Non è mai stato un mio problema, non avendo io fatto carriera accademica: ma la pubblicazione su una rivista scientifica di un articolo non è un processo semplice. Uno scrive l’articolo, lo manda a una rivista, che a sua volta lo manda a un certo numero di altri ricercatori in quel campo (i peer reviewer) che lo leggono e decidono se va bene – quasi mai, almeno nella forma originale. A questo punto, se comunque l’articolo è ritenuto interessante, c’è un ping pong con l’autore che modifica il testo per rispondere alle richieste dei peer reviewer e questi che rileggono. Alla fine l’articolo viene sperabilmente pubblicato.
In tutto questo non ho mai parlato di soldi. Il modello classico è che i peer review non beccano un centesimo, l autore non becca un centesimo e l’editore si fa i soldi vendendo a carissimo prezzo la rivista, tipicamente alle università che devono pagare il pizzo per avere la speranza che gli articoli dei propri ricercatori vengano accettati. Di editori ce ne sono tantissimi, ma quelli davvero importanti sono tre o quattro; pubblicare su altre riviste conta poco o nulla. La situazione è abbastanza insostenibile, tanto che almeno per le materie scientifiche in pratica si tende a saltare il passo della peer review e pubblicare direttamente su arXiv che è un gigantesco archivio elettronico. In fin dei conti, in matematica per esempio chiunque (ehm…) può verificare i risultati, se ne ha voglia.
Un’altra possibilità di cui si parla da un pezzo è l’Open