Archivi annuali: 2022

niente registrazioni delle chiamate

Ho scoperto che dalla prossima settimana Google bloccherà la registrazione delle telefonate da parte di app di terze parti, rendendolo quindi impossibile in pratica per il mio Note9 (che non ha registrzione nativa). Se preferite leggere la cosa dal punto di vista di Google, viene tolto il loophole che permetteva ancora di farlo con Android 10 o successivi, dopo che Mountain View aveva già eliminato la possibilità ufficiale.

So bene che registrare una telefonata senza il consenso dell’interlocutore è illegale. Ma non avrei nessun problema a chiedere il consenso (e immaginare che il tipico interlocutore a cui lo chieda butta giù la chiamata…). Però Google non mi permetterà di farlo.

Pensavate che la direttiva copyright fosse ormai stabilita?

Su Valigia Blu, Bruno Saetta spiega la decisione della Corte di Giustizia europea su una richiesta da parte della Polonia (fatta nel 2019…) a proposito dell’articolo 17 dell’ormai famosa direttiva copyright. La Polonia chiedeva che fossero abolite le norme per cui i fornitori di servizi digitali devono attivarsi per fare in modo che nei loro servizi non siano disponibili opere in violazione dei diritti d’autore, o in subordine, se queswto non fosse tecnicamente possibile perché l’articolo non sarebbe rimasto in piedi, abolire tutto l’articolo. La ragione della richiesta era semplice: per controllare preventivamente tutto il materiale postato dagli utenti, i fornitori di servizi sarebbero stato costretti ad applicare sistemi di filtraggio automatico, cosa che sarebbe andata contro il diritto alla libertà di espressione e di informazione degli utenti.

La Corte di Giustizia europea ha respinto la richiesta, e quindi le cose restano come ora. È però importante capire come ha giustificato la sua decisione, perché si scoprono molte cose. Innanzitutto, il filtraggio preventivo è in effetti una limitazione al diritto alla libertà di espressione e di informazione degli utenti; quello che fa la direttiva è trovare un punto di compromesso tra questi diritti fondamentali e quelli dei proprietari dei contenuti. Attenzione: diritti dei proprietari, non degli autori! Saetta ricorda tra l’altro che se le aziende del copyright ci tengono a precisare che anche loro difendono i diritti fondamentali – un caro saluto a Enzo Mazza, già che ci sono… – il relatore ONU per i diritti culturali ha fatto presente che nel campo della proprietà intellettuale i diritti fondamentali sono solo i diritti morali, vale a dire affermare che l’opera è mia. E questi diritti, a differenza di quelli economici, non sono trasmissibili.

La seconda cosa da notare è che proprio perché si afferma che c’è una limitazione ai diritti degli utenti si ammette implicitamente che il filtraggio automatico è imposto dalla direttiva: altrimenti il problema non si porrebbe. Eppure, come leggete per esempio qui, l’ineffabile relatore Axel Voss aveva twittato dicendo che questo era una falsità e che quindi non ci fosse più motivo per non approvare la direttiva. (Come? il tweet originale non esiste più? Ah, signora mia, che vergogna! Non ci si può fidare di nessuno!) Vabbè, ma tanto questo lo sapevamo già.

Seguono infine i paletti (o se preferite, le garanzie) a tutela degli utenti finali: dalle segnalazioni dei titolari dei diritti che devono essere circostanziate (insomma, non basta dire “avete roba mia”) al non dover bloccare i contenuti leciti (e una parodia è un contenuto lecito) a un meccanismo di reclamo funzionante se qualcuno cancella del materiale che riteniamo essere lecito. Ma soprattutto, i fornitori non hanno alcun obbligo di sorveglianza generale dei contenuti immessi dagli utenti. Non sono loro a dover giudicare se un contenuto è stato caricato illegalmente, ma i giudici.

