L’attrazione fatale dei grandi numeri
Quando ero un ragazzino, a me piaceva giocare a flipper (“pinball”, se siete anglisti puri e duri; di per sé in inglese il flipper è solo la levetta che si fa scattare per far tornare la pallina più in alto). I modelli di flipper che si trovavano nei bar quand’ero davvero un bimbetto erano tutti elettromeccanici, con il punteggio indicato da una serie di rotori che si spostavano più o meno come le cifre di un contachilometri analogico; quando a un certo punto arrivarono i primi flipper elettronici con il punteggio indicato su un display ci fu un disperato tentativo di rendere più interessanti i vecchi flipper elettromeccanici accrescendo il punteggio ottenibile in una partita. Come fecero? Semplice: appiccicarono uno zero a destra dei rotori, e il punteggio si decuplicò immediatamente.
Questa scena mi è tornata in mente quando ho letto questo post dello Scorfano, i cui studenti hanno creato una griglia di valutazione per gli insegnanti. Il professore aveva loro suggerito di usare 100 come punteggio totale; ma gli studenti hanno replicato che non ci riuscivano, e quindi il punteggio totale finale è stato 200. La mia formazione prettamente matematica mi fa quasi immediatamente dire che una spiegazione di questo tipo è assolutamente incredibile, nel senso che non credo che a nessuno sia venuto in mente di dimezzare i punteggi e tornare così a un punteggio pari a 100. Il “quasi” è legato al fatto che prima ho verificato per sicurezza che non ci fossero punteggi pari a 1, che divisi per due effettivamente sarebbero un po’ scomodi da trattare. (Nota per chi non era molto attento: sto postulando che si voglia avere un sistema per cui tutti i punteggi assegnati siano dei numeri interi. Matematicamente parlando questo non sarebbe affatto necessario: ma credo conveniate con me che assegnare pi greco punti per una caratteristica tra quelle da valutare non sia così utile. Tenetevi a mente però questa affermazione, perché più tardi la riutilizzerò in altro modo…)
La ragione principale per aver raddoppiato il punteggio totale sembra però essere proprio quella indicata da me all’inizio: assegnare massimo due punti a una caratteristica sembra troppo poco, mentre cinque punti sembrano un po’ più equi, nonostante il peso totale sia praticamente lo stesso: il praticamente è di nuovo dovuto all’arrotondamento, che ci costringe a scegliere in alcuni casi di “dimezzare per difetto” da 5 a 2 e in altri casi a “dimezzare per eccesso” da 5 a 3. Ed è qua che entra in gioco il secondo motivo che probabilmente fa sì che si voglia far crescere il totale dei punti assegnati: la granularità. Qualcuno potrebbe infatti pensare che il grande vantaggio di avere cinque punti e non due a disposizione è che si può dare un giudizio più raffinato, avendo più scelte a disposizione. Allo stesso modo, dover scegliere quali delle valutazioni con cinque punti su 200 devono essere portate a 2 su 100, e quali invece a 3 su 100.
Bene, questo è in realtà un falso problema. Lasciate perdere i numeri, grandi o piccoli che siano, della singola caratteristica e iniziate a guardare il tutto globalmente. Siete proprio sicuri di riuscire a vedere una differenza dello 0,5%, pari a un punto su 200? Io non ci riesco, ve lo dico subito. È vero che, come direbbe zio Paperone, un centesimo risparmiato è un centesimo guadagnato: ottenere qualcosina in più su tante caratteristiche fa salire il punteggio finale. Però statisticamente la cosa non è così importante: è molto improbabile che le scelte siano tutte spostate su uno dei due lati, quindi il risultato finale non cambierà poi più di tanto. Anche in questo caso, come nel punteggio del flipper, vedere dei numeri più grandi può forse soddisfare il proprio ego ma non porta nessuna reale differenza.
Qual è la morale di tutto questo? È sempre la solita, che non mi stanco mai di ripetere. I numeri, ma in generale tutta la matematica, sono solamente degli strumenti; sono il mezzo, non il fine. Chi afferma di essere spaventato dalla matematica, lo è spesso perché si è convinto non so come che i numeri (e poi le lettere, non appena si passa all’algebra) abbiano dei poteri magici, e che lui di questi poteri magici non ne abbia affatto: beh, non è vero. Forse una magia nella matematica c’è, ed è la sua irragionevole capacità di modellare il mondo reale. Ma se noi capiamo prima qualitativamente il mondo reale – in questo caso cosa significa dare un punteggio su una certa scala – la magia ce la siamo già fatta per conto nostro; passare ai numeri serve solamente a quantificare il tutto, ma in molti casi questo passaggio ulteriore conta poco o nulla. Ecco: quando questo concetto sarà più chiaro, magari la paura dei numeri scemerà un po’…
(Ah: tornando all’inizio del post il destino era in realtà segnato per entrambi i tipi di flipper, visto che eravamo all’inizio degli anni ’80 e bar e sale giochi iniziavano a venire invase dai primi videogiochi; ma mi serviva un po’ di retorica spicciola)
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