Mandelbrot e i frattali
Lo so, de mortuis nisi bonum. Però vi devo confessare che io non sono mai stato un fan di Benoît Mandelbrot, il matematico franco-americano che è morto giovedì scorso e in tutto il mondo era sinonimo dei frattali. Il motivo? Fondamentalmente perché mi aveva dato l’impressione che avendo trovato qualcosa di importante avesse deciso che tutto dovesse ruotare attorno ad esso; insomma tutta la matematica, e non solo, dovesse diventare frattale. La cosa mi pareva e mi pare esagerata; ma questo non toglie nulla all’importanza dei frattali, non solo come campo di studio.
La notizia della sua morte è filtrata molto lentamente. Io l’ho saputo venerdì sera da gpec, che ha commentato qui sul Post; tra i blog italiani, ho visto Rangle e Gravità Zero; sui quotidiani al solito zero notizie dal Corriere, dal Giornale e da Repubblica (tranne un’ultima ora di quest’ultima, ma se non erro quella è una redazione separata) e articoli dalla Stampa, dal Sole-24 Ore e dal Messaggero recuperando le informazioni di Wikipedia, a cui vi lascio per una biografia più completa; anche il New York Times ha un suo bel ricordo. Vi ricordo solo che anche Mandelbrot faceva parte di quel gruppetto di scienziati – mi viene in mente Claude Shannon – che lavorò non all’università ma presso le grandi aziende americane, nel suo caso il Centro Ricerca dell’IBM. Non credo che oggi si potrebbe avere qualcosa del genere.
I frattali non sono certo nati con Mandelbrot. I primi esempi che si possono ricondurre ai frattali risalgono alla fine del diciannovesimo secolo, quando gli analisti si divertivano a trovare esempi di “funzioni patologiche” che non si comportavano affatto come fino ad allora si credeva fosse necessario. Tra i tanti esempi, Peano definì la curva che prende il suo nome, una linea che riempiva un quadrato; Koch la curva a fiocco di neve che aveva una lunghezza infinita ma conteneva un’area finita. Entrambi gli esempi hanno alcune proprietà in comune. Innanzitutto sono ottenuti con un processo che si ripete all’infinito, e quindi non possiamo disegnarne che un’approssimazione; in secondo luogo il processo è autosimile, nel senso che a ogni passo la figura parziale ottenuta è una complicazione della struttura creata al passo precedente formata unendo più copie rimpicciolite della struttura stessa. All’inizio del ventesimo secolo, Gaston Julia e Pierre Fatou studiarono i sistemi dinamici, e provarono ad applicare più e più volte una funzione che mandava i punti del piano in altri punti; si accorsero che in certi casi anche usando funzioni semplici si potevano scegliere due punti vicini a piacere e ottenere risultati completamente diversi, come si capì poi meglio quarant’anni dopo quando si sviluppò la teoria del caos. La figura qui sopra, «il foruncolone con i foruncolini» come la definivamo ai tempi in cui andavo all’università, è uno di questi esempi; i punti neri sono quelli a partire dai quali si continua a rimanere all’interno della figura, mentre negli altri prima o poi si scappa verso l’infinito. Il bello è che ingrandendo uno dei foruncolini si trova di nuovo la stessa struttura; non una fotocopia in formato ridotto, ma un disegno inequivocabilmente della stessa struttura logica.
Il grande intuito di Mandelbrot fu quello di riuscire a mettere insieme tutte queste cose e gli esempi che si trovano in natura, come il broccolo romano mostrato più sotto o lo sviluppo delle coste di un’isola, che sembra diventare sempre maggiore man mano che si riduce la scala in cui l’isola viene raffigurata. Lavorare all’IBM in questo caso è stato indubbiamente un vantaggio, visto che negli anni ’70 non erano molti i posti in cui c’era a disposizione una sufficiente potenza di calcolo per poter fare tutti i conti necessari; ma i vantaggi bisogna saperli sfruttare, e Mandelbrot è stato davvero bravo; e inoltre il suo libro del 1982 The Fractal Geometry of Nature è sicuramente un’opera fondamentale, che è meritatamente alla base della sua fama… almeno all’estero. Mentre scrivo, ho trovato solo tre suoi libri ancora in catalogo: Il disordine dei mercati, Gli oggetti frattali e Nel mondo dei frattali. Sicuramente qualcuno ne tornerà presto…
È davvero così importante il concetto di frattale nella matematica e nella vita reale? Probabilmente sì, come tutte le cose che spuntano nei luoghi e tempi più impensati. Pensare che sia alla base della matematica mi sembra piuttosto esagerato; ma si sa che la pubblicità è l’anima del commercio. Fortuna che Mandelbrot non conosceva il pensiero di Giovanbattista Vico: altrimenti, chissà, i corsi e ricorsi storici sarebbero forse stati riletti in chiave frattale…
Termino con una considerazione che solo apparentemente è in contrasto con la mia affermazione iniziale. A fine anni ’80 e inizio anni ’90, uno dei pacchetti software più amato e scaricato (ai tempi via modem dalle BBS…) era FRACTINT, un insieme di programmi che permettevano di disegnare vari tipi di frattali. Mandelbrot, con il suo parlare e soprattutto mostrare i frattali ovunque, ha sicuramente contribuito a far vedere che la matematica poteva anche essere visualizzata, e non era solo un’accozzaglia di lettere e numeri affastellati in quelle formule da dovere imparare a memoria. Da questo punto di vista la sua importanza non può certo essere sottovalutata… anche se io non mi posso annoverare tra i suoi fan.
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