Se dovessi dare un giudizio lapidario per questo Gigolò per caso, direi “un film di Woody Allen non girato da Allen”.
In realtà non è proprio così: si vede che la sceneggiatura di base è di John Turturro, ma è anche vero che sia l’ambientazione newyorkese che le battute di Allen ricordano quelle dei suoi film di trenta-quaranta anni fa (ma il doppiaggio di Leo Gullotta che cerca di fare l’Oreste Lionello è molto spiazzante, all’inizio ho avuto qualche mancamento). Il film è lento, ma forse sarebbe meglio dire tranquillo, e questa sicuramente è una cifra stilistica di Turturro: d’altra parte “festina lente” è persino riportato nei dialoghi. Devo dire che a me non è dispiaciuto: non sarà un capolavoro, ma è un’ora e mezzo che scorre bene con il punto clou del processo rabbinico – ah, è stato preso un consulente per le scene ebraiche chassidiche, e lo si vede: forse ha persino esagerato, tanto che mi ero stupito che mentre la vedova Avigail si stava vestendo sola in casa avesse già addosso la parrucca d’ordinanza. Come scrivevo, la calma di Turturro si fonde bene con la nevrosi di Allen con un piacevole mix; il cast femminile è interessante, come si suol dire, anche se a mio parere la Vergara è troppa ;-)
_Pinocchio nel paese dei paradossi_ (libro)
La storia di Pinocchio la conosciamo tutti, o almeno crediamo di conoscerla: se abbiamo visto il cartone animato disneyano e non abbiamo letto l’originale del Collodi forse abbiamo un’idea un po’ sbagliata. Anche nel caso di questo libro (Alessio Palmero Aprosio, Pinocchio nel paese dei paradossi : Viaggio tra le contraddizioni della logica, Sironi 2012, pag. 153, € 14, ISBN 9788851802059) il racconto non è esattamente quello che ci si aspetterebbe, anche se Mangiafuoco, il Gatto e la Volpe, la fata Turchina ci sono tutti. Ma la ragione è ben precisa: Palmero Aprosio prende la storia e la modifica un po’ per raccontare alcuni paradossi mateamtici e filosofici in una maniera che mi ha ricordato i libri di Robert Gilmore sulla fisica quantistica raccontata per mezzo della carrolliana Alice e del dickensiano Scrooge. L’italiano di matrice toscana di fine ‘800 si amalgama bene con le nuove avventure di Pinocchio, dal Comma 22 all’albergo di Hilbert, dal paradosso dei compleanni a quello del coccodrillo: inoltre ogni capitolo termina con l’angolo del Grillo Parlante (su sfondo grigino, così chi è allergico alle spiegazioni può saltarlo a prima vista) dove vengono appunto descritti i concetti tecnici inseriti. Stavo scrivendo “spiegati”, ma spesso la spiegazione completa non esiste proprio…
Chi è abituato a trattare questi paradossi non ne troverà nessuno di nuovo, anche se magari imparerà qualche curiosità, ma si divertirà comunque a leggere il libro; chi invece è a digiuno di questi temi farà un doppio affare!
(ps: fino al primo maggio, in occasione del mese della consapevolezza matematica, l’edizione in ebook è scontata, e costa solo 3,99 euro anziché 6,99. Fate come me e sfruttate l’occasione!)
_111 errori di traduzione che hanno cambiato il mondo_ (libro)
Occhei, avrei dovuto capirlo che se questo libro (Romolo Giovanni Capuano, 111 errori di traduzione che hanno cambiato il mondo, Stampa Alternativa 2013, pag. 220, €6,99) era nella collana “Eretica” qualcosa lo voleva ben dire. E in effetti vedere che il primo terzo dei 111 errori riguarda la Bibbia, con errori indubbiamente reali ma alcune arrampicate sugli specchi, è un po’ pesante. Un esempio? Barabba sarebbe una corruzione di bar Abba, quindi “il figlio del Padre”: il tutto significherebbe che in realtà gli estensori dei vangeli avrebbero sdoppiato la figura del Cristo, lasciando da una parte la parte terrorista – Capuano fa proprio una similitudine (positiva) con i terroristi palestinesi attuali – per mantenere quella edulcorata del volemose bene. Mi pare un bel po’ tirata per i capelli… La spiattellata biblica è seguita da una seconda parte di errori di traduzione dall’arabo che hanno portato ingiustamente in prigione tanti innocenti; anche questa parte sembra inserita più per ragioni politiche che altro, considerando che sono la fotocopia l’una dell’altra: non avrebbero stonato in un libro intitolato “Malagiustizia e traduzioni” ma qui sono un po’ pesanti.
