Sondaggisti e arrampicate
Non si sa chi possa dire di aver vinto le elezioni politiche italiane, ammesso che qualcuno in effetti abbia vinto: ma possiamo dire chi ha perso. E tra i tanti perdenti ci sono indubbiamente i sondaggisti: a differenza delle volte passate in cui qualcuno comunque riusciva ad azzeccare più o meno i risultati, stavolta hanno sbagliato tutti allo stesso modo. Ma siamo in Italia, e una qualche scusa la si può sempre trovare, come spiega Nicola Piepoli in questo articolo apparso oggi su Repubblica. Peccato che ci sia qualcosa che non funzioni.
Premessa: io non sono un sondaggista. Le mie conoscenze di statistica sono solo quelle di base. Quindi questa mia prima parte di ricostruzione potrebbe essere errata: segnalatemelo tranquillamente nei commenti, non mi arrabbio. Piepoli afferma che la sua società ha fatto un “instant poll”, che potremmo informalmente tradurre come “sondaggio al volo”: decine di migliaia di telefonate (mi sembrano tante, visto che in genere un sondaggio si fa con 1000-2000 persone, ma prendiamola per buona), metà a numeri fissi e metà a numeri mobili, nel giorno stesso delle votazioni. Possiamo immaginare che il campione sia stato scelto in maniera rappresentativa, anche se non mi fiderei troppo dei numeri fissi: però tutti i sondaggisti ricordano perfettamente cosa successe nel 1936 negli USA, quando il maggiore sondaggista di allora, la rivista Literary Digest, previde un’ampia vittoria alle presidenziali per il repubblicano Landon: peccato che fecero i sondaggi scegliendo i nomi dagli elenchi telefonici e dai proprietari di automobili, sbagliando completamente il campione: si era ancora nella Grande Depressione, ad avere telefono e auto anche in America erano solo i ricconi, e non è così strano che loro fossero più propensi a votare repubblicano. L’allora trentacinquenne George Gallup previde invece correttamente la vittoria di Roosevelt, e da lì nacquero le sue fortune.
Il secondo punto da tenere a mente è che i risultati dei sondaggi non sono la semplice proporzione dei voti indicati. Pur ammettendo che nessuno abbia mentito (come scrive Piepoli, e secondo me non lo crede affatto), i risultati sono “cucinati” rispetto al passato. In pratica possono esserci errori dovuti al fatto che il campione non è esattamente rappresentativo, oppure alla più prosaica ragione che in effetti la gente non ha nessuna voglia di confessare che vota per Berlusconi. La bravura del sondaggista sta nel valutare questi errori e quindi tarare il risultato matematico per ottenerne uno più plausibile. Piepoli dice che i suoi dati grezzi vedevano Grillo molto più alto, e ha così deciso di abbassarli; immagino che vedesse Ingroia e Giannino più bassi e li abbia alzati un po’; e immagino tutti gli altri abbiano fatto lo stesso.
Ma adesso passiamo ai numeri veri. Piepoli rivendica di avere indovinato il 22% a Berlusconi, e avere sbagliato (di cinque punti percentuali, mica macchie di ghepardo!) il risultato di PD e M5S perché a suo dire avevano stimato un 10% di indecisi e invece ce ne sono stati molti di più, e hanno scelto Grillo. Eh no, non funziona così! a questo punto se Grillo è sottostimato rispetto agli instant poll tutti gli altri sono automaticamente sovrastimati (non sono solo i possibili piddini a essere indecisi, anche se in effetti qualcuno potrebbe convenire col sondaggista…); quindi il pronostico al PdL è stato corretto nello stesso senso in cui un orologio fermo può segnare l’ora esatta. Non sarebbe stato più onesto dire “sì, quest’anno abbiamo sbagliato molto più del solito”? Beh, no: chi l’avrebbe poi chiamato a fare sondaggi?
Morale della favola: non crediamo ai sondaggisti nemmeno quando non sciorinano numeri ma parole.
Post scriptum: se vi piacciono le percentuali, andate a vedere cosa è capitato in Assurdistan.
Post post scriptum: Forse non tutti sanno che dodici anni dopo Gallup sbagliò sempre clamorosamente l’esito dell’elezione del 1948, dando vincente il repubblicano Dewey e non il democratico Truman. Secondo questo articolo, Gallup studiò i suoi errori e ne uscì con la massima “gli indecisi tendono a votare il presidente in carica”. Chissà come mai Monti è stato sistematicamente sopravvalutato :-)
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