per i Veri Mattinieri

Domani sarà il compleanno di Wikipedia (e ho già un post commemorativo pronto). Scrivo adesso solo per significare che intorno alle 6.10 (zzzz…) sarò intervistato a Radio1 al riguardo. Abbiate pietà per i pensieri sconnessi che riuscirò a tirare fuori a quell’ora.

Aggiornamento: sarà intorno alle 6:20, avrò più tempo per svegliarmi…

E chi sarebbero i “fruitori”?

Nelle vacanze di Natale siamo stati una settimana a Chiavari, a prendere un po’ d’aria più pulita di quella milanese (e visitare con Jacopo il pronto soccorso di Lavagna… ma quella è un’altra storia, finita comunque bene). Vicino a casa avevano messo una di quelle isole ecologiche che vanno tanto di moda, e in effetti nella buca delle lettere c’era un volantino la cui prima pagina è riprodotta qui.

Il marchingegno ha un lettore che viene attivato “con tessera sanitaria oppure QR code”, ma di codici non v’è traccia alcuna. La tessera sanitaria – che come saprete ha anche il codice fiscale salvato nella banda magnetica – è ormai il mezzo di identificazione più usato in Italia, funziona anche per i distributori automatici di sigarette… cosa che ha dell’umoristico, se ci pensate. Il problema era semplice: io non sono un residente a Chiavari, e questo è chiaro; ma come faccio a indicare che sono un “fruitore del centro storico”? Una rapida ricerca in rete non ha contribuito a fugare i miei dubbi: sul Levante, il sindaco aveva detto che questo era un passo per far pagare di più chi consuma di più, e quindi noi foresti non dovremmo avere diritto di gettare rumenta; ma nello stesso articolo l’assessore afferma che così si sarà «più vicini alle esigenze dei nostri concittadini e turisti».

Essendo io uno sperimentale, ho provato a strisciare la mia tessera sanitaria… e ho potuto conferire i miei rifiuti. Può darsi che questo funzioni solo adesso perché l’apparecchiatura è in versione sperimentale, ma intanto me la sono goduta :-)

_Everybody Lies_ (ebook)

[Nota: esiste la traduzione italiana, La macchina della verità, che però non ho letto] Seth Stephens-Davidowitz si è inventato un nuovo campo di studi: usare Google Trends (ma anche YouPorn…) per studiare i comportamenti della gente evitando l’intermediazione dei sondaggi dove non è detto che chi risponde dica la verità, anche se protetto dall’anonimato, mentre se deve cercare informazioni è costretto a indicare cosa vuole. Nel libro (Seth Stephens-Davidowitz, Everybody Lies: Big Data, New Data, and What the Internet Reveals About Who We Really Are, Dey St. 2018, pag. 357, € 8,82, ISBN 9780062390875, link Amazon) vengono fatti alcuni esempi sfruttando i dataset ottenuti da Google… e PornHub. Il merito maggiore del libro a mio parere non è tanto il mostrare come le risposte che storicamente abbiamo dai sondaggi sono spesso errate: in fin dei conti non è che tutti noi abbiamo a disposizione i dati da lui usati, e comunque la metodologia è necessariamente grossolana essendo il risultato di un’osservazione indiretta. Molto più utile è il ricordarci la grandissima quantità di dati a disposizione di pochi player (dati probabilmente per loro neppure anonimizzati) e la possibilità per domande secche del tipo preferenza A/B di avere un’analisi molto più puntuale di quello che si può ottenere con un sondaggio. Insomma, un libro che porta a farci domande che non ci sarebbero mai venute in mente.

Io, Facebook e le pagine

Vabbè, l’avete capito: sta per uscire Numeralia. Ho pensato così di riprendere la vecchia pagina Facebook che avevo creato per Matematica in pausa caffè e aggiornato all’uscita di Matematica in pausa pranzo e farla diventare “Numeralia e altri libri di .mau.”. Niente da fare: a Facebook non è piaciuta la cosa perché “potrebbe ingannare chi la segue”. Chiedo cosa dovrei fare per avere il “rebrand”, e mi vengono dati alcuni esempi:

Please reply to this message and include a document that shows the new name of your business.

Examples of appropriate documentation include:

– A press release or news article about the rebranding
– Articles of Amendment for a name change
– A link to your official website that states the change
– A link to a post on your Facebook Page that announces the change

Gli mando il link al blog con il nome cambiato, al post che dice che sto cercando di cambiare nome, ai post di Codice che mostrano che sono sempre io che scrivo libri per loro. Risultato: nuova mail dove mi si dice “ciccia”.