Il tutto funzionerà? Probabilmente no. Quello che pare certo è che al momento le uniche implementazioni della direttiva che rispettano questi principi sono l’austriaca e la tedesca. Quella italiana no, ma non lo sono neppure la francese e la spagnola che pure dicevano di essere stati bravissimi. Aspettatevi altri ricorsi…

Quizzino della domenica: L’antropologa

Un’antropologa è giunta nell’isola di Smullyan, dove ci sono le tribù dei cavalieri (che dicono sempre la verità) e dei furfanti (che mentono sempre). Un gruppo di loro si è posizionato in cerchio intorno a lei, che ha poi chiesto a ciascuno di loro di che tribù è il loro vicino di destra. Dalle loro risposte è stata in grado di capire qual era la percentuale dei membri di ciascuna tribù in quel gruppo. Qual è questa percentuale?

cerchio
(trovate un aiutino sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p579.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema da Peter Winkler, Mathematical Puzzles, “Natives in a Circle”; immagine di GDJ, da OpenClipart.org.)


Senza distinzione (libro)

Anche Stefano Bartezzaghi sceglie di entrare nell’agone delle distinzioni più o meno artificiali nella lingua italiana: e lo fa a modo suo in questo libretto. L’introduzione riprende il suo vecchio testo “Mater ignota” pubblicato sulla rubrica Lessico e Nuvole il 3 maggio 2006, e che mostrava un tormentone con un insieme di parole che applicate ai maschi avevano in certo senso e messe al femminile si traducevano sempre – absit iniuria verbis – in “una mignotta”. Da lì prende il via una disamina del terzo articolo della Costituzione, che comincia affermando «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, […]» Cominciando con la parte apparentemente più semplice, Bartezzaghi fa notare che anche se si espungesse dal testo la parola “razza” non è che il razzismo sparirebbe. (Lui lo dice meglio di me e lo spiega anche dal punto di vista semiotico.) Ma più in generale, spiega, la lingua è fatta da distinzioni, che possono essere neutre oppure diventare oppositive, e caricarsi di valori morali: si parla di assiologia. Insomma, se non ho capito male, limitarsi a cambiare le parole senza considerare tutto quello che c’è dietro di esse non porterà mai a grandi risultati…

(Stefano Bartezzaghi, Senza distinzione : Di sesso, di razza, di lingua, People 2022, pag. 144, € 15, ISBN 9791259790279 )
Voto: 4/5

Sanno troppo di me

Stamattina mi è squillato il telefono. Mittente: 3459042464, che mi è segnalato come “sospetto spam”. Faccio un sospiro e rispondo (in realtà faccio partire la chiamata ma non parlo. E mannaggia a me che mi dimentico sempre di registrare). Dopo un po’ una voce con un forte accento straniero mi dice di chiamarsi Amanda e c’è una roba di credito che mi riguarda. Io rispondo “impossibile, lei non sa nemmeno chi io sia”. Un secondo di pausa e risponde “Lei è Maurizio”. Stavolta sto zitto un secondo io, e poi continuo “Ah, tanto non ho nessun capitale, magari ne avessi”: Amanda però aveva già buttato giù la chiamata.

Quello che mi preoccupa è ovviamente che al mio numero di telefono sia associato il mio nome, e chissà da dove è arrivato…

Ultimo aggiornamento: 2022-04-29 14:53

Misteri misteriosi

Da questo blog è possibile inviarmi un messaggio. Non che me ne arrivino molti, ma ogni tanto qualcuno mi scrive: tipicamente ho un messaggio o due al mese. Ieri sera invece me ne sono arrivati ben due. Il primo parlava di racconti e di Fantamatematica. Il secondo, dal titolo “Caffè fidel”, è questo (copio verbatim):

Mi è stato detto che il caffè ex fidel è identico al Vs caffè smart :beh non è assolutamente vero .naturalmente il caffè smart oltre a costare di più fa proprio schifo .assaggiatelo ,fate un confronto e sentirete che differenza.NON COMPRERO PIU DA VOI IL CAFFÈ

