Archivi annuali: 2020

Chissà perché tutti al fiume

Stamattina mi è arrivato un messaggio da Google Search Console che mi dice che una mia pagina è “trending”. Non crediate chissà cosa: sono 27 clic medi al giorno, con un aumento di circa il 1000% :-) La cosa buffa è che il post in questione è un quizzino di due anni fa. Perché diavolo è stato ritrovato?

Ultimo aggiornamento: 2020-04-13 10:38

Padre nostro che sei all’inferno (libro)

Molti brani evangelici sono ben noti anche a chi visita le chiese solo per vedere le opere d’arte al loro interno: come si suol dire, sono entrati nell’immaginario collettivo. Eppure è ancora possibile rileggerli in modo diverso, come Paolo Scquizzato fa in questo libro (Paolo Scquizzato, Padre nostro che sei all’inferno , Effatà 2013, pag. 144, € 12, ISBN 9788874028269). Le diciotto meditazioni, su brani che vanno da una riga a un capitolo intero, vertono tutte su un assunto di partenza: l’unica cosa che Dio ci offre è il suo amore inesauribile, il che significa che la lettura che si fa di solito di un computo pene / premi è completamente errata. Gesù non aspetta che ci pentiamo per perdonarci; Lui ci perdona per primo, e se noi accettiamo questo suo perdono allora il pentimento ci verrà naturale. Scquizzato mostra anche le minuzie che spesso si perdono nella lettura, come nel discorso della montagna con la dicotomia “Venite, benedetti dal Padre mio / Via, maledetti” (il Padre non può maledire nessuno)… Diciamo che non sono parole che si sentano spesso nelle prediche.

La battaglia tra i media francesi e Google continua ancora

Ieri l’antitrust francese ha emesso una sentenza contro Google, per la ormai lunghissima storia della “snippet tax”. Come avevo raccontato a settembre, il parlamento francese aveva approvato a spron battuto una legge che recepiva la direttiva europea sul copyright; al che Google aveva risposto “ok, abbiamo implementato alcuni tag specifici. Se volete che le vostre notizie appaiano in tutto o in parte – senza che noi vi paghiamo – usate quei tag; altrimenti lasceremo solo titolo e immagine”. Gli editori francesi si sono rivolti all’antitrust segnalando un abuso di posizione dominante (mossa astuta); e in effetti se leggete il riassunto della sentenza trovate che oltre all’obbligo di trattare entro tre mesi con gli editori il pagamento si scopre che tale pagamento sarà retroattivo, evidentemente perché si ritiene che l’abuso di posizione dominante ci sia stato.

Però c’è un però. Proprio perché si parla di abuso di posizione dominante, Google sarà obbligata a istituire un sistema di rimunerazione “secondo criteri trasparenti, oggettivi, e non discriminatori”. È vero che c’è anche scritto che “né indicizzazione, né classificazione, né posizionamento dei contenuti protetti dovranno essere influenzati da e durante i negoziati”; ma Google potrebbe tranquillamente decidere di non discriminare nessuno non mostrando più le notizie, e limitandosi a pagare per l’abuso del passato. Che farà? Scommetto che Google comincerà con il bloccare temporaneamente tutto durante i negoziati, “per assicurare la sua neutralità”, forse cercherà di cavarsela finanziando qualche fondo per la digitalizzazione dei media senza dare così soldi ai singoli editori, e se non si troverà un accordo smetterà del tutto di mostrare le news o al più lascerà per tutti solo il titolo. A questo punto non si può parlare di abuso di posizione dominante, nel senso che essendoci equità di trattamento gli utenti useranno altri aggregatori. Vedremo a luglio se ho ragione.

(La cosa interessante è che se io avessi ragione e Google bloccasse le news, a lamentarsi potrebbero essere i piccoli editori…)

Il ponte sul fiume Magra

Per fortuna non ci sono stati morti, quindi si può riprendere la battuta di Gianmarco Bachi “Crollato un ponte: finalmente stiamo tornando alla normalità”. Però, guardando le immagini, mi è rimasto un dubbio. Come può un ponte collassare così da un punto di vista strutturale? Io di ingegneria non ne so nulla, anche se da bambino volevo diventare ingegnere “per costruire strade e ponti”. La mia idea naïf su cosa è successo è relativamente semplice: il ponte è costruito “a pezzi”, nel senso che ciascun pezzo poggia ai lati su due dei piloni, e poi c’è qualche tipo di aggancio in mezzo. Se un pilone si sposta e fa cascare uno dei pezzi, cominciano ad arrivare delle onde d’urto che fanno cascare i vari pezzi come fossero tessere del domino.

