la parola è anche stata usata da Galileo, ma non nel significato matematico bensì nella frase “funzioni dei giorni santi”; in compenso Muratori era un sacerdote e l’ha usata in senso secolare…
Tornando alla matematica, il termine sembra essere stato introdotto da Leibniz, mentre Newton si trastullava con le flussioni. Maria Gaetana Agnesi nelle sue Instituzioni Analitiche del 1748 spiega che «Da principio si dissero funzioni le Potenze»; quasi contemporaneamente il Riccati definisce una funzione come «espressione matematica che indica come varia una grandezza in relazione al variare d’un’altra o di più altre», e questa definizione matematica è rimasta più o meno invariata, come si può per esempio vedere negli Elementi d’algebra del Paoli. Quando dico “vedere”, intendo proprio quello: l’opera è digitalizzata, e se andate a pagina 153 del suo libro, cioè all’inizio della seconda parte, troverete la definizione. I puristi possono infine consultare il dizionario del Tommaseo, che afferma «Funzione è ogni espressione matematica nella quale si ha particolare riguardo a una o a più quantità d’indole speciale, che di quella espressione fanno parte.»
Come avete visto, a prima vista non è ben chiaro quale sia la logica che abbia portato all’uso della parola matematica a partire da quella nella lingua di tutti i giorni: ma forse il tutto diventa più chiaro quando si pensa che il verbo latino fungere significa letteralmente “compiere, portare avanti qualcosa”, tanto che un defunto è uno che non compie più nulla perché morto. Tornando a quanto scrivevo all’inizio, potremmo quasi dire che questa è una di quelle parolette di cui si è scoperto che non potevamo fare a meno solo dopo averla inventata; prima non c’era proprio idea. Ah: in matematica si parla anche di funtori, che sono un’astrazione del concetto di funzione; ma lasciamo perdere.
Un’ultima nota: oramai che l’informatica è alla portata di tutti possiamo anche dare un’altra definizione di funzione, vedendola come una macchinetta alla quale si danno in pasto dei numeri e da cui escono fuori altri numeri secondo una regola ben precisa. Vi piace?
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