Probabilità improbabili
Un problemino piuttosto noto, anche se probabilmente non in questa incarnazione, inizia con un prigioniero che viene portato dal maharaja che gli comunica che, in onore di una qualche divinità, intende dargli una possibilità di essere liberato. Ma a differenza dei suoi colleghi principi che amano i giochi di logica, il maharaja preferisce un approccio diverso. Essendo un appassionato di scacchi, spiega al prigioniero che dovrà giocare tre partite a scacchi, alternativamente contro di lui e il visir. Se il prigioniero riuscirà a vincere due partite consecutive, verrà liberato; altrimenti continuerà ad apprezzare le locali celle. A questo punto il prigioniero chiede chi sarà il suo primo avversario, al che il maharaja con un sorrisetto risponde «scegli pure tu, te l’ho detto che oggi sono di buonumore». Sapendo che il visir ha un punteggio ELO migliore di quello del maharaja e quindi è l’avversario più ostico, cosa conviene fare al povero prigioniero?
Molte persone, sentito l’enunciato del problema, non hanno dubbi. È meglio iniziare a giocare col maharaja, dicono; in questo modo si hanno maggiori possibilità di vittoria. Il ragionamento è perfetto; peccato che non valga per questo problema ma per un altro un po’ diverso. Se il maharaja avesse chiesto che il prigioniero vincesse due partite qualsiasi, in effetti conviene giocarsi le proprie chances ìn questo modo. Ma il poveretto deve vincere due partite consecutive! Se numeriamo le tre partite 1,2,3 dovrebbe risultare chiaro che le uniche possibilità per il nostro consistono nel vincere 1 e 2, oppure vincere 2 e 3, o ancora vincerle tutte e tre. In ciascuno dei casi è necessario aver vinto la seconda partita: quindi è in quella che conviene affrontare il giocatore più debole, e pertanto il primo avversario dovrebbe essere il visir.
D’accordo: questo problema, soprattutto dopo aver visto la spiegazione logica, non è poi così paradossale. Passiamo dunque a qualcosa di più incredibile. Immaginiamo un club con dieci soci, le cui abilità a tennis sono ordinate per forza crescente da 1 (che chiameremo colloquialmente S per schiappa) a 10 (il signor C, il campione). Immaginiamo anche che quando due giocatori si incontrano vinca sempre il più forte, per semplificarci la vita. Un giorno C propone a S di fare un torneo a squadre, tre contro tre: ognuno incontrerà tutti i componenti dell’altra squadra. Per equilibrare i valori in campo, S potrà prendere con sé i due migliori altri giocatori, quelli con forza 8 e 9, mentre C si accontenterà delle viceschiappe, di forza 2 e 3. Il risultato del torneo si vede nella parte in alto a sinistra della tabella: la squadra di S perderà comunque 5 a 4. Dopo un mesetto – passato non tanto ad allenarsi a tennis quanto a studiare teoria della probabilità – S propone la rivincita a C. Però, soggiunge, stavolta inseriamo nelle squadre anche gli altri quattro giocatori; visto che l’altra volta era stato lui a prendere i migliori, questa volta ci si alternerà, con la prima scelta a C. Pertanto i due di forza 7 e 5 finiranno nella squadra di C mentre S si piglierà quelli di forza 6 e 4. C, stupito, accetta la nuova sfida: peccato che stavolta il successo arriderà alla squadra di S, che vincerà 13 a 12 come vedete nella tabella completa.
Come è possibile tutto questo? Uno può anche accettare che nel primo caso, anche se i pesi relativi sembrerebbero in favore della squadra di S, siano gli altri a vincere: magari c’è un qualche effetto moltiplicativo per cui la forza del campione e la debolezza della schiappa siano maggiori di quanto dicano i numeri. Ma allora perché nella seconda sfida il risultato si ribalta? La risposta è proprio quella accennata sopra. Quando si aggiungono giocatori alle squadre è vero che gli incontri tra di essi hanno un risultato pari alla loro forza relativa, ma bisogna anche tenere conto delle altre partite, quelle dei nuovi entrati contro i giocatori originali. Nel primo caso C vincerà sempre e S perderà sempre; nel secondo la squadra di S ha due vincitori, quelli di forza 8 e 9, contro il singolo C.
Qualcosa di simile si ha in medicina, quando scoprire che un certo gruppo di persone ha una data malattia può far crescere la speranza di vita sia dei malati che delle persone sane! Per vedere meglio come funziona il paradosso, lo sposto in un ambito meno pernicioso. Immaginiamo di avere due squadre di basket, una di persone molto alte e una di tappetti, e che tutti i giocatori della prima delle squadre siano più alti di ciascuno di quelli della seconda squadra. Inutile dire che la squadra dei piccoli gioca in un campionato dove l’altezza massima dei giocatori è fissata a un metro e 70. L’anno successivo però le regole cambiano, e il limite d’altezza è fissato a 1,80 m. Il presidente della società, visto che tanto la squadra dei grandi è sovradimensionata, decide di spostare i giocatori alti tra 170 e 180 cm nella squadra dei piccoli. Ma in questo modo l’altezza media di quest’ultima squadra è cresciuta, visto che abbiamo aggiunto elementi più alti di quelli già esistenti; e d’altra parte l’altezza media della squadra degli alti è anche cresciuta, visto che abbiamo tolto gli elementi più bassi. Un miracolo? No, solo le solite magie della probabilità.
Termino con un ultimo esempio tratto dal libro Nonplussed!, da cui mi sono pesantemente ispirato per questo post, e a cui vi rimando per tutti i conti, tecnicamente semplici ma noiosi, per dimostrare quest’ultimo paradosso. Torniamo al tennis, e immaginiamo di avere due giocatori molto bravi: ciascuno dei quali, quando è al servizio, conquista il punto con una probabilità del 92%. Bene: non ci crederete ma chi ha il servizio ha maggiore probabilità di vincere un gioco all’inizio, quando cioè entrambi i giocatori sono sullo 0-0, di quando sta conducendo 40-30! No, non mi sono sbagliato: chi serve è in vantaggio, gli basta un solo punto per aggiudicarsi il gioco, e in genere quel punto lo sa fare, mentre l’avversario ne deve fare tre più di lui; però “rischia” maggiormente di perderlo! Ho messo il rischio tra virgolette perché la probabilità di vincere il gioco è in entrambi i casi maggiore del 99,9%, e quindi la discussione può sembrare oziosa, ma è il principio quello che conta. Facendo un grafico della probabilità di vittoria nei due casi al variare della abilità di servizio, si vede che un po’ oltre il 91% la curva corrispondente alla situazione iniziale supera l’altra.
Anche in questo caso c’è una spiegazione perfettamente logica al paradosso, spiegazione che può anche essere vista intuitivamente seppur con un poco di fatica. In pratica, se chi ha il servizio riesce quasi sempre a fare il punto è vero che è estremamente improbabile che l’avversario che è sotto 40-30 riesca ad andare prima sul 40-40 e poi aggiudicarsi il gioco; ma è anche vero che dallo 0-0 chi serve ha parecchio più tempo a disposizione per recuperare nel caso l’avversario riesca fortunosamente a fare qualche punto, mentre nell’altro caso si è oramai troppo in là.
Di paradossi probabilistici ce ne sono ancora molti altri, e ne presenterò ancora altri in futuro. Per il momento accontentatevi di meditare su questi!
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