Archivi annuali: 2019

Titolisti vil razza dannata – reprise

Ieri è stata pubblicata sul Giornale un’inchiesta riguardo a Wikipedia. (Che io sappia, non c’è un link, dovete fidarvi), con interviste al vostro affezionato titolare e a Frieda. Il testo dell’intervista riporta correttamente le nostre affermazioni, ve lo anticipo subito: il titolo no, come già successo altrove. Non mi lamento tanto della frase “L’enciclopedia del mondo è già vecchia”, dove la scelta del termine è ovviamente legata al punto di vista del quotidiano, ma al catenaccio che dice “Calano gli autori – l’aggiornamento dei testi è più lento e meno frequente”. Le statistiche di Wikipedia sono pubbliche. Nella figura vedete quella relativa agli editor attivi, mentre per le pagine modificate potete andare qui. È indubbio che dal 2013 al 2014 c’è stato un calo di contributori; ma da lì in poi il loro numero è rimasto costante, con fluttuazioni legate al mese dell’anno. Possiamo dire che il numero è “stagnante” come nel testo (di nuovo: la scelta dei termini non è mai neutra, ma non ho il diritto di sindacare) ma non certo in calo. Lo stesso per le modifiche: un matematico rompipalle come me può affermare che avere un numero stabile di modifiche e un numero crescente di pagine significa che si fanno meno modifiche per singola voce, ma lì si entra in un terreno più complicato, perché ci sono voci che naturalmente richiedono sempre meno modifiche man mano che si assestano. Quello che continuo a chiedermi è che cosa ci guadagnano i titolisti a scrivere qualcosa che poi viene smentito nel corpo dell’articolo…

Ah, il catenaccio termina con “L’utopia del sapere cooperativo è entrata in crisi” che è tecnicamente corretto ma un po’ fuori contesto; ha più senso unito alla mia frase “siamo una riserva indiana”. In pratica, la Rete di trent’anni fa non esiste più, e si viaggia verso l’individualismo e la ricerca affannosa di like personali; da qui la crisi del sapere cooperativo, che però è da misurarsi rispetto al totale degli utenti e non nei numeri assoluti che per l’appunto restano costanti. Riconosco però che questo concetto non si può certo riassumere in poche parole, quindi non mi preoccupo più di tanto!

È ufficiale: non so l’inglese

La mia grande azienda ci invita molto caldamente – “obiettivo di fruizione”, per la precisione – a fare almeno 15 ore di corso d’inglese entro fine anno. Lo fa con una piattaforma che a quanto pare non va d’accordo con Firefox, quindi da casa non posso accederci e dall’ufficio sono costretto ad aprire Internet Explorer. Vabbè, stamattina ho fatto il test di livello, attività che secondo la mail “ti impegnerà non più di un’ora”. Ci ho messo un’ora e quattro minuti, nonostante terminassi le varie pagine ben prima del timeout: lo sapete, sono uno che si scoccia a fare sempre le stesse cose.

Bene: mi è stato consigliato un corso C1, il che significa che il mio livello percepito è B2… nonostante il test non mi chiedesse di parlare, cosa che per me (e per chi mi ascolta…) è notoriamente tragica. Vado a nascondermi.

Ultimo aggiornamento: 2019-11-11 12:36

Quizzino della domenica: niente tris

Supponete di avere una scacchiera 3×3 come quella per giocare a tris, ma di usare un unico simbolo. Qual è il numero massimo di caselle che si possono riempire senza ottenere un tris, in orizzontale, verticale, o diagonale?
nove sono sicuramente troppi

(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p415.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema da Mathematical Pie, primavera 2007.)