Fortunatamente la seconda parte del libro, diciamo la miscellanea, è molto più ariosa e leggera: di errori, buffi o pericosi che siano, ce ne sono davvero tanti ed è interessante scoprire la loro storia, a volte diversa da quella reale: per esempio secondo capuano Kennedy non aveva fatto un errore grammaticale dicendo “ich bin ein Berliner”, anche se quella forma è meno usata di “ich bin Berliner”, e la risata che si sente nel video è per la frase successiva, dove il presidente americano ringrazia il traduttore al suo fianco per aver tradotto così bene il suo tedesco :-)
Morale del libro? Ci sono traduzioni sbagliate per dolo e traduzioni sbagliate per sbaglio; ma non mettete la croce addosso ai poveri traduttori, anche se perfino il verbo “tradurre” è frutto di una traduzione sbagliata!
Thyssen, tanto per cambiare
Come sempre, leggere le sentenze della Cassazione è interessante, ma lo è ancora di più leggere i commenti alle sentenze stesse. Intendiamoci, io non sono un avvocato (IANAL, si diceva un tempo) e anch’io indulgo in questo piacere, ma almeno cerco di evitare le trappole più banali. Prendiamo la sentenza sul rogo Thyssen-Krupp. Devo averlo scritto già qua, ma non sono mai riuscito a capire come si potesse condannare i dirigenti Thyssen per omicidio volontario. Omicidio volontario è quando imbraccio un mitra e sparo ad altezza uomo tra la folla: certo, posso essere così fortunato da non ammazzare nessuno, ma non è quello che volevo fare. Qui non penso che nessuno creda che alla Thyssen volessero un bell’incendio per risparmiare sullo smantellamento: certo, confidavano nello stellone e avevano istruito gli operai a tenere d’occhio le possibilità di incendio invece che rimettere in sesto le attrezzature di sicurezza, ma lì si parla chiaramente di omicidio colposo (è successo per colpa di quello che i dirigenti hanno fatto), a cui si può cercare di aggiungere come aggravante la colpa cosciente (e non il dolo eventuale, come mi è stato fatto notare in separata sede). La differenza tra le due aggravanti? Wikipedia la spiega bene. Nel dolo eventuale chi commette il reato prevede che l’evento si verifichi e accetta la possibilità che tale fatto si verifichi: voglio passare il posto di blocco, accelero a tutta birra, e se il poliziotto non si sposta è un suo problema. Nella colpa cosciente chi agisce prevede sì l’evento, ma è convinto che non si realizzerà: prendo una curva a tutta velocità pensando di essere un nuovo Nuvolari e invece sbando, oppure appunto lascio andare a ramengo le strutture di sicurezza dopo aver detto agli operai di tenere sempre pronto un estintore perché non si sa mai.
(poi qualcuno mi spiegherà perché il procuratore del primo grado del processo rilasci un’intervista, vero?)
Quiz per il dì di festa: qual è la tua età mentale?
Dodici domande, si può fare in fretta. Il mio risultato è 31 anni, il vostro? Provatelo qua (c’è anche la versione italiana, ma non l’ho testata)
ATM e la santificazione dei papi
Marco Mazzei segnala su Facebook come ATM abbia inaugurato una “emissione speciale” di biglietti celebranti la prossima canonizzazione dei papi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.
