Archivi annuali: 2020

Quizzino della domenica: ruota e scambia

Ho trovato un po’ di gettoni aritmetici e ho provato a divertirmi un po’ con le operazioni aritmetiche. Come vedete, nella prima riga ho composto un’operazione corretta: 26×3=78. Poi ho ruotato il 6 per farlo diventare un 9 e ho scambiato di posto due altri gettoni, ottenendo ancora una volta un’operazione corretta: 29×3=87. È possibile ripetere le stesse operazioni (cioè ruotare un gettone e scambiarne di posto altri due) per ottenere una terza operazione corretta. Sapete come fare?


(trovate un aiutino sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p482.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema tratto da Louis Thépault, Le chat à six pattes et autres casse-tête.)


Ultimo aggiornamento: 2020-11-08 17:24

E quale sarebbe la mia licenza digitale?

Quest’estate ho riscattato il mio vecchio notebook dell’ufficio. È poi rimasto lì a far niente, fino a che questo weekend sono stato costretto a riattivarlo. Dovevo formattare tutto l’hard disk, quindi mi serviva una licenza di Windows. Vado alla caccia di un sito dove comprarne una a poco prezzo, e intanto installo Windows 10 sul PC. Alla fine scopro di avere una licenza digitale per Win 10 Home “collegata al mio account Microsoft”. L’account è però il mio personale, non quello aziendale; e Windows non ha potuto trovare nulla sul mio hard disk, perché già che c’ero l’avevo sostituito con un SSD. E allora dove si è trovata questa licenza?

Ultimo aggiornamento: 2020-11-07 17:34

Math Without Numbers (ebook)

[Il vantaggio di leggere una review copy è che lo posso recensire prima ancora che esca :-)]
Nelle note finali, l’autore è descritto come un ragazzo prodigio che “ha lavorato per tre compagnie high tech, due banche e un senatore per poi dedicarsi all’insegnamento compiuti i 19 anni”. Generalmente una presentazione di questo genere non mi mette affatto in una buona predisposizione: ma in questo caso (Milo Beckman, Math Without Numbers, Dutton 2021, pag. 205, € 10.81, ISBN 9781524745554) riconosco che il libro merita davvero. Tenete conto che, numeri o non numeri, questo non è un libro che spiega la matematica. Esso racconta in fatti un po’ di idee di matematica che stanno al di fuori di quello che si studia a scuola, come del resto indicato sin dall’inizio con l'”albero della conoscenza” (tra l’altro, i disegni di m erazo aumentano il fascino del testo), ma senza pretese di spiegare come funzionano, per l’ottima ragione che servirebbe molto più spazio. Questo significa insomma che anche chi ha paura della matematica può apprezzarlo, proprio perché non “si fa” matematica. Proprio per questo la sezione finale, con la teoria del tutto tradotta come “l’universo è una struttura matematica”, è un po’ spiazzante per chi è abituato a vedere di solito la divulgazione fisica, ma ha il suo senso nel contesto. La parte più debole è probabilmente il dialogo sui fondamenti della matematica, che potrebbe venire a noia a molti: la cosa buffa è che a quanto pare c’è però tutta una corrente di scrittori che ritiene che i fondamenti devono essere spiegati con i dialoghi. Avevo letto il libro di Imre Toth No! che è appunto un dialogo; mentre leggevo questo libro ho anche scoperto che un’ottantina di anni fa Arend Heyting cominciò il suo libro sull’intuizionismo con un dialogo a cinque voci. (Ma tutta questa è filosofia della matematica, non matematica…). Per la cronaca, il titolo del numero è corretto: Beckman non usa numeri ma li scrive in lettere. Quindi per esempio la superficie di una sfera è S-two, e non S²; e riesce persino a fare una dimostrazione del fatto che i numeri reali sono più dei razionali senza usare numeri. Niente male…

Ultimo aggiornamento: 2021-06-10 18:22

Wikipedia non è l’Internet

Ieri sono stato evocato su Twitter, in qualità di ideologio wikipediano, a proposito dei contenuti di questo podcast di Rick DuFer (Riccardo Dal Ferro). Il mio giudizio tl;dr è stato quello del titolo di questo post: “Wikipedia != Internet”. Ma visto che sono in disaccordo con praticamente tutto quanto detto nel podcast, tanto vale che metta giù qui gli appunti che mi sono preso mentre ascoltavo il podcast, in modo da permettere a chi è interessato di sentire l’altra campana.

