Casi Covid: perché non si usano le medie mobili?

In questi giorni i casi di infezione da coronavirus per fortuna non sono molti, e non sembra che stiamo tornando alla crescita esponenziale di marzo. Certo, ci sono ancora tante preoccupazioni perché continuano a essercene, e soprattutto sembra che ora siano i giovani ad ammalarsi: non si sa se perché fanno meno prevenzione, perché gli anziani più deboli sono già morti o cos’altro.

Quello che però non capisco è lo stillicidio dei dati giornalieri. O meglio: capisco che i giornali debbano riempire lo spazio e quindi si mettono a scrivere ogni giorno “aumentati di tot / diminuiti di tot”, ma con fluttuazioni di questo tipo i numeri del giorno non servono a nulla. Sarebbe molto più utile usare la media mobile a una settimana: ogni giorno si tolgono i casi di otto giorni prima e si aggiungono quelli del giorno, dividendo per 7 il totale per avere la media sulla settimana. Una media mobile ha l’indubbio vantaggio di smussare i picchi casuali, oltre a quello di trattare automaticamente i possibili “cali del lunedì” dovuti al minor numero di tamponi effettuati nel weekend. Né è un concetto così alieno: sono somme sottrazioni e divisioni, mica formule esoteriche. E allora perché non vengono usate, se non in contesti specifici?

12 pensieri su “Casi Covid: perché non si usano le medie mobili?

    1. .marioV

      da sempre, hai ragione …
      pensa che guaio che ha combinato il mio concittadino fibonacci che ha portato in europa lo 0 … o non si stava bene e meglio senza?

  1. m.fisk

    Perché la media mobile rende infinitamente più noioso il dato da comunicare giornalmente. Non dimentichiamo che il giornalismo odierno non è un servizio di informazione, bensì di intrattenimento

  2. Cristian

    mi sembra che anche chi passa i dati ai giornalisti non faccia questo sforzo, quindi forse non è solo colpa loro

  3. Mauro ( un altro )

    Sono io complottista, oppure i numeri non indicano la stessa cosa ?
    Almeno in Lombardia, fino ad un certo punto
    contagiato = una persona che arriva in ospedale ( quindi con sintomi GRAVI ) e positivo al test
    ora
    contagiato = persona positiva al test, anche andata a cercare tra i contatti di chi ha febbre o altro.
    Da quando nei dati indicano contagiati da sintomi e da screening, mi sembra che quelli con sintomi ( non si sa se lievi o gravi) siano intorno al 30% del totale dei casi comunicati.

    Sarebbe interessante sapere quanti del restante 70% sviluppa la malattia, per sapere se si può fare prevenzione o semplice contenimento

    1. .marioV

      non c’e’ alcuna uniformità e scienficità sui dati forniti ma a livello mondiale … tutto questa bailame di numeri saranno oggetto di 100a di pubblicazioni scientifiche nei prossimi anni, per chi rimarrà …

      solo leggendo quegli articoli si potranno fare valutazioni sui numeri, per ora no .. si gurdano cosi piu o meno come i numeri all’otto

  4. Bubbo Bubboni

    Mah, direi che i dati giornalieri sono utilissimi ed accuratamente selezionati, nonché rigorosamente standardizzati nella loro presentazione stupida.
    Lo stato ha l’obbligo immorale di minimizzare e i giornali sono giustamente partecipi di questo grande sforzo comunicativo.
    Quello che servirebbe è una accurata analisi degli attuali contagi ma il massimo che si può avere è “d’importazione”. Sarebbe utile capire quali attività o luoghi sono più a rischio, cosa va chiuso, cosa va fatto all’aperto, ecc. indipendentemente da chi ci perde soldi e prevedendo la possibilità che lo stato faccia almeno ogni tanto qualcosa di diverso dal dire che è sempre colpa dei furbetti della mascherina.
    Ma sommare i dati di 7 giorni o chiedersi perché il weekend a Milano riduce pesantemente il numero di nuovi casi o perché il numero di tamponi cala e anche chi ha sintomi non riesce assolutamente ad averlo… sarebbe puro allarmismo!

    1. Bubbo Bubboni

      Ahh, finalmente qualcuno ha fatto uno studio interessante, molto più significativo del solito incremento rispetto al giorno precedente o poco più https://portalcne.isciii.es/fdd/ ma non credo che arriverà in Italia neanche con titoli informativi tipo “Scienziati dicono che le tapas fanno male”.
      Chissà, magari anche altre nazioni ci proveranno, per ora ho visto info statisticamente sensate solo per l’India.

  5. Degio

    Aggiungo (andando fuori tema): perché le “classifiche” sulle regioni/nazioni con più morti/contagiati non sono fatte dividendo i dati per la popolazione?
    La cosa vale per la maggior parte delle statistiche riportate dai giornali; incidenti stradali, evasione fiscale, numero di barbieri… sempre valori assoluti… ma lo so già che Roma è più grande di Cuneo, non mi stupisco più di tanto…

  6. Marco Polimeni

    Concordo con la necessità di cambiare metodologia e tempistiche.
    Io suggerirei, però, una semplice comunicazione del totale settimanale e della percentuale di positivi sul numero di tamponi fatti. Il tutto accompagnato dal numero di ricoveri ospedalieri e tra questi di terapie intensive. Stop.
    Una delle grandi storture dell’attuale sistema sta nel fatto che il giorno x comunicano i dati di un giorno y che oltretutto nemmeno esiste: vogliamo davvero credere che tutti i laboratori di analisi d’Italia analizzino i tamponi con le stesse tempistiche? Il sottoscritto è stato sottoposto a tampone due volte: la prima di mercoledì con esito di lunedì (!), la seconda in vista del parto della mia compagna (senza nemmeno ricevere l’esito, evidentemente perché negativo) e al momento del prelievo in questa seconda occasione parlavano di tempistiche vicine a una settimana.

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