E se le mascherine non ci sono?

Io non sono tendenzialmente contrario all’obbligo di usare le mascherine quando si esce. Bisogna ovviamente mettere in chiaro un po’ di cose: che la mascherina non serve a proteggere te quanto a proteggere gli altri da te, il che significa che devi metterla bene, che copra il naso e la bocca, e soprattutto che non devi toglierla; e che la mascherina che useremmo per uscire non è un presidio chirurgico, il che significa che non c’entrano un tubo con quello che bisogna dare a medici, infermieri e persone che comunque hanno a che fare con malati e possibili malati.. Questo significa per esempio che – a parte il pessimo gusto, per cui ci si può fare poco – anche le mascherine sponsorizzate servono allo scopo.

Ma ovviamente per indossare le mascherine bisogna che vengano fornite, e non emettere un’ordinanza che poi dice “vabbè, se non le avete mettetevi pure una sciarpa sul viso, che non serve praticamente a nulla ma fa tanto colore”. È così complicato arrivarci?

Quizzino della domenica: vacanze piovose

L’anno scorso ho passato delle vacanze tormentato dal maltempo: è piovuto durante tredici giorni. Guardando le cose dal lato positivo, se pioveva al mattino il pomeriggio era soleggiato, e se pioveva al pomeriggio nella mattinata c’era il sole. Ci sono stati undici mattinate di sole e dodici pomeriggi di sole. Quanto è durata la vacanza?


(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p441.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema tratto da Philip Heafford, Great Book of Math Puzzles; immagine da FreeSVG.org.)

Terra e spazio vol. 2 (libro)

Seconda parte della raccolta dei racconti di Clarke: qui (Arthur C. Clarke, Terra e spazio vol. 2, Urania Collezione 198, pag. 360, € 6,90, trad. vari) troviamo per esempio “Sentinella” e “I nove miliardi di nomi di Dio”. Devo dire che mi sono trovato peggio che con il volume precedente. Secondo me il guaio è nei racconti lunghi – sono dei primi anni ’50 – dove Clarke risulta troppo didascalico; quelli sulla Luna sono invecchiati davvero male. Tra i migliori considero invece “Al bivio” e “Superiorità”.
Anche in questo caso la traduzione non è sempre all’altezza: poi mi chiedo perché, visto che alcuni racconti sono stati ritradotti “per offrire al lettore una migliore esperienza”, non sia stato fatto lo stesso con “Silenzio, prego” che farà rabbrividire chiunque sappia un po’ di matematica…

Anche con il lockdown

Mi sono trovato una busta consegnata a mano nella buca delle lettere. Era una lettera – con relativa pubblicazione – dei testimoni di Geova. Certo che per loro deve essere duro doversi inventare una nuova strategia di marketing!

Scrivere non è sempre la stessa cosa

Quando la settimana scorsa ho raccontato perché io scrivo, c’è stato un piccolo thread al riguardo su Facebook, dove al mio commento “mi sa che scriverò un pippone sulla differenza tra postare su FB e scrivere su un blog” il mio amico Gionata ha ribattuto da un lato aggiungendo lo scrivere libri e dall’altro dicendo di essere curioso del perché io trovassi una differenza, visto che per lui era la stessa cosa. Insomma, il pippone ve lo trovate anche questa volta, con la solita avvertenza che quello che scrivo è il mio personale punto di vista e che potrebbe essere una posizione di assoluta minoranza.

Io non credo di avere mai avuto il blocco dello scrittore. In prima elementare scrivevo pensierini a raffica. Al triennio del liceo, consegnavo i temi in un’ora e mezzo: quattro paginette (non usavamo fogli protocollo) scritte direttamente in bella perché sono pigro, con risultati non eclatanti ma nemmeno disprezzabili. In realtà mi capitò una volta in prima liceo di prendere un 5 e mezzo su un tema manzoniano, per l’ottima ragione che come al solito non avevo studiato e quindi mi sono dovuto arrampicare sugli specchi; il professore – che aspettava solo una mia insufficienza – mi costrinse a scrivere in brutta e per un anno e mezzo io diligentemente copiai in brutta il tema che avevo appena scritto in bella. Attenzione, però. Non è che io scrivessi, o scriva, di getto: semplicemente ai tempi mi fermavo un attimo, componevo mentalmente la frase da scrivere, e la mettevo su carta.