Cominciamo subito con il caso che ha fatto partire il tutto: nelle elezioni americane di martedì scorso, una delle polemiche secondarie è stato il caso di Theresa Greenfield, candidata al Senato in Iowa che però non aveva una voce su Wikipedia (in inglese) fino a metà ottobre. La voce relativa a Greenfield veniva sempre cancellata, dando come motivo il fatto che la candidata in questione non fosse sufficientemente rilevante; d’altro canto la sua avversaria, essendo la senatrice in carica, aveva ipso facto una voce nell’enciclopedia. DuFer si scaglia contro la mancanza, affermando che è un segno dei bias di Wikipedia. Io faccio notare che è un po’ difficile parlare di bias rispetto a una decisione che sarà stata presa dieci anni fa, e che dunque – giusta o sbagliata che sia – non ha nulla a che fare con il caso specifico ma rispecchia un criterio generale. Il criterio tra l’altro c’è anche in Wikipedia in lingua italiana. Durante le elezioni 2016 a sindaco, Virginia Raggi e Chiara Appendino non hanno avuto una voce su di loro finché non sono diventate sindache di Roma e Torino. (Stefano Parisi ce l’aveva, ma perché era ritenuto rilevante per altre ragioni, come del resto Beppe Sala). Le comunità di Wikipedia in italiano e in inglese hanno ritenuto che essere semplicemente candidati non basta: è una decisione sicuramente “politica” che in futuro potrebbe essere rovesciata, ma è assolutamente neutra, nel senso che non nasce per fermare una certa parte politica.

A proposito di neutralità: no, non è la varietà delle fonti, come raccontato nel podcast. Il concetto è più complicato: le fonti non devono essere semplicemente varie ma avere un peso più o meno proporzionale a quanto la conoscenza comune afferma. Banalmente, non è che nella voce “Figura della Terra” occorre che i terrapiattisti abbiano lo stesso risalto di chi ritiene che la terra sia più o meno sferica; viene giusto lasciato un collegamento alla voce Terra piatta. Questo è stato un punto fermo sin da quando Wikipedia si è trasformata in un’enciclopedia… perché Wikipedia non è nata come enciclopedia! Se non lo sapete, il 15 gennaio del 2001 venne creato il sito wikipedia.com (!) per raccogliere informazioni che poi sarebbero state vagliate ed eventualmente usate da una redazione (!!) per compilare una “vera” enciclopedia, Nupedia. La storia è poi girata in maniera completamente diversa: Nupedia è morta senza lasciare traccia e Wikipedia ha preso il suo posto come enciclopedia. E quello (parliamo del 2003… è stato il momento in cui Wikipedia si è necessariamente “burocratizzata”, seguendo la terminologia di DuFer. La cosa era necessaria per l’ottima ragione che non può né vuole essere orizzontale, ma vuole categorizzare la conoscenza: in modo non definito dall’alto e sicuramente imperfetto, ma facendo comunque delle scelte.

D’altra parte tutti i ragionamenti di DuFer partono da un punto di vista errato: esattamente come Facebook non è Internet, Wikipedia non è Internet. Wikipedia è un sito. Tra l’altro, non è un sito di informazione; il fatto che la gente si informi su Wikipedia è un problema innanzitutto per la gente ma anche per Wikipedia che si trova tirata per la giacchetta e intimata ad aggiungere “informazioni” (la biografia di Greenfield…) che possono essere tranquillamente trovate nel resto della rete. La storia che Wikipedia sarebbe dovuta essere qualcosa di diverso per l’informazione è semplicemente un falso: ha sempre voluto essere una raccolta meditata di informazioni, un utile punto di partenza ma non certo la Verità Rivelata.

Altro punto su cui sono in totale disaccordo è quello riguardante la disintermediazione. Per me è ovvio che la disintermediazione non esiste né può esistere, a meno che ci sia una nicchia così minuscola che chiunque può vedere tutto… Sì, DuFer ha ragione quando dice che all’inizio si era in pochi, si era elitisti, e quindi non c’era intermediazione. Io sono in rete da trentasei anni, ho ben presente quello di cui si parla. (Prima probabilmente non si poteva nemmeno parlare di elitismo quanto di sparuti gruppetti…) Ma non siamo più in quel mondo, nel bene o nel male. C’è troppo materiale per non avere un certo tipo di filtro. I podcast – per fare il suo esempio – sono ancora in numero forse trattabile se ci si limita a quelli in italiano, ma quelli in inglese stanno già ben oltre quella soglia. Lo stesso vale per Wikipedia: non può disintermediare, perché troppo grande. Non esiste un mondo perfetto in cui ci sia pura disintermediazione: avresti comunque l’intermediazione dell’algoritmo di ricerca – o dell’algoritmo di presentazione come in Facebook, o di un algoritmo che “ti presenta i contenuti che dovrebbero essere più rilevanti per la tua user experience”. D’altra parte, la “redazione di Wikipedia” da lui auspicata cosa sarebbe se non un’intermediazione?

Termino con due piccole note. Una in realtà non è una nota ma un appunto che mi sono preso e non riesco più a inserire nel contesto: verso la fine DuFer ha detto qualcosa per cui ho commentato “elitismo != gerarchizzazione” ma non mi ricordo assolutamente a quale proposito (e no, non mi rimetto ad ascoltare il podcast :-) ). La seconda è una bocciatura di nuovo totale del suo concetto per cui sarebbe necessaria una “responsabilità dei creatori dei contenuti”. No, il mondo non funziona così. Non puoi sperare che i creatori di contenuti siano tutti responsabili; per questo migliaia di persone passano il tempo su Wikipedia a fare “le operazioni burocratiche” che tanto poco gli piacciono perché tarpano la disintermediazione. Purtroppo bisogna anche fare i conti con la realtà.