Ho davvero molte difficoltà a capire come sia possibile che qualcuno pensi che questo blogghettino sia degli eredi Caprotti.

tentativo di sondaggio

Ieri sera alle 20 sono stago chiamato da un numwro che il mio furbofono indica come “sospetto spam”. Rispondo. Un tipo si presenta come Ipsos, e dice che deve fare un sondaggio sull’ascolto della radio. Gli chiedo quando sarebbe durato (essendo io fortunello, la sera avrei avuto una riunione di condominio) e mi risponde “meno di mezz’ora”. “Venti minuti?” “Boh, dipende da quante radio ascolta”. Alla fine, per non sprecare tempo, dico che va bene. Il tipo mi snocciola tutto il pippone privacy, mi chiede se io o qualcuno della mia famiglia lavora nel campo dei sondaggi o della radio, e parte con le domande di profilazione. Una volta arrivato alla residenza e scoperto che sto a Milano, mi dice “un attimo che guardo la coda… no, è chiusa. Niente da fare. Arrivederci.”

Insomma non potrò aumentare lo share percepito di Radio Popolare :( Per quel poco che so io di statistica, immagino che la mia demografica fosse già piena. Però mi pare strano…

Anagrammi che non lo sono

Capisco perfettamente che non si può parlare solo e unicamente della guerra in Ucraina. Però forse Repubblica poteva evitare di dedicare un articolo al libro di Carlo Gaudio, che non contento di essere primario di cardiologia alla Sapienza ha una carriera parallela di scrittore. Nella sua ultima opera, L’urlo di Moro, pare ci spieghi con dovizie di particolari che nelle prime lettere scritte da Aldo Moro durante la sua prigionia avremmo potuto scoprire dove era detenuto: bastava anagrammare alcune frasi. Così per esempio la frase “Che io mi trovo sotto un dominio pieno ed incontrollato” diventa “E io so che mi trovo dentro il p.o uno di Montalcini n.o otto”, mentre “Io poso gli occhi dove tu sai e vorrei che non dovesse mai finire” sarebbe “O forse che io dovevo essere chiuso prigione di via Montalcini”.

Non che ci sia qualcosa di male nel pensare che Moro abbia cercato di inviare messaggi in codice. Peccato però che dovremmo immaginare che sapesse dove si trovava (evidentemente si era guardato in giro mentre lo portavano nel primo covo, oppure qualche brigatista si è lasciato scappare un “certo che un covo come questo di via Montalcini 8 fa proprio schifo”…). Ma soprattutto di anagrammi di un’intera frase ce ne sono così tanti che con un po’ di pazienza, e soprattutto lavorando a posteriori, si può trovare davvero di tutto. Senza scomodare Bartezzaghi, ricordo che la frase di Galileo SMAISMRMILMEPOETALEUMIBUNENUGTTAURIAS, che lo scienziato pisano scrisse come anagramma di ALTISSIMUM PLANETAM TERGEMINUM OBSERVAVI (“Ho osservato il pianeta più alto trigemino”: data la bassa risoluzione del suo telescopio, credette che Saturno avesse due satelliti anziché gli anelli), fu letto da Keplero come SALVE UMBISTINEUM GEMINATUM MARTIA PROLES (“Salve, prole di Marte, gemelli furiosi”).

Non essendo Moro uno stupido, insomma, non avrebbe mai pensato di inviare informazioni per mezzo di un anagramma: se davvero sapeva dove si trovava, sarebbe stato molto più sensato usare un acrostico, magari preceduto da un’espressione che sua moglie avrebbe immediatamnte trovato strana, tipo un vezzeggiativo sbagliato. Scervellarsi per tirare fuori un anagramma più o meno sensato può al più andare bene nella trama di un romanzo alla Dan Brown…