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17/10/2010 Uncategorized

Mandelbrot e i frattali

Lo so, de mortuis nisi bonum. Però vi devo confessare che io non sono mai stato un fan di Benoît Mandelbrot, il matematico franco-americano che è morto giovedì scorso e in tutto il mondo era sinonimo dei frattali. Il motivo? Fondamentalmente perché mi aveva dato l’impressione che avendo trovato qualcosa di importante avesse deciso che tutto dovesse ruotare attorno ad esso; insomma tutta la matematica, e non solo, dovesse diventare frattale. La cosa mi pareva e mi pare esagerata; ma questo non toglie nulla all’importanza dei frattali, non solo come campo di studio.

La notizia della sua morte è filtrata molto lentamente. Io l’ho saputo venerdì sera da gpec, che ha commentato qui sul Post; tra i blog italiani, ho visto Rangle e Gravità Zero; sui quotidiani al solito zero notizie dal Corriere, dal Giornale e da Repubblica (tranne un’ultima ora di quest’ultima, ma se non erro quella è una redazione separata) e articoli dalla Stampa, dal Sole-24 Ore e dal Messaggero recuperando le informazioni di Wikipedia, a cui vi lascio per una biografia più completa; anche il New York Times ha un suo bel ricordo. Vi ricordo solo che anche Mandelbrot faceva parte di quel gruppetto di scienziati – mi viene in mente Claude Shannon – che lavorò non all’università ma presso le grandi aziende americane, nel suo caso il Centro Ricerca dell’IBM. Non credo che oggi si potrebbe avere qualcosa del genere.

l'insieme di Mandelbrot, da Wikipedia
I frattali non sono certo nati con Mandelbrot. I primi esempi che si possono ricondurre ai frattali risalgono alla fine del diciannovesimo secolo, quando gli analisti si divertivano a trovare esempi di “funzioni patologiche” che non si comportavano affatto come fino ad allora si credeva fosse necessario. Tra i tanti esempi, Peano definì la curva che prende il suo nome, una linea che riempiva un quadrato; Koch la curva a fiocco di neve che aveva una lunghezza infinita ma conteneva un’area finita. Entrambi gli esempi hanno alcune proprietà in comune. Innanzitutto sono ottenuti con un processo che si ripete all’infinito, e quindi non possiamo disegnarne che un’approssimazione; in secondo luogo il processo è autosimile, nel senso che a ogni passo la figura parziale ottenuta è una complicazione della struttura creata al passo precedente formata unendo più copie rimpicciolite della struttura stessa. All’inizio del ventesimo secolo, Gaston Julia e Pierre Fatou studiarono i sistemi dinamici, e provarono ad applicare più e più volte una funzione che mandava i punti del piano in altri punti; si accorsero che in certi casi anche usando funzioni semplici si potevano scegliere due punti vicini a piacere e ottenere risultati completamente diversi, come si capì poi meglio quarant’anni dopo quando si sviluppò la teoria del caos. La figura qui sopra, «il foruncolone con i foruncolini» come la definivamo ai tempi in cui andavo all’università, è uno di questi esempi; i punti neri sono quelli a partire dai quali si continua a rimanere all’interno della figura, mentre negli altri prima o poi si scappa verso l’infinito. Il bello è che ingrandendo uno dei foruncolini si trova di nuovo la stessa struttura; non una fotocopia in formato ridotto, ma un disegno inequivocabilmente della stessa struttura logica.

Il grande intuito di Mandelbrot fu quello di riuscire a mettere insieme tutte queste cose e gli esempi che si trovano in natura, come il broccolo romano mostrato più sotto o lo sviluppo delle coste di un’isola, che sembra diventare sempre maggiore man mano che si riduce la scala in cui l’isola viene raffigurata. Lavorare all’IBM in questo caso è stato indubbiamente un vantaggio, visto che negli anni ’70 non erano molti i posti in cui c’era a disposizione una sufficiente potenza di calcolo per poter fare tutti i conti necessari; ma i vantaggi bisogna saperli sfruttare, e Mandelbrot è stato davvero bravo; e inoltre il suo libro del 1982 The Fractal Geometry of Nature è sicuramente un’opera fondamentale, che è meritatamente alla base della sua fama… almeno all’estero. Mentre scrivo, ho trovato solo tre suoi libri ancora in catalogo: Il disordine dei mercati, Gli oggetti frattali e Nel mondo dei frattali. Sicuramente qualcuno ne tornerà presto…

È davvero così importante il concetto di frattale nella matematica e nella vita reale? Probabilmente sì, come tutte le cose che spuntano nei luoghi e tempi più impensati. Pensare che sia alla base della matematica mi sembra piuttosto esagerato; ma si sa che la pubblicità è l’anima del commercio. Fortuna che Mandelbrot non conosceva il pensiero di Giovanbattista Vico: altrimenti, chissà, i corsi e ricorsi storici sarebbero forse stati riletti in chiave frattale…
broccolo romano (da Wikipedia)

Termino con una considerazione che solo apparentemente è in contrasto con la mia affermazione iniziale. A fine anni ’80 e inizio anni ’90, uno dei pacchetti software più amato e scaricato (ai tempi via modem dalle BBS…) era FRACTINT, un insieme di programmi che permettevano di disegnare vari tipi di frattali. Mandelbrot, con il suo parlare e soprattutto mostrare i frattali ovunque, ha sicuramente contribuito a far vedere che la matematica poteva anche essere visualizzata, e non era solo un’accozzaglia di lettere e numeri affastellati in quelle formule da dovere imparare a memoria. Da questo punto di vista la sua importanza non può certo essere sottovalutata… anche se io non mi posso annoverare tra i suoi fan.

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