Statistiche del sito per ottobre 2020

Ottobre mostra una leggera inversione di tendenza rispetto a settembre. I visitatori unici sono stati 18008 per 36147 visite, le pagine accedute sono state 79883. Gli accessi sono però ben 562573, secondi solo ad aprile. I 12,45 GB di traffico sono stati addirittura il massimo dell’anno, due volte e mezzo il solito. Il top di hit è stato il 16 ottobre, ma tutta la settimana a partire dall’11 è stata sopra media. Chissà quale robot è passato… (Beh, forse sono gli 88876 accessi dal mio post sul Post) Solo sabato 3 ottobre ha avuto meno di 1000 visite. La Top5:

  1. Eupnoico: 1288 visite
  2. Codice bianco all’Ikea: 344 visite
  3. Centro Operativo Postale: 312 visite
  4. Il coprifuoco per il Covid ha senso?: 277 visite
  5. Insomma Immuni funziona sì o no?: 277 visite

L’unico evergreen sopra i 500 accessi è romanaccio (822); degni di nota gli 800 accessi alla pagina dei miei libri. Sarebbe poi interessante scoprire come fanno quelli di sem​alt.com a far figurare quattro stringhe di ricerca che puntano al sito…

Piccola storia sulla sanità lombarda

[baroni o barzoni?] Tra una decina di giorni – sempre che la zona rossa lo permetta – io dovrei avere una visita oculistica di controllo: visita che era prevista a maggio ma è stata rimandata causa lockdown 1. Purtroppo quando l’ho prenotata l’unico posto possibile era il poliambulatorio di via Baroni: ho smadonnato un po’, essendo in zona Gratosoglio (estremo sud di Milano) quindi dalla parte opposta a dove abito, ma era una situazione di prendere o lasciare.

Lunedì ho controllato sul fascicolo sanitario regionale quand’era la visita, e ho visto che c’era l’icona della geolocalizzazione. Ci clicco – via Baroni non è una via ma un insieme di strade e stradine, il piano regolatore credo del 1953 ha fatto davvero danni – e scopro che dovrei andare in zona Corvetto, cioè sud-est. Bene, mi dico, per fortuna che ho fatto un controllo. Poi però mi sorgono dei dubbi: controllo e scopro che effettivamente il poliambulatorio è al Gratosoglio. E la cartina, allora? Semplice: una rapida verifica e mi accorgo che la via indicata non è via Baroni ma via Barzoni.

D’accordo. In una regione in cui la sanità è conciata così male che si è ufficialmente rinunciato a fare contact tracing questa è davvero una minuzia. Ma è una spia di come vengono fatte le cose.

Ultimo aggiornamento: 2020-11-05 08:53

Bonus (im)mobilità

300000 persone in coda

Quanta fretta… (screenshot di Marco Mazzei)

Ieri è stato il Grande Giorno per accedere al Bonus Mobilità tanto strombazzato i mesi scorsi. Io ho scoperto che nonostante quanto detto al tempo sarebbe stata necessaria una fattura (che non avevo), ma in fin dei conti la bicicletta che ho preso per Anna l’avrei presa comunque e non costava poi così tanto, quindi mi sono messo subito il cuore in pace. (Ah: persino la sezione “i miei ordini” del sito di Decathlon era bloccata, immagino dalla quantità di gente che cercava la fattura). I miei amici e colleghi che si sono accinti all’impresa hanno raccontato di scene incredibili, con il sito che a un certo punto si piantava del tutto e la necessità di stare lì a controllare ogni pochi minuti cosa succedeva perché altrimenti si perdeva la prenotazione acquisita. Il tutto perché – sempre se non ho capito male – di soldi ce ne sono pochi e quindi verranno elargiti soltanto ai primi arrivati.

Una cosa del genere è semplicemente inammissibile. Se i soldi non ci sono, metti un criterio di scelta (tipo ISEE), oppure un criterio di ripartizione (non dai il 60% ma meno, ma lo dai a tutti i richiedenti), o alla peggio sorteggi. Tutte scelte non ottimali, ma che perlomeno hanno un senso. La corsa ad arrivare primo la lasciamo alle sagre di paese quando potremo rifarle, non a un ministero di quella che nonostante tutto è ancora una delle più grandi economie d’Europa.

(poi vabbè… a quanto pare l’Ansa ha tranquillamente messo un link a un sito farlocco. Non ne usciamo)

sogno o avviso?

Stanotte stavo sognando di dover correre per tantissimo tempo. (Nota: i pezzi di sogno che io ricordo sono sempre raccontabili anche in pubblico, e a volte me li ricordo tipo documentario con la voce fuori campo che commenta quello che sta succedendo. Ma lasciamo stare). A un certo punto mi sveglio e sento una crisi di tachicardia.
È piuttosto improbabile che il mio cuore abbia cominciato a battere per la fatica del sogno; molto più facile che per una qualche ragione mi sia partita la tachicardia e il cervello abbia tradotto quegli input in una mia corsa forsennata. Tutto bene: però a questo punto non poteva trovare un sistema migliore per svegliarmi?

Ultimo aggiornamento: 2020-11-03 09:33