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Altro che legge di Hofstadter!

La legge di Hofstadter, come espressa da Douglas Hofstadter, afferma che ci vuole più tempo di quanto si pensi per fare qualcosa, anche se si tiene conto della legge di Hofstadter. Credo che chiunque abbia fatto una stima per un lavoro si sia effettivamente accorto della triste realtà sottesa da questa legge. Però qui a Milano la situazione sta diventando tale che il buon vecchio Doug può essere definito un ottimista.

A metà novembre hanno chiuso l’incrocio tra viale Suzzani e via Santa Monica, facendomi bestemmiare come non mai, per i lavori della metrotranvia (il 7, per gli amici) che prima o poi dovrebbe arrivare a Certosa ma per il momento si limiterà a fare capolinea davanti al pronto soccorso del Niguarda, sempre che ATM abbia sufficienti vetture bidirezionali per un capolinea senza anello di ritorno. Ora, io sono una persona semplice, e mi sono chiesto perché dovessero chiudere un incrocio per sette mesi. Nella mia ingenuità, pensavo che si sarebbero spostati i sottoservizi e poi piazzati i binari in corrispondenza dell’incrocio, aspettando con calma di proseguire sul resto del percorso. Ad ogni modo i lavori sarebbero dovuti terminare lunedì scorso, ma qualche giorno prima della fatidica data sui cartelli si è appiccicata una scritta a mano che dava la nuova data di termine lavori: il 6 luglio, un mese e mezzo dopo la data prevista. Non che io creda che ce la faranno per quella data.

Lo stesso sta capitando con il rinnovo delle scale mobili della gialla. A Turati c’era un bel cartello che ci assicurava che per fine aprile avremmo avuto la scala più bella che pria: adesso il cartello recita “fine giugno”, e dovrei quasi essere contento che abbiano fatto un salto di due mesi, visto che a Maciachini si è andati avanti per quattro mesi con lo slittamento di trenta giorni per volta. Quello che non capisco non è tanto i mesi che servono per rimettere in sesto una scala mobile, quanto il fatto che è un anno che i lavori stanno andando avanti: possibile che nessuno sia riuscito a calcolare i tempi necessari? È vero che magari ogni scala mobile è un mondo a sé, ma nell’insieme non credo che lavori e pezzi di ricambio siano tanto diversi. Mi sa tanto che le date iniziali siano indicate sapendo benissimo che sono farlocche, solo perché così la gente rimanga speranzosa per una pronta messa in opera…

Sala e la fascia tricolore

il tweet di Totolo Francesca Totolo è una persona che già ai tempi in cui Twitter si chiamava Twitter e non X era pronta all’uso attuale di questo social network. Ieri ho letto il tweet mostrato qui sopra, dove la signora Totolo si lamentava che il sindaco non avesse la fascia tricolore durante la commemorazione di Sergio Ramelli (tra l’altro, come mai non si parla mai di Enrico Pedenovi?), e la cosa non mi tornava: così ho fatto qualche ricerca.

In effetti, leggendo la normativa, ho scoperto che “nell’uso corrente si è affermata la consuetudine che il sindaco indossi la fascia in tutte le occasioni ufficiali, in qualunque veste intervenga”. Ma non sono riuscito a trovare da nessuna parte l’ufficialità della commemorazione, il che non è poi così strano. Del resto, una semplice ricerca che sicuramente Totolo avrà fatto prima di scrivere il suo post mostra che per esempio nel quarantesimo anniversario della morte di Fausto e Iaio il sindaco non aveva la fascia. Perlomeno Sala è coerente.

Già che ci sono, ho anche letto che il ministro Santanché vorrebbe che una via di Mliano sia intitolata a Ramelli. Lo so che non mi leggerà mai, ma segnalo ai miei ventun lettori che Milano ha i giardini Sergio Ramelli, che è più che i giardini Fausto e Iaio (che a quanto pare non hanno una denominazione ufficiale ma solo una targa commemorativa, come si vede anche dalla foto qui sotto: il giardino è “dedicato”, non “denominato”).

targa sul giardino

Ah: buon primo maggio!

BOLD! Declinazioni tipografiche Campari (mostra)

un manifesto Campari Ieri sono andato con Anna a vedere la mostra nei locali della Galleria Campari a Sesto San Giovanni. Come sempre almeno a Milano uno si chiede se 12 euro siano un prezzo equo (e non vi dico i prezzi del merchandising…): però la mostra è davvero interessante. Già l’architettura della Galleria Campari merita, ma il materiale è davvero interessante, anche perché oltre alla mostra in questione si può vedere anche tutta la parte relativa alla pubblicità del marchio Campari nel tempo. Davide Campari, il figlio del fondatore Gaspare e colui che ha portato il marchio alla notorietà internazionale, aveva evidentemente capito che la pubblicità era necessaria per raggiungere nuovi mercati ma serviva anche trovare qualcosa di diverso: si avvalse pertanto di grandi artisti, soprattutto nel periodo futurista: Depero è sicuramente quello più presente, e si deve a lui l’ideazione della bottiglietta del Camparisoda, con la forma a tronco di cono che ricordava un calice rovesciato e inizialmente non aveva nemmeno il nome indicato – iconicità allo stato puro. Sempre in quel periodo veniva fatto un po’ di tutto, compresi alcuni volumi di racconti, illustrati anche da Sergio Tofano. Ma anche dopo la seconda guerra mondiale Campari ha continuato queste collaborazioni: il manifesto di Munari in occasione dell’apertura della metropolitana di Milano, formato solo dalla parola Campari in tante font diverse – da qui il titolo della mostra – ne è un esempio, così come i poster coloratissimi di Ugo Nespolo. Il manifesto qui a fianco mostra uno dei tanti esempi tipografici: la figura è infatti formata solo da parole.

Chi non è milanese può avere qualche informazione in più (ma non le immagini…) qua.

Tessera ATM virtuale

A metà dicembre ATM ha rinnovato la sua app e introdotto l possibilità di virtualizzare la tessera. Nonostante la mia ingravescente età, sono ancora così pazzo da provare queste novità, nonostante fosse scritto chiaramente che non si può tornare indietro e la tessera fisica resta disattivata; ma sono evidentemente troppo vecchio per comprendere le istruzioni,e dunque avevo creato una tessera full Digital anziché spostare quella fisica. Ok, era Natale, ma l’assistenza ci ha messo due settimane per cancellare la tessera virtuale e permettermi di digitalizzare la mia: direi che questo significa che ci sono ancora problemi co n la logica dell’app, vista che pensavo che sarebbe stato necessario semplicemente settare il bit “tessera attiva” a FALSE…

ci sono ancora altri problemi di gioventù, come il non poter rinnovare la tessera presa coi punti Esselunga e dovete qui di richiederne una fisica nuova. (Ma va anche detto che non riesco mai a non farne una nuova, quindi il problema potrebbe essere a monte). Ieri sera, al primo tentativo, ho perso qualche secondo per capire che dovevo cliccare sul telefono per attivare del tutto la tessera, e che non bastava averla attivata in maniera standard. Per il resto nulla di particolare, anche i controllori che ho trovato in Duomo non mi hn9cpntrollato esattamente come non mi controlla ano quando tenevo la tessera nella cover del telefono. Bisogna tenere l’app aperta (e ovviamente NFC attivo) per evitare che il telefono attivi Google Wallet o simili e faccia pagare il biglietto nonostante l’abbonamento. Però è una tessera in meno da tenere nel portafoglio, il che mi sembra una bella cosa… Ma non lo sembra ai gemelli, che nonostante abbiamo sempre il telefono in mano mi hanno guardato schifati all’idea.

(Sì,lo so che col telefono scarico uno è fregato. Basta saperlo)

Strade pericolose

l'articolo del Corriere della Sera sui masselli spostati Stamattina mentre prendevo il cappuccino con il mio collega (anzi ex collega, lui è passato in FiberCop) mi è saltato l’occhio su questo articolo del dorso milanese del Corriere. Milano ha molte strade con masselli (che non sono il pavé: quelli sono cubetti relativamente piccoli, questi sono dei parallelepiedi molto grossi). Ha anche molto traffico, e molti tram che sono mi sa ormai molto più pesanti di quelli per cui le strade erano tarate. Inoltre i lavori si fanno più o meno (più meno che più) bene. Ergo, i masselli si spostano e si rischiano incidenti.
Ma per il Corriere gli incidenti più importanti sono quelli che coinvolgono le auto, naturalmente: tre esempi su tre nei boxini a destra… Poi è vero che anche dove i masselli non ci sono le buche me le trovo comunque in bicicletta, quindi non cambia nulla. Però è chiaro il pensiero di base.

Ultimo aggiornamento: 2024-11-04 18:22

Un altro ciclista morto

Francesco Caputo è morto dopo undici giorni di coma. L’ennesimo ciclista. E
Io spesso ho dei dubbi sulle modalità di questi incidenti: per dire, quando io pedalo non mi sogno nemmeno di mettermi sulla destra a fianco di una macchina o peggio ancora di un camion fermo al semaforo: la probabilità che l’autista svolti a destra anche se non aveva la freccia è troppo alta. Ma in questo caso il ciclista è stato preso in pieno da una sportellata di uno che ha aperto la portiera dopo aver parcheggiato (dove non si poteva nemmeno, ma questo è irrilevante). E il posto lo conosco bene, visto che ci sono passato anche ieri mattina. Via Soperga (che poi sarebbe Superga, ma non puoi pretendere che a Milano sappiano il piemontese) è stretta ma non strettissima, e una macchina e una bici parallele ci passano quasi. Quindi il ciclista tende a stare troppo a destra, e il risultato è quello.
Inutile dire che io mi posiziono quasi al centro della strada: le auto aspettano.

Bici e monopattini per strada

Avevo già scritto sulle biciclette buttate per strada (stanno lentamente tornando, tra l’altro: mi chiedo se c’è gente che arriva in bici e se ne va con altri mezzi, a questo punto). A quanto pare non sono il sol a pensarci, visto l’articolo pubblicato la scorsa settimana dal dorso milanese del Corriere. Naturalmente per le aziende di bike sharing la colpa è del comune che non crea zone di parcheggio. Addirittura Dott afferma “suggeriamo di destinare anche alle biciclette i molti stalli attualmente dedicati esclusivamente ai motorini”, come se i posti per motorini fossero sempre vuoti.
Mentre posso capire che in centro occorrano aree di parcheggio apposite, perché lo spazio è poco e i mezzi sono tanti, posso garantire che in periferia qui da me di spazio ce ne sarebbe senza grossi problemi, e comunque basterebbe già non sbattere in mezzo al marciapiede bici e monopattini ma lasciarli su un lato. Ma scommettiamo che anche se facessero queste zone non ci sarebbe nessuna società che toglierebbe soldi dalla carta di credito di chi lascia il mezzo dove capita?