Bocelli, Bugliano e bietoloni

Partiamo dalla cosa per me più triste: il Senato ha ospitato un convegno dei “negazionisti del Covid”. Occhei, se guardiamo più attentamente possiamo essere più precisi e dire “un convegno autopubblicitario di Sgarbi”, ma il concetto non cambia molto. Uno degli ospiti del convegno è stato Andrea Bocelli, che dimentico dei soldi che ha avuto per il “concerto da solo” in Duomo ha candidamente affermato che «C’è stato un momento in cui mi sono sentito umiliato e offeso per la privazione della libertà di uscire di casa senza aver commesso un crimine e devo confessare pubblicamente di aver disobbedito a questo divieto che non mi sembrava giusto e salutare.», dopo avere premesso «ho cercato di analizzare la realtà e mi sono reso conto che le cose non erano così come ci venivano raccontate»; visto che lui conosce un sacco di gente, ma nessuno che fosse andato in terapia intensiva (Bocelli per sua fortuna ha avuto una forma leggera della malattia) è ovvio che è tutta una bufala. Insomma ha dimostrato la sua intelligenza. Per la cronaca, il suo social media manager deve essersi messo le mani nei capelli, visto che Bocelli ha dovuto dire “ho stato frainteso”.

Detto tutto questo, e lasciati da parte gli altri loschi figuri lì presenti, è successo che il comune di Bugliano si è subito buttato sulla notizia, postando un comunicato del sindaco Fabio Buggiani nel quale, viste le affermazioni del tenore, si ritirava la cittadinanza onoraria che gli era stata assegnata. Probabilmente sono ancora in molti a non sapere che il comune di Bugliano non esiste e che il sito è satirico; diciamo però che se il comunicato termina dicendo che per la chiave della città che gli era stata consegnata “risolveremo cambiando la serratura” magari qualche dubbio potrebbe comunque venire. Alla Nuova Padania no. Così ieri mattina è apparso un articolo, cancellato poi rapidamente ma non abbastanza da non avere una copia salvata, che riportava la notizia. Occorre però riconoscere le attenuanti generiche al povero giornalista: quella notizia non era poi tanto diversa da quelle che quei giornali riportano solitamente…

Gianrico Tedeschi

Per me, come per tanti, era la pubblicità delle caramelle Sperlari. Il bello era che Gianrico Tedeschi faceva la pubblicità come se fosse uno sketch televisivo o un pezzo teatrale, con quell’aria un po’ stralunata che non potevi non amare. Non so se è veto che cominciò a recitare nei campi di prigionia tedeschi tra gli IMI dove era finito in qualità di giovane ufficiale: sicuramente è stato uno dei nostri grandissimi teatranti.

La fatica della schwa

Sabato scorso la rubrica Buongiorno di Mattia Feltri è apparsa in pdf sul sito. (L’ho scoperto preparando questo post: in realtà sono su in montagna e per pluridecennale abitudine acquisto la Busiarda, quindi l’ho letta in cartaceo). Il motivo “di carattere tecnico”? Semplice: probabilmente per la prima volta nella prima pagina di un quotidiano a carattere nazionale, appariva – persino nel titolo! – una schwa. Il titolo in questione è infatti “Allarmi siam fascistə” e veniva preso in giro l’uso del carattere neutro suggerito su Facebook da “un’accademica della Crusca”, promuovendo sul campo l’ottima Vera Gheno.

Non ho ben capito la difficoltà di uare una schwa in una pagina web, ma comprendo il problema pratico della pronuncia. Più che altro vorrei però fare una proposta per evitare il maschile sovraesteso: introduciamo seriamente il neutro plurale in -a. Dunque avremmo “le ministra” esattamente come “le uova” (o “le terga”). Almeno per i nomi in -o/-a il problema non si pone. Riconosco che ci sono ancora margini di miglioramento: il plurale di “veggente” (che adesso è “veggenti” sia al maschile che al femminile) non può banalmente usare l’articolo “le” perché altrimenti passeremmo dal maschile sovraesteso al femminile sovraesteso. Ma non posso mica trovare le soluzioni tutte io!

La grande utilità di Immuni

La ministra Pisano ha comunicato che Immuni è stata scaricata da 4 milioni e 300mila utenti, cioè circa il 12% della popolazione tra i 14 e i 75 anni che hanno uno smartphone. Anche la ministra ha dovuto fare un passo indietro e ammettere – immagino a denti stretti – «Non ho mai detto che l’applicazione sia l’unica soluzione» ma esse «rientra in una strategia complessiva».