_Un labirinto incerto_ (libro)

Perché “poetica” della matematica? Questo è l’unico dubbio che mi è rimasto leggendo questo libro (Riccardo Giannitrapani, Un labirinto incerto : Appunti per una poetica della matematica, Mondadori 2019, pag. 196, € 18, ISBN 9788804711018) dove un insegnante di scuola superiore – che magari avrete incrociato in rete con il nickname di Orporick – fa alcune considerazioni del tutto condivisibili su come si potrebbe insegnare matematica in modo più costruttivo di quanto succeda al giorno d’oggi. Il testo non è volutamente analitico: c’è una sorta di filo conduttore, dato da Borges e dall’idea di labirinto, ma allo stesso tempo si evita il prescrittivismo. Non per nulla il labirinto è incerto: se ci pensate, è la situazione di chi nel labirinto ci si trova dentro, e non ha alcuna idea di quale sarà la via di uscita. Le regole mnemoniche servono a poco, o per meglio dire servono quando uno se le ricorda ma non permettono di capire la strada che ha portato ad esse. Meglio dunque per Giannitrapani cercare di sfilarsi dai luoghi comuni: perché battere sull’approccio assiomatico di Euclide anziché provare quello degli assiomi di Peano, più semplice e che permette di mostrare come mai si sono scelti proprio quegli assiomi per definire i numeri naturali? Come dicevo, la parte che ho trovato più debole è il capitolo sulla poetica della matematica. Io mi sarei trovato più a mio agio nel sentire parlare di “matematica umanistica”, dove le motivazioni sono parte esplicita dei teoremi; ma chiaramente ognuno ha le sue sensibilità. Lettura consigliata a coloro ai quali è rimasta la paura della matematica: magari finalmente si rilasseranno.

Seggiolini auto e dispositivi antiabbandono

I miei gemelli hanno dieci anni, e stanno già lamentandosi perché ai loro compagni di classe è permesso di andare in macchina senza il rialzo, anche se sono alti un metro e 35 al massimo. Insomma l’obbligo del dispositivo antiabbandono sui seggiolini in auto non mi tange per nulla; quindi posso dire senza conflitto di interessi che è un’idiozia unica. Lasciamo perdere gli alti lai di chi afferma che “il limite è stato anticipato” (no, semplicemente non ci sono stati gli usuali rimandi); lasciamo anche perdere chi fa notare che morire per il troppo calore a novembre, nonostante il riscaldamento climatico, non è proprio così comune.
Quello che io vedo è che si è montato un caso mediatico enorme per otto morti in dodici anni. Certo, ogni morte è terribile. Ma ricordo che in Italia ogni anno muoiono per incidenti stradali più di 3000 persone, anche se per fortuna il numero si sta riducendo. Peccato che per ridurre quel numero di morti il governo dovrebbe spendere molti più soldi per rendere le strade più sicure, mentre obbligare la gente a comprare i dispositivi antiabbandono non costa nulla (occhei, 30 euro di sconto per dispositivo acquistato). E sono ancora buono e non penso che ci siano stati produttori di questi dispositivi che abbiano gentilmente consigliato governo e parlamento di renderli obbligatori…

ILVA

No, non aggiungo il mio pensiero su cosa fare dell’ILVA. Non ho assolutamente le competenze non dico per dare una soluzione, ma neppure per parlare con cognizione di causa. Tutto quello che posso fare è notare alcune cose.
– Ho letto che l’ILVA vale l’1,5% del PIL italiano, quindi circa 29 miliardi l’anno. Il suo fatturato 2016 era di 2,2 miliardi: anche considerando l’indotto e un ipotetico raddoppio della capacità produttiva siamo ben lontani.
– Scudo penale: siamo abituati a leggi che cambiano artatamente i limiti, chi ha la mia età si ricorda certo dell’atrazina e anche chi è più giovane dovrebbe ricordarsi della ThyssenKrupp. La fregatura è che mentre in quest’ultimo caso la (mancata) sicurezza era nei confronti degli operai, l’inquinamento dell’ILVA è per tutta la zona intorno: insomma, rimane la scelta su quanto morire. Ciò detto, non sono riuscito a capire quanto tempo ci voglia per rientrare in parametri accettabili di inquinamento nel caso si facessero davvero questi lavori: la mia preoccupazione è che quello dello scudo sia un modo per non fare nulla e risparmiare soldi.
– Occupazione: è il solito ricatto “preferite morire di fame o di cancro?” che abbiamo visto tante volte. Premesso che non credo in una riconversione post-industriale della zona – soprattutto in tempi brevi – non ho proprio idea di quale sia la scelta meno peggiore nel breve termine. Il vero guaio è che mi pare che non lo sappia nessuno.