Peccato che – come ho scritto – io di queste cose non ne so nulla e quindi potrei sbagliarmi di grosso. Ma sono certo che qualcuno tra i miei ventun lettori ha le conoscenze necessarie e mi educerà renderà edotto. (Ho controllato prima di postare: il verbo educere, con la variante obsoleta edurre, esiste ma significa solo “estrarre”)

Ultimo aggiornamento: 2020-04-09 11:37

Quando Wikipedia non è sul pezzo

Stamattina magari avete sentito oppure letto delle dimissioni del presidente del Consiglio Europeo per la ricerca, deluso perché Bruxelles non ha voluto accettare la sua proposta di un programma paneuropeo per combattere l’infezione CoViD-19. Magari vi siete anche chiesti se – visto che il presidente in questione si chiama Mauro Ferrari – fosse italiano oppure no, e siete andati su Wikipedia a leggere qualcosa in più. Beh, io l’ho fatto: ho trovato una biografia (tendente al comunicato stampa…) ferma all’inizio del 2014, quando in un’intervista televisiva alle Jene definì Stamina come «il primo caso importante di medicina rigenerativa in Italia». Nessun cenno nemmeno alla presidenza dell ERC, nonostante la nomina fosse arrivata nell’aprile scorso; la cronologia della voce mostra a partire dalla fine del 2016 solo modifiche estetiche e tecniche. Per dire, non era nemmeno indicato il giorno di nascita: il knowledge graph di Google lo mostrava, ma immagino recuperandolo dal sito di Giorgio dell’Arti che però indica un luogo errato di nascita.

Vabbè, mi è bastato un attimo per aggiungere due righe di testo, e non molto tempo in più per trovare e inserire anche le fonti su luogo e data di nascita. Però la mancanza di quelle informazioni è un brutto segno per Wikipedia. Mi è perfettamente chiaro che la struttura stessa dell’enciclopedia non può dare garanzie di aggiornamento puntuale e generalizzato: ogni contributore fa quello che gli interessa, e pertanto nessuno si doveva arrabbiare se quando ancora c’erano i campionati i tabellini di presenze e gol delle serie minori erano aggiornati in tempo praticamente reale. Però vedere che nessuno si occupi di aggiornare l’enciclopedia con notizie che si trovano nelle homepage dei quotidiani mi fa temere che stiamo entrando nella fase “tanto c’è qualcun altro che fa le cose per me”, una china davvero pericolosa per il futuro. Intendiamoci: meglio nessuna informazione che informazioni errate, e ci sono moltissime aree di Wikipedia dove non c’è poi bisogno di aggiornamenti puntuali. Forse però tra qualche anno le biografie di molte persone viventi saranno irrimediabilmente datate, e bisognerà trovare un’altra fonte per ottenerle. (Ehm… adesso che ci penso potrebbe non essere una pessima idea! Così magari la gente smetterà di usare Wikipedia per farsi pubblicità…)

Aggiornamento: (9 aprile) Stamattina ho scoperto che ieri è stata pubblicata una nota del Consiglio Scientifico dell’ERC che afferma che dieci giorni fa il consiglio aveva chiesto all’unanimità a Ferrari di dimettersi. Bene, questa informazione era stata aggiunta nella voce Wikipedia. Le cose forse vanno meno peggio di quanto temessi.

Ultimo aggiornamento: 2020-04-09 13:29

C’è voluto il coronavirus per bloccare le catene Whatsapp!

L’anno scorso avevo commentato sul Post la notizia che Whatsapp aveva ridotto da venti a cinque il massimo numero di condivisioni di un articolo, per evitare la diffusione di bufale. Nel post avevo spiegato che una misura del genere non serviva assolutamente a nulla, perché il numero dei messaggi che si potevano spedire cresceva comunque in modo esponenziale.

Forse l’anno scorso le mie spiegazioni non erano così chiare: ma ormai siamo tutti esperti di R0 e simili, e quindi non avrete problemi ad accorgervi che l’unico modo per bloccare la diffusione delle fake news è permettere una singola condivisione. In effetti ieri Whatsapp ha deciso di ridurre a una sola le condivisioni possibili. Il comunicato ufficiale non ha il coraggio di dire esplicitamente che questa soluzione (finalmente) definitiva è dovuta alle fake news sul coronavirus, ma lo afferma tra le righe. A quanto pare non c’è nulla come una pandemia per insegnare un po’ di matematica “the hard way”…