Cosa devono sapere gli insegnanti?
In questi giorni i quotidiani hanno parlato a lungo dei test a risposta multipla per l’ammissione ai tirocini formativi, il nuovo paletto da passare prima di poter diventare insegnanti di ruolo. I test di filosofia sono stati un massacro, con solo il 3% dei candidati milanesi che sono riusciti a passarli; alcune domande erano francamente da Rischiatutto, come quella su Amafinio al cui confronto Carneade è conosciutissimo. Nei quiz per lettere e latino c’erano risposte addirittura tutte errate. E per la matematica?
Chissà come mai, non ho visto commenti sui giornali a riguardo delle prove di matematica; probabilmente nessun giornalista ha avuto il coraggio di leggerle: eppure sono pubbliche, e si possono leggere come tutte le altre sul sito del Cineca. Anch’io non è che abbia avuto tanto tempo: mi sono limitato a scorrere le prove di matematica, ma non posso garantire che le risposte siano tutte corrette. (Nelle prove rese pubbliche l’ordine delle risposte è stato modificato in modo che quelle corrette siano tutte le (a); inutile dire che i candidati non le avevano in quest’ordine).
Da non-esperto di didattica, devo dire che mi aspettavo di peggio. Tra le 50 domande ce ne sono solo tre che a mio parere sono inutili per saggiare le conoscenze del candidato: la 29 (“quale dei seguenti matematici italiani ha vinto la medaglia Fields?”), la 34 (“cosa è successo nel 1687?”), la 44 (“in quale libro degli Elementi Euclide dimostra che i numeri primi sono infiniti?”). Questo per me è nozionismo puro, e anche abbastanza inutile: si vede che gli estensori dei problemi si erano scocciati di inventare problemi. Ho anche dei dubbi sulla domanda 8, “cos’è un calcolatore elettronico”; si può ricavare per esclusione la risposta richiesta, ma non sono molto sicuro della sua correttezza. Abbiamo avuto qualche discussione sulla domanda 39: sapere che 2√2 è trascendente significa sapere che quello è un caso particolare di uno dei 23 problemi di Hilbert, ma per me è una nozione che un matematico dovrebbe avere (No, non dico che debba dimostrarlo…)
La parte più scocciante è quella legata ai problemi dove bisogna mettersi a fare i conti: l’inversa di una matrice nella domanda 4 e il determinante nella domanda 5 non ammettono scorciatoie e richiedono carta e penna per verificare la risposta corretta. Però ci sono domande di risposta immediata, come la 13 (un’equazione che rappresenta l’insieme vuoto) o la 27 (“quanti sono i poliedri regolari con facce triangolari?”); domande che superano la banalità come la 14 (“se abbiamo un insieme di dati di media μ e varianza σ, e togliamo la stessa quantità a tutti i dati, cosa possiamo dire di μ e σ?”); domande che saggiano se il candidato è abituato a fare giochi matematici come la 15 (“Sia P un punto interno ad un triangolo equilatero. Qual è la probabilità che la somma delle distanze di P dai lati del triangolo sia uguale all’altezza del triangolo?”); domande che sembrano trappole ma non lo sono come la 26 sulla relazione tra coefficienti di un’equazione e somme dei prodotti delle radici. Queste due ultime categorie sono molto importanti per l’insegnamento, a mio parere: vedere le risposte “quasi vere” e accorgersi delle identità aiuta il professore a spiegare che la struttura matematica è sì abbastanza monolitica ma non è campata in aria.
In definitiva, credo che se le vostre conoscenze matematiche non sono troppo arrugginite potete cimentarvi con il test, e vedere quante risposte sapreste dare: non vi servirà certo a farvi diventare degli insegnanti, ma magari vi farà capire – cosa diversa da “sapere” – qualcosa in più.
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