Scusate se per una volta non ho fatto lo scodellatore di soluzioni :-)

so’ ppiú fforte da’a Treccani!

Lunedì ho postato le solite statistiche del sito, immaginando non le leggesse nessuno. Invece Ferdinando Traversa non solo ha guardato anche quel post, ma è andato alla caccia della parola “eupnoico” su Google, mostrando che in effetti il mio blog è il primo risultato, davanti persino alla Treccani (che però ha il sostantivo “eupnea” e non l’aggettivo); l’unica voce davanti è quella del dizionario che però è un po’ più difficile da capire, anche se c’è la parola “normale”. Ma in effetti leggere “Proprio dell’eupnea: respiro e., regolare. • Di farmaco analettico del respiro.” (Per la cronaca, “analettico” significa “che eccita”). A questo punto è chiaro perché ci sono sempre così tante visualizzazioni di quel post. È un circolo virtuoso, o vizioso se preferite: è in cima alla pagina di ricerca, quindi tanta gente ci clicca, quindi Google pensa che sia importante e lo lascia in cima alla pagina.

Vedete il piccolo problema? Per quanto io possa avere scritto un post chiaro e comprensibile, non ha senso che la mia rendita di posizione si perpetui. Notate che non avevo applicato nessuna tecnica SEO, anche perché non me ne farei nulla: è proprio un portato dell’algoritmo di Google. Ma quello che è peggio, questo mostra come le persone non solo non superino la prima pagina dei risultati, ma spesso si fermino al primo e ci clicchino su. Google aveva evidentemente ragione quando ha messo il tasto “mi sento fortunato” nella pagina di ricerca – c’è ancora, ho controllato – ma questo mostra che il suo potere è ancora maggiore di quanto si potesse immaginare, perché siamo noi a darglielo. Non solo spostare un risultato oltre i primi dieci annulla le probabilità che sia visto, ma anche solo toglierlo dalla prima posizione dà un durissimo colpo alla visibilità. Devo dire che la cosa preoccupa persino uno come me che generalmente pensa positivo…

Ultimo aggiornamento: 2019-11-06 07:39

Siti che chiudono per il weekend

È un po’ che cerco di domiciliare il bollo auto, così non mi dimentico di pagarlo. Ci avevo tentato l’anno scorso senza risultato: così a fine maggio, dopo averlo pagato ancora una volta in ritardo, scrissi a infobollo@lombardia.aci.it e a inizio luglio (luglio, non giugno) ottenni la risposta sui vari modi possibili oltre a quello che avevo tentato inutilmente. Domenica sera finalmente mi sono deciso a ritentare la sorte, e ho provato ad andare nella pagina della Regione Lombardia e compilare il modulo di “DomiNciliazione bancaria” (guardate il titolo della pagina) da spedire in formato cartaceo. Metto i dati della macchina di Anna, e mi arriva un messaggio “Targa non esistente – si prega di contattare l’Assistenza ACI” (senza nemmeno un’email o un numero di telefono). Lunedì mattina alle 7 riapro la pagina, dico che sto facendo la cosa per conto terzi… e miracolosamente la targa viene (ri)trovata, cosa di cui non avevo dubbi poiché tutti gli anni ci arriva la notifica di pagamento. L’unica ipotesi plausibile è che la base dati sia una fan di Luigi Di Maio e la domenica resti chiusa.

(Ora devo solo trovare un francobollo, e non garantisco sarà impresa facile)