“accuriamo”

Un paio di mesi fa avevo comprato all’Ikea dei portaposate, che però sono troppo grandi per le cucine non Ikea. Dovendo tornarci, mercoledì scorso ho scritto al servizio clienti se era possibile renderli anche senza scontrino, considerando che avevo usato la carta Ikea Family. Mi arriva la risposta “la contatteremo entro 24 ore lavorative” (che non so cosa siano).
Non avendo avuto altri contatti, sabato sono andato e ho sbrigato la cosa direttamente in negozio. Stamattina sono stato chiamato al telefono dall signorina Ikea, alla quale spiego di avere fatto già tutto. La mail di conferma è stata

Accuriamo da lei di aver risolto il problema direttamente nel nostro negozio.

Che vuol dire “accariamo”?

Guai a postare link!

L’altro giorno su Repubblica (rectius, Robinson) c’è stato il ricorrente articolo che mette in guardia l’ignaro lettore dal pericolo di postare (caterve di) foto dei propri figli. Per la cronaca, l’autore dell’articolo, Vittorio Lingiardi, è professore ordinario di psicologia dinamica. Chi mi conosce sa che io non posto praticamente mai le foto dei miei gemelli, e quando le faccio li riprendo di schiena e soprattutto in situazioni di cui in futuro non avranno nulla da preoccuparsi: quando saranno maggiorenni, poi saranno affari loro come gestirsi. Insomma, non ho nulla da dire sulla tesi dell’articolo: ma sul contenuto sì.

Troviamo frasi come queste: «Come documenta il New York Times, cresce il numero dei bambini e degli adolescenti che, risentiti per la violazione della loro privacy, hanno deciso di affrontare i genitori.» «Intervistata sul Guardian, una mamma dice che pubblica le foto dei suoi bambini per “dimostrare di essere una brava mamma”.» «Ho letto che, secondo uno studio condotto nel 2015 dall’associazione inglese Parent Zone, un bambino attorno ai 5 anni è già protagonista di almeno mille foto postate dai genitori.» «La Francia è corsa ai ripari, con una legge sulla privacy che consente ai figli, una volta adulti, di denunciare i genitori per avere condiviso immagini in rete senza il loro permesso.» Cos’hanno in comune queste frasi? Semplice: non hanno nessun link.

Non ho dubbi che Lingiardi quei siti li abbia letti o almeno scorsi. Ho anche presente che Robinson esce (anche) su carta, dove si fa più fatica a mettere i link. Ma continuo a trovare inqualificabile che nella versione in rete questi link non ci siano. Sarà magari vero che il 90% dei lettori tanto non saprebbe leggere articoli in una lingua diversa dall’italiano, e che non è difficile per i cognoscenti trovare i link (uno, tre, quattro; mi manca l’articolo del Guardian). Ma questo non significa nulla. Scopo di un giornale dovrebbe anche essere quello di fare da punto di partenza per successivi approfondimenti: da noi questo è impossibile.

Quizzino della domenica: Pitagora

Pitagora si è trovato per le mani due quadrati, di lato uno doppio dell’altro come si vede in figura. Vuole dividere ciascuno di essi in quattro parti identiche e riassemblare gli otto pezzi ottenuti per formare un unico quadrato. Come può riuscirci?



(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p397.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema di Serhiy e Peter Grabarchuk, da WSJ Brain Games.)

_Superintelligenza_ (ebook)

Nick Bostrom è un filosofo. I filosofi contemporanei – o almeno quelli con cui ho indirettamente avuto a che fare – sono per l’appunto contemporanei, e quindi si occupano dei problemi classici in modo completamente diverso da quanto si facesse in passato. Il tema di questo libro (Nick Bostrom, Superintelligenza : Tendenze, pericoli, strategie [Superintelligence], Bollati Boringhieri 2018 [2014, 2015], pag. 522, € 9,99 (cartaceo: 28), ISBN 9788833930176, trad. Simonetta Frediani, link Amazon) è la superintelligenza, cioè la creazione di un sistema che sia molto più intelligente di noi esseri umani. Bostrom lavora in maniera sistematica: prima mostra tutti i modi in cui si potrebbe creare una superintelligenza (non solo con l’intelligenza artificiale, potrebbe anche essere un sistema integrato uomini-macchine) e descrive le varie possibilità di “decollo”, cioè il tempo che servirebbe al raggiungimento della singolarità; poi si preoccupa di tutto quello che potrebbe andare male (tante, tantissime cose). Diciamo che la lettura ogni tanto fa venire i brividi… Buona la traduzione di Simonetta Frediani.

