Questo weekend alla Fabbrica del Vapore a Milano ci sarà Bookpride, la fiera nazionale dell’editoria indipendente. Tra le presentazioni che ci saranno, troverete anche me che stasera alle 19 in sala Melville parlerò di Numeralia. Il valore aggiunto della presentazione è la presenza con me dell’ottimo giocologo Aldo Spinelli, con cui intratterremo i presenti. Non so ancora su quali parti del libro esattamente: è più divertente andare allo sbaraglio. Ma «Having been some days in preparation / A splendid time is guaranteed for all»!
Carnevale della matematica #127: GOTO DropSea
Essendo marzo, si può essere abbastanza sicuri che il Carnevale della matematica si troverà dalle parti di Gianluigi Filippelli. E infatti eccolo qua :-)
Non ci sono più i BSOD di una volta
C’era una volta il Blue Screen of Death, o BSOD per gli amici. Ogni tanto (no, ogni poco) Windows si piantava improvvisamente, e appariva una schemata azzurra con un testo scritto in font monospaziato che indicava che c’era stato un errore, con un codice che era un’accozzaglia di cifre esadecimali secondo me buttate fuori a caso.
Sono passati tanti anni, e Windows non si pianta (quasi) più. La scorsa settimana mi è però successo, ed ecco qua il BSOD 2.0. Caratteri più user friendly, codice di errore quasi comprensibile, persino un QR-Code (che però porta a una pagina generica, non esageriamo): ma il blu è rimasto.
(In compenso, il sistema è poi ripartito da solo)
quando il catrame serve
L’altro giorno, pedalando per via Veglia, ho visto che finalmente hanno coperto le “strisce sbagliate” all’incrocio con via Budua.
Se guardate l’immagine di Google StreetMap, noterete che ci sono due attraversamenti pedonali, uno a sinistra praticamente invisibile e uno a destra. Originariamente c’era solo quello di destra; poi il Comune decise di modificare l’attraversamento, considerando che la maggioranza delle auto gira a destra. Così spostò le strisce a sinistra, rifece l’incrocio e abbassò anche lo scalino del marciapiede per permettere un attraversamento più semplice. Peccato però che le “nuove” strisce siano state fatte con una vernice meno resistente della precedente, quindi gli agenti atmosferici le hanno cancellate e la gente quindi attraversava su quelle vecchie.
Diciamo che ci sono voluti un paio d’anni perché qualcuno trovasse una soluzione…
Boccie
Termino il mio resoconto torinese con questa foto di una in bassorilievo su un palazzo – in via Cigna angolo strada del Fortino – che ai tempi era un bocciodromo, a giudicare dal testo: “GIUOCO BOCCIE”. La U in “giuoco” magari non vi è neppure troppo ignota: per dire, la FIGC è la Federazione Italiana Giuoco Calcio. Ma chi è che ha scritto “boccie” con la I? Non sapeva che in italiano il plurale delle parole in -cia e -gia perde la i se l’ultima sillaba è preceduta da una consonante? Si sono appaltati i lavori di restauro a qualche ditta che ha impiegato – magari anche in nero – qualche extracomunitario?