Io non ho nulla contro la loro canonizzazione (ci mancherebbe altro) e non ho nemmeno nulla contro questi biglietti celebrativi, il cui costo marginale è virtualmente nullo – basta che qualcuno programmi la parte da stampare. Però un dubbio in effetti mi è rimasto: perché mai Milano dovrebbe celebrare questa canonizzazione sui biglietti del tram? Avrebbe avuto senso per esempio a Bergamo, essendo stato Roncalli un bergamasco. Avrebbe avuto senso a Roma, visto che la canonizzazione è là. Ma qua a Milano non riesco proprio a trovare alcun motivo. Tanto per dire, se tra due anni facessero un’emissione speciale “Milano per i novant’anni della Regina Elisabetta II d’Inghilterra” il problema sarebbe esattamente lo stesso, mentre se adesso facessero un’emissione con la silhouette di un cestista e la scritta “Final Four 2014” (Milano ospiterà la fase finale della coppa europea di basket, per la cronaca) non ci troverei nulla di male, così come non troverei nulla di male in un’emissione per la beatificazione del cardinal Martini. Ma perché questa emissione?
e i concorsi di colpa?
Insomma Davide Vannoni e altre diciannove persone sono ufficialmente indagate per il caso Stamina, e si spera che la giustizia faccia presto il suo corso. Se volete, potete leggere le controdeduzioni di Vannoni: che non si dica che qui non vale la par condicio.
Però la storia di Stamina sarebbe finita molto, molto prima se non ci fosse stata tutta una campagna pubblicitaria a suo favore da parte della trasmissione televisiva Le Iene. Bene. Autori e protagonisti della trasmissione si sentono anche loro a posto con la coscienza, almeno fino a quando ci sarà una sentenza della Cassazione (e probabilmente anche oltre)?
chissenefrega dell’innovatività
Mi è capitato di leggere questo post di Alessandro Gilioli. Potrei già lamentarmi di un giornalista che si lamenta di quello che viene scritto su un quotidiano concorrente, ma non sono problemi miei; preferisco entrare nel merito, perché c’è una frase che proprio non mi è andata giù. Eccola qua:
«È più innovativo introdurre il recall del parlamentare da parte dei cittadini (proposta M5S integrativa del testo Chiti) o al contrario aumentare l’intermediazione tra cittadini e parlamentari (liste bloccate del’Italicum e tre quarti di parlamentari scelti dai partiti o dal Quirinale nella proposta governativa per il Senato)?»
La mia prima risposta, così di pelle, è stata “Questa è una domanda del tipo se è meglio il marcio o la muffa”. Io sono accanitamente contrario alle liste bloccate: accetto l’uninominale perché comunque il candidato ci mette la faccia, sennò va bene la preferenza singola. Ma detto questo, qualcuno con un minimo di sale in zucca ha presente cosa significa che un parlamentare (eletto con i voti di un singolo partito) possa essere sfiduciato da una votazione tra tutti i cittadini? Cosa succederebbe secondo voi se c’è un parlamentare della minoranza che non piace alla maggioranza? Capisco che una proposta del genere non possa che arrivare dai pentastellati, in effetti. Ma non è questo il vero problema.
Il vero problema è che Gilioli, retoricamente (nel senso neutro del termine), ha scelto di contrapporre le due proposte di riforma del Senato sotto il segno di “innovatività contro retroguardia”, riprendendo i termini usati dalla Stampa. Peccato che così sposti completamente i termini del problema. A me dell’innovatività o meno di una proposta non interessa assolutamente nulla, e non capisco perché l’innovatività sia un valore. Il valore dovrebbe essere dato dalla valutazione se quello di nuovo che viene proposto è meglio di quello di vecchio che c’è ora. Il problema è l’immobilismo a propri, nel senso “si fa così perché si è sempre fatto così, ed è inutile che si proponga qualcosa di nuovo perché non lo guardo proprio”. Peccato che – in Parlamento come nei blog – si preferiscano le contrapposizioni… che probabilmente fanno più audience, ma non risolvono certo i guai.