La voce di Salvini

Stamattina il GR di RadioPop è cominciato facendo sentire un pezzetto della registrazione del comizio pescarese dove Matteo Salvini spiegava ai parlamentari che dovevano dargli pieni poteri. Non l’avevo mai ascoltato: posso dire una cosa? Ha una voce incredibilmente bolsa.

ebook e biblioteche (USA)

Leggo via hookii che negli USA le biblioteche hanno notevoli problemi con gli ebook, nel senso che i cinque grandi gruppi editoriali internazionali stanno ponendo condizioni capestro. L’ultimo caso è quello di Macmillan, che vieta alle biblioteche di acquistare più di una copia di un nuovo libro nei primi due mesi dalla sua uscita. Posso capire la ragione di questo embargo, anche se mi parrebbe più logico definire un numero massimo di copie proporzionale al numero di utenti della biblioteca. Già mi risulta più difficile capire perché una biblioteca debba pagare un ebook più di un comune utente (sempre Macmillan fa pagare la prima copia 30 dollari, e quelle ulteriori dopo la fine dell’embargo 60 dollari cadauna). Ma quello che ritengo inammissibile è che questi ebook non hanno una licenza perpetua (per la biblioteca, non per chi li prende in prestito), ma limitata: tipicamente due anni, ma HarperCollins prevede un numero massimo di 26 prestiti.

Immagino che i gruppi editoriali si giustificheranno dicendo che devono tutelare i propri autori (e incidentalmente i propri interessi). Ed è vero che – anche se per noi lettori un libro e un ebook sembrano essere la stessa cosa, sempre testo e figure sono – essi sono molto diversi da un punto di vista logico. Un libro cartaceo è una risorsa implicitamente limitata, nel senso che se io ho una copia di quel libro tu non puoi avere quella copia lì; inoltre copiarlo è costoso. Con l’ebook il costo marginale di fare una copia è pari a zero a tutti gli effetti, e quindi occorre limitare esplicitamente la risorsa con i DRM. Ci sono poi altre differenze per così dire contrattuali: un libro cartaceo lo compriamo e poi possiamo farne quello che vogliamo, un ebook lo prendiamo in licenza, proprio come il software, e quindi non è in realtà nostro. Ricordate il caso di Amazon che aveva cancellato dai Kindle degli acquirenti alcuni libri? (Ironicamente erano quelli di George Orwell). Ma detto tutto questo, se passa il concetto che una biblioteca ha un minore diritto sugli ebook non ci vorrà molto a dire che la stessa cosa vale per i libri di carta. Dal punto di vista del prestito agli utenti, infatti, la situazione non cambia. Certo, è molto più facile avere una licenza che scade automaticamente: ma come da noi ci sono gli omini SIAE che vanno a verificare se è stato preparato il borderò per la festa aperta al pubblico ci potrebbero essere altri omini che vanno in giro per biblioteche per scoprire le ignobili violazioni. Non una bella cosa.

In Italia, a quanto ne so, la situazione è migliore: abbiamo MLOL che è una società privata che fa da intermediatore, e almeno a quanto ne so io non ci sono di queste limitazioni, anche se non ho conoscenze di prima mano. Ma non si sa mai cosa potrà succedere in futuro… Tenete insomma gli occhi aperti!

TAV: eppur si moziona

(Sì, siamo in estate, e quindi scrivo cose leggere… nel senso che non devo pensarci su molto. Non ho ben capito come mai il mio concetto di “leggero” viri verso la politica: probabilmente perché tanto non mi pare che nessun politico in realtà pensi quando parla)

Non riesco a capire tutto questo berciare sulla crisi di governo praticamente imminente dopo il voto sulle mozioni TAV. Se invece che leggere i proclami dei vari esponenti di primo e secondo piano ci mettiamo a leggere i fatti, noteremo subito che M5S non ha chiesto un voto di fiducia, ma ha presentato una mozione parlamentare. Qual è il valore legislativo di una mozione parlamentare? Nessuno. Il governo può di per sé fare quello che vuole. In pratica i pentastellati volevano semplicemente compattarsi nei confronti del loro (sempre più ridotto) elettorato, stando però bene attenti a non ottenere nulla di irreparabile. D’altra parte è quello che hanno sempre fatto in quest’anno abbondante: tanti bei proclami, lasciando che però l’iter andasse tranquillamente avanti. Insomma, il solito teatrino.

Le distanze torinesi

Il comune di Torino pare abbia scoperto l’acqua calda: se i tram fanno meno fermate, ci mettono meno tempo da un capolinea all’altro e quindi possono fare più corse.

Non entro nel merito se 500 metri tra una fermata e l’altra siano troppi oppure no, però non posso non commentare l’assessora ai Trasporti Maria Lapietra che “spiega «Di fatto, con una distanza massima tra una fermata e l’altra di 500 metri, ogni cittadino avrà una fermata del bus o del tram a meno di 250 metri di distanza “da casa”». Immagino che un qualunque ragazzino un po’ sveglio comprenda che se il percorso del tram è rettilineo l’affermazione di Lapietra sia corretta solo nel caso in cui il cittadino abiti lungo il percorso del tram, o più precisamente all’interno dei due cerchi di raggio 250 metri centrati sulle fermate: altrimenti nisba. Ho fatto anche un disegnino per sicurezza, e sapete bene quanto mi costi fare disegnini :-) La mia domanda è semplice: l’assessora si rende conto di quello che ha detto, oppure no?