La risposta naturalmente è molto più banale. Fino a settant’anni fa il plurale di boccia era boccie, perché la regola per il plurale era un’altra. Facciamo un passo indietro. Checché ci insegnino a scuola, l’italiano non si legge come si scrive, anche se rispetto a lingue come l’inglese e il francese (ma non il tedesco o lo sloveno, per esempio) siamo messi molto meglio. Anche tralasciando l’impossibilità di sapere dove va l’accento tonico, ci sono alcuni grafemi che hanno un significato contestuale: per esempio la i nel gruppo cia/gia serve per indicare che la c si deve pronunciare dolce e non dura. Ma al plurale, visto che la c è seguita da una e, si pronuncia dolce in ogni caso. Dunque, la si deve tenere oppure no? La risposta era: se la i era presente già nella forma latina della parola allora al plurale restava, mentre se non c’era allora non la si metteva. Così provincia, -ae in italiano faceva “provincie”, come nella Cariplo che era la Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde; la ciliegia, che era ceresa, -ae, faceva “ciliege” come nel libro postumo di Oriana Fallaci Un cappello pieno di ciliege (secondo me in Rizzoli temevano che il fantasma della scrittrice toscana sarebbe tornato a tormentarli se avessero osato regolarizzare il plurale), e la bottia, -ae che è la probabile etimologia di boccia lasciava la i al plurale. Fu il grande linguista Bruno Migliorini che nel 1949 propose l’attuale regola per il plurale, come raccontato nel sito della Crusca, partendo dalla considerazione che non possiamo dire che una regola per una lingua (l’italiano) dipende da un’altra lingua (il latino). Ci furono parecchie discussioni, ma dopo una quindicina d’anni la nuova regola venne accettata più o meno da tutti, con l’eccezione immagino della Fallaci.
Detto tra noi, questo è un caso davvero eccezionale per l’italiano: a differenza per esempio dei francesi o peggio ancora dei tedeschi, che alla fine del secolo scorso hanno codificato per legge la riforma dell’ortografia della loro lingua, in Italia non c’è nessuno che abbia un’autorità prescrittiva per la nostra lingua, e le regole sono stabilite dall’uso. Abbiamo così il pronome “lei” che da solo oggetto è anche diventato soggetto soppiantando “ella”; prima o poi scriveremo (purtroppo) “qual’è” e la forma “qual è” sarà marcata come errore, e non si riesce a convincere la gente che è molto più logivo scrivere “sé stesso” con l’accento. Il tutto senza nemmeno considerare gli scempi da autocompletamento che stanno davvero rovinando l’ortografia. Morale: non facciamo (troppo) i grammarnazi, perché non abbiamo agenti di polizia lessicale da chiamare in nostro aiuto.
Tanto era obsoleto
È passato giusto un anno da quando scrissi questo post sul sito “redditodicittadinanza2018.it”, apparso dopo la vittoria dei pentastellati alle ultime elezioni. Oggi scopro su Facebook che il sito è “sotto sequestro preventivo”.
Eppure non riesco proprio a capire come qualcuno possa cascarci. C’è scritto nel nome che è per il reddito di cittadinanza 2018 e ora siamo nel 2019…
No vax torinesi
Sempre nel mio viaggio torinese mi sono imbattuto in questo manifesto pubblicitario. Direi che la manifestazione no-vax della prossima settimana ha un certo qual sostegno economico… anche se forse una “Affissione politico-ideologica” viene concessa a prezzo ridotto se non addirittura a titolo gratuito.
(Nel meritom la mia posizione è ben nota. Io sono egoista: un’epidemia potrebbe dare problemi anche a me e ai miei figli, nonostante siamo tutti vaccinati: il vaccino è un compromesso e non può dare una certezza di immunità. Quindi obbligo di vaccinazione, ancora più che per dire obbligo di cinture in auto)
“stupro della brutta” e Cassazione
In questi giorni si è parlato parecchio della sentenza della Cassazione, che avrebbe annullato una condanna per stupro “perché la vittima sembra un maschio”. Ora sappiamo bene che i giornali spesso fanno fatica a spiegare per bene le cose, ma stavolta l’articolo di Repubblica mi pareva abbastanza chiaro: la Cassazione ha annullato con rinvio – quindi ha detto che si deve fare un nuovo processo – la sentenza di secondo grado che era stata di assoluzione, perché le motivazioni della sentenza indicavano un pregiudizio delle giudici. Questo tra l’altro torna, perché come ben noto la Suprema corte giudica solo sul metodo e non sul merito; ed è per questo che ci vorrà un nuovo processo.
Quello che mi chiedo è perché allora si parla tanto della Cassazione e non delle giudici d’appello. È Repubblica che non ha capito nulla, e quindi la mia ricostruzione basata su quell’articolo è completamente errata? È la gggente che quando vede la parola “Cassazione” decide che sono il Male Supremo?