Da quando poi ci sono i computer il mio modo di scrivere i post è cambiato. Solitamente ci penso un po’ su prima di cominciare a scrivere, creando qualche frase ad hoc che mi dimentico subito; poi comincio a scrivere a spizzichi e bocconi – questo post ce l’ho in bozza da due giorni – ma soprattutto mentre scrivo torno spesso indietro a correggere e migliorare delle frasi che non mi suonano tanto bene. Esatto: mantengo nella mia memoria di lavoro due o tre sezioni del testo. Non ve lo consiglio, ma per chi è abituato a lavorare così non è poi molto complicato. Alla fine non rileggo mai, visto che tanto l’ho fatto man mano: ecco perché vi trovate spesso dei tag non chiusi o chiusi in modo errato, o addirittura frasi lasciate a metà perché l’algoritmo mentale di composizione ha avuto un interrupt, magari un gemello che viene a chiedermi per l’ennesima volta qualcosa.

A parte queste mie peculiarità, un post è insomma per me un’unità logica che deve avere una sua struttura interna ben precisa, e la deve avere per quanto possibile anche nel futuro non meglio identificato. Un messaggio in un social network no. Fosse anche un pippone da venti righe, è qualcosa che butto giù tutto in un fiato, senza stare troppo attento alla struttura logica della frase se non per far sì che il testo sia comprensibile a chi mi legge. Eventuali errori di ortografia li correggo dopo, perché mi dà fastidio vederli; però il messaggio è qualcosa che per me vale solo nel qui-ed-ora. Naturalmente mi è sempre chiaro che una qualunque cosa scritta in rete è per sempre, e quindi non scrivo cose di cui potrei pentirmi in futuro; mi daranno magari del cretino, ma tanto ci sono abituato!

E scrivere libri? Non lo so, non ne ho mai scritti :-) Seriamente, i libri che ho scritto non sono saggi veri e propri, ma insiemi di capitoli che possono essere letti indipendentemente. Questo significa che da un certo punto di vista li ho scritti come se fossero dei post un po’ più lunghi del solito, e non ho mai avuto bisogno di pensare a un livello più alto, quello del fluire del testo – la struttura, se volete chiamarla così. La massima dimensione a cui sono arrivato sono le 22mila battute del librino su David Foster Wallace e la matematica e le 45mila battute di Matematica e infinito che però oggi riscriverei da capo; prima di parlare di libro ce ne vuole. Di per sé ho un paio di progetti per un libro vero e proprio, ma nessuno me li ha mai accettati e quindi se ne stanno lì fermi.

Qualcosa posso però dire sulla differenza di approccio che ho. Mentre come scrivevo sopra i post sono pensati prima e durante, ma poi partono d’improvviso, i miei libri hanno una genesi del tutto diversa. Li scrivo, in un ordine più o meno casuale; li lascio decantare; li riscrivo quasi da capo, perché non mi piace per nulla quello che ho scritto. (Detto tra noi, quello è stato il vero motivo per cui a scuola avevo smesso di scrivere la brutta: tanto poi riscrivevo da capo in modo diverso, e la cosa mi scocciava alquanto). Poi ci sono i lettori alfa che mi danno un feedback, e un’altra serie di giri di riletture e riscritture, si spera sempre di meno, fino a che il risultato non mi pare soddisfacente. La mia visione di un libro è insomma ancora diversa da quella di un post o di un messaggio. Il libro, come il post e a differenza del messaggio, è pensato per durare; ma il post nasce per la discussione immediata, mentre nel libro il polishing, la rifinitura insomma, diventa fondamentale.

Tutto questo vale ovviamente per me, che non scrivo per mestiere. Per altri le cose potrebbero essere diversissime. Voi per esempio cosa ne pensate?

