La matematica non è poi così brutta
Non è affatto facile fare matematica. Non credete a chi vi dice il contrario: o è pagato per dirlo (un professore, per esempio, o un tutor CEPU) oppure non sa nemmeno che cosa sia, la matematica. Ma quello a dire il vero non è poi così importante. Non è nemmeno facile fare filologia romanza, o meccanica quantistica, o ancora allenare la nazionale di calcio. Eppure l’Italia è una nazione di allenatori, e tantissima gente sta lì a bocca aperta a sentire il paradosso del gatto di Schrödinger; la filologia romanza in effetti non ha tutto quel fascino, ma lì non saprei proprio cosa dire. A dire il vero non saprei nemmeno dire molto riguardo all’allenare una nazionale, ma non importa.
Qual è la differenza tra la meccanica quantistica e la matematica, che fa sì che la prima sia tanto apprezzata e la seconda tanto negletta? Beh, innanzitutto a scuola non ti costringono a studiare le equazioni di Schrödinger. Credo che tutti i compiti in classe fatti nel corso dei propri studi abbiano dato un imprinting difficilmente eliminabile, con l’ulteriore fregatura che nessuno è mai riuscito a capire a che cosa mai servisse semplificare quelle chilometriche espressioni, che nessuno ha mai visto da nessuna parte. Non posso dare tutti i torti a questi matematofobi; è vero che in tutti i campi occorre sempre fare esercizio prima di ottenere qualche risultato, ma anch’io ho l’impressione che i programmi scolastici di matematica non abbiano chissà quale relazione con la vita di tutti i giorni.
Però non sono nemmeno d’accordo con chi dice che l’unica matematica che può servire è quella per fare il conto della spesa, e che oramai non serve nemmeno quella perché tanto ci sono le calcolatrici. Secondo me la domanda è mal posta: ci serve sapere del gatto di Schrödinger? Direi proprio di no. Il punto è che se si riesce a levarsi dalla testa i pre-giudizi del tipo “io la matematica non la capisco, non mi entra proprio in testa” e ci si limita a vedere presentati i risultati matematici, si può anche iniziare ad andare d’accordo. È vero, in questo modo non si fa matematica; ma non è scritto da nessuna parte che ognuno di noi debba fare tutto. Quanti di voi hanno scritto poesie (io no) oppure canzoni (ebbene sì, ne ho composta qualcuna)? E quanti, dopo aver deciso che era meglio lasciar perdere, hanno smesso di leggere e ascoltare le opere altrui?
Ecco. Quello che vorrei fare è liberare la matematica dai sotterranei in cui è stata cacciata e portarla all’aria aperta. In Germania c’è stata una rubrica di matematica sul Die Welt. Il New York Times ne ha appena iniziata una tenuta da Steven Strogatz. Perché non potrebbe essercene una anche in Italia?
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