We’re unable to update your Page’s name because your request doesn’t follow our Page guidelines. The name you requested suggests that the subject of your Page has changed or may be misleading. This can be confusing for people who like your Page.

Vabbè, mi dico, provo a cambiare il nome in qualcosa di più soft tipo “Da Matematica in pausa pranzo a Numeralia”: niente da fare perché ho fatto una richiesta di cambio pagina troppo poco tempo fa. A questo punto la mia risposta è stata “bene: se cancello la pagina posso essere sicuro che venga totalmente e definitivamente eliminata? Per quello che mi importa dei like faccio più in fretta a creare una nuova pagina”. Risposta: copincolla del primo messaggio speditomi (il che prova che quando hanno preso una decisione nessuno legge più le altre risposte)

Ma la cosa che mi lascia perplesso è un’altra: come fanno tutti quelli che creano una pagina innocua a farla diventare a favore dei nazisti dell’Illinois?

Lavorare?

Secondo l’accordo azienda-sindacato su ferie e permessi, entro giugno dovrò prendere quattro giornate e mezzo di permesso, più nove giorni in cui devo stare a casa causa contratto di solidarietà, più due giorni di chiusura collettiva. Non mi vedranno molto.

Cesare Battisti

A metà dicembre le prime pagine dei giornali nostrani erano piene di notizie dal Brasile, con un giudice che aveva sentenziato che il diritto d’asilo concesso da Lula a Cesare Battisti poteva essere tolto da un altro presidente, e l’uscente Temer ha voluto fregare sul tempo l’entrante Bolsonaro per emettere un mandato di cattura… che è finito nel nulla, perché Battisti non è mica rimasto ad aspettare. Poi silenzio: non certo per aiutare le indagini, quanto perché dal Brasile non è arrivata più nessuna notizia.
Premesso che per quanto mi riguarda Battisti non è altro che un efferato delinquente comune abbastanza furbo da essersi reinventato come “terrorista” e così bravo da avere intortato non so quanta gente (a parte Lula, pensate solo alla sua amante Fred Vargas), chi si è lamentato di questa mancata cattura non ha capito una cosa. Ai brasiliani che sono al potere adesso non gliene può importare meno di lui, o se per questo di quello che pensiamo noi italiani. È tipica realpolitik: pensate a tutti i terroristi (veri) che se ne sono stati per decenni in Francia sotto la protezione di Mitterrand e successori con l’accordo non scritto di non piantare casini, o simmetricamente dell’assenza di terrorismo di matrice palestinese in Italia sotto l’egida di Andreotti. Inutile sprecare forze con qualcuno che in questo momento non fa nulla di male: tutt’al piú lo si controlla discretamente per verificare che le cose rimangano in tale stato ma non certo per impedirgli di andarsene via dal paese. Nemico che fugge, ponti d’oro. Come dicevo all’inizio, tutto quello che c’è stato si deve catalogare come politica interna brasiliana, e noi italiani non abbiamo alcuna voce in capitolo.

Gli anziani condividono davvero più fake news dei giovani?

Ho letto questo articolo del Post. Ho anche dato una rapida occhiata ai dati originali linkati nell’articolo; potrei essermi perso qualcosa, nel qual caso indicatemelo nei commenti e mi correggerò.

Mi pare però che i risultati dello studio soffrano di un problema di base che almeno a me appare ovvio. Più precisamente, dire che «l’11 per cento delle persone con più di 65 anni ha diffuso almeno una bufala, contro il 3 per cento delle persone comprese nel gruppo di età tra i 18 e i 29 anni» dà un dato con un suo senso: è più facile che sia un anziano che un giovane a non condividere sempre notizie vere. (La frase è appositamente contorta). Dire però come nel catenaccio che gli anziani condividono fino a sette volte più fake news dei giovani non tiene conto di un punto chiave. Quante sono le condivisioni complessive fatte dai “giovani” e dagli “anziani”? Se tanto per fare un esempio il secondo gruppo ne posta quattro volte di più rispetto al primo, il dato suindicato diventa molto meno importante: sarebbe ancora vero che gli over 65 sono più creduloni dei giovani, ma sarebbe più interessante notare come siano più abituati a condividere cose altrui che a scegliere fake news.

Come sempre, non spaventatevi davanti ai numeri, ma azionate il cervello e chiedetevi perché ve ne vengono spiattellati così tanti!