Il mio postino ha finito la quarantena

Questo era il contenuto della mia buca delle lettere stamattina. No, non è che per due settimane (abbondanti) non sia andato a controllare se c’era qualcosa: semplicemente per due settimane (abbondanti) non è mai passato nessuno. Direi che l’ipotesi più probabile è che il postino in questione è stato messo in quarantena e finalmente sia stato giudicato guarito.

Detto tutto questo, continuo a non capire come sia possibile che a Milano non siano in grado, pandemia o non pandemia, di gestire il servizio postale per avere non dico una consegna al giorno, ma almeno una la settimana. Che i Topolino arrivino in ritardo può fare arrabbiare i gemelli, ma alla fine se li leggeranno tutti insieme: però se uno è abbonato a un settimanale di informazione (che già dovrebbe arrivare il venerdì ma il più delle volte veniva consegnato il lunedì successivo) che gli arriva dieci giorni dopo, che se ne fa?

cambio piattaforma per il blog

WordPress sta cominciando a diventare sempre più oneroso in termini di risorse richieste; in questi giorni ho persino avuto difficoltà a postare immagini nemmeno troppo grandi, senza riuscire a capire il motivo. Il messaggio di errore era “riducila a meno di 2500×2500 pixel”, ma la figura in questione era 600×500… Non parliamo poi degli attacchi informatici: il mio provider ogni tanto mi avvisa che deve bloccare momentaneamente l’accesso.

A questo punto ho cominciato a cercare in giro per la rete qualche piattaforma alternativa, sperando di migliorare la situazione: e direi che ci dovrei essere riuscito. Un mio amico stava lavorando a una nuova piattaforma di blogging, con delle caratterstiche davvero interessanti. In pratica, questa architettura, che il mio amico ha chiamato Ryba, è costruita sopra Ethereum. Questo significa che leggere un post e soprattutto postare un commento usano una piccola parte della potenza computazionale del client per farmi guadagnare qualche frazione di Ether, la criptovaluta collegata a Ethereum. È vero che il mio è un blog relativamente piccolo e quindi non diventerò sicuramente ricco, ma crediamo che questa proof-of-concept potrà poi essere replicata più in grande, e lui guadagnerà dall’uso di Ryba. L’unico problema – ma forse è un’opportunità… – è che i commenti consecutivi da parte di una stessa persona richiederanno più tempo per essere processati, quindi appariranno meno frequentemente. La lettura invece rimarrà costante: non perderete insomma più tempo del solito.

Stiamo ancora testando la piattaforma – che ha comunque una base dati compatibile con quella di WordPress, quindi non si perderà nessun contenuto passato – con un’installazione minimale. Se qualcuno è interessato a fare da betatester, mi scriva e vediamo come aggiungere l’utenza. Come dicono gli americani, sono davvero eccitato per questo sviluppo!

Aggiornamento: (3 aprile) Per chi stesse leggendo solo ora questo post, segnalo che era un pesce d’aprile. (In effetti in russo ryba, anzi рыба, significa pesce).

form e differenze linguistiche

Ho appena compilato un form cinese (roba sulle traduzioni, per i curiosi). Le domande erano scritte in inglese, ovviamente, anche perché altrimenti non avrei capito nulla, se non che il quadratino azzurro con due ideogrammi era quello da schiacciare una volta terminata la compilazione. Questa però è conoscenza strutturale che in fin dei conti è molto più semplice.

Ho però trovato una cosa davvero interessante dal punto di vista della struttura. Il form era su un sito cinese (https://www.wjx.cn) e preparato da una società cinese (GlobalTextMarket). A prima vista la schermata sembra simile a quella per esempio dei sondaggi Google, giusto con il fatto che vicino a una risposta c’era a volte un campo per aggiungere informazioni. Ma tutto il testo, sia quello scritto nell’introduzione che quello che inserivo nelle textarea, non andava a capo; o per meglio dire non riconosceva il carattere spazio come fine di una parola e quindi cambiava riga nel mezzo della parola stessa, senza ovviamente trattini o simili.

La cosa ha probabilmente senso pensando al fatto che in cinese non ci sono spazi tra gli ideogrammi se non dopo i segni di interpunzione; però mi ha fatto un po’ specie vedere che la localizzazione arriva anche nel formato dei form…