Diciamo che la strategia deve essere molto complessa oltre che complessiva, visto che a decidere di divulgare (anonimamente) il loro essere positivi al CoViD-19 sono stati ben in 46, mentre dal 13 al 23 luglio sono stati in 23 a essere stati avvisati di un contatto con una persona positiva. (Interessante la specifica della data iniziale: prima l’app non funzionava? Dava falsi positivi?) Possiamo dire che anche un solo contattato è un vantaggio, esattamente come possiamo dire che un qualunque oggetto non-nero e non-corvo aumenta la probabilità che tutti i corvi siano neri; ma onestamente non mi pare che questi risultati siano così eclatanti. Né è un caso che sia partita una nuova campagna di comunicazione, immagino. Mah: avrebbero dovuto aggiungere ai controlli di tracciamento anche un concorso: ogni giorno un fortunato utente vince 10000 euro. Magari costerebbe meno delle campagne di comunicazione…

I camici della famiglia Fontana

Non penso ci voglia chissà quale sfera di cristallo per prevedere che la nuova inchiesta su Attilio Fontana finirà con un nulla di fatto. Guardiamo spassionatamente i fatti. Si scopre che l’azienda del cognato del governatore lombardo – nella quale la di lui moglie ha anche un 10% di quota – ha avuto un appalto di mezzo milione di euro senza alcuna gara per fornire camici. Subito Fontana spiega che c’è stata un’incompensione, e il testo del contratto di fornitura contiene un errore di stampa: il mezzo milione è il valore, ma i camici sono stati gentilmente regalati. Solo che il cognato Fontana sa benissimo che l’azienda di famiglia se la passa male (tanto che la suddetta azienda cercherà di vendere a prezzo maggiorato a una RSA varesina i camici di quella commessa non ancora consegnati alla Regione) e quindi decide sua sponte di regalargli 250.000 euro da un suo conto svizzero personale regolarmente condonato. Nulla di segreto, tanto che scrive persino qual è la causale; solo che un solerte funzionario bancario si preoccupa di quello che appare un incongruo pagamento, lo blocca segnalandolo alle autorità preposte, e da lì la cosa arriva sui giornali e ai magistrati.

Rileggete tutta la storia, mettetevi una mano sulla coscienza, e ditemi come fa un politico a essere incriminato per aver dato soldi a un fornitore. Chiunque capisce cosa sia davvero successo, ma quella è un’altra storia. L’unica cosa che mi dispiace è che la maggior parte dei suoi elettori e molti che non lo voterebbero mai troveranno normale tutto questo…

Quizzino della domenica: Un passaggio intricato

Durante la costruzione del Quinto Valico, in una galleria ausiliaria erano stati posati quattro cavi. Il problema è che i cavi si erano aggrovigliati tutti, ed erano indistinguibili. Bob Aggiustatutto non aveva proprio voglia di sbrogliare la matassa, così pensò a un’altra possibilità: cominciò a collegare tra loro i cavi A e B e andò dall’altra parte della galleria per vedere quali delle quattro uscite chiudessero il circuito, continuando così fino a trovare tutte le associazioni. Quante volte dovrà andare avanti e indietro?

(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p462.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema da Rob Eastaway e David Wells, Mindbenders and Brainteasers (problema 41); immagine adattata da FreeSvg.org.)

Come costruire la biblioteca di Babele (libro)

Il sottotitolo di questo libro (Renato Giovannoli, Come costruire la biblioteca di Babele , Medusa 2015, pag. 118, € 14, ISBN 978-88-7698-327-6) è illuminante: “a dispetto degli errori di Borges”. La borgesiana biblioteca di Babele infatti non funziona da un punto di vista architetturale, né con la versione originale in cui le stanze esagonali avevano una sola uscita né in quella emendata alcuni anni dopo in cui le uscite sono due. (E qui Giovannoli segnala che comunque la traduzione italiana di Lucentini è errata). Il libretto è una sorta di esercizio di stile, dove sono presentate le varie soluzioni proposte negli anni per salvare capra e cavoli e infine proposta quella ideata da Tommaso, figlio di Giovannoli e architetto, che ha ingegnosamente spostato le scale a chiocciola in modo tale da permettere una fruizione totale della Biblioteca. Ho scritto “esercizio di stile” perché non credo proprio che Borges fosse interessato a verificare la consistenza della struttura da lui ideata, e quindi applicare le stesse regole con cui Perec e Queneau giocavano non ha molto senso. Però il risultato è simpatico: insomma vale la pena di leggere il libro.

Casi Covid: perché non si usano le medie mobili?

In questi giorni i casi di infezione da coronavirus per fortuna non sono molti, e non sembra che stiamo tornando alla crescita esponenziale di marzo. Certo, ci sono ancora tante preoccupazioni perché continuano a essercene, e soprattutto sembra che ora siano i giovani ad ammalarsi: non si sa se perché fanno meno prevenzione, perché gli anziani più deboli sono già morti o cos’altro.

Quello che però non capisco è lo stillicidio dei dati giornalieri. O meglio: capisco che i giornali debbano riempire lo spazio e quindi si mettono a scrivere ogni giorno “aumentati di tot / diminuiti di tot”, ma con fluttuazioni di questo tipo i numeri del giorno non servono a nulla. Sarebbe molto più utile usare la media mobile a una settimana: ogni giorno si tolgono i casi di otto giorni prima e si aggiungono quelli del giorno, dividendo per 7 il totale per avere la media sulla settimana. Una media mobile ha l’indubbio vantaggio di smussare i picchi casuali, oltre a quello di trattare automaticamente i possibili “cali del lunedì” dovuti al minor numero di tamponi effettuati nel weekend. Né è un concetto così alieno: sono somme sottrazioni e divisioni, mica formule esoteriche. E allora perché non vengono usate, se non in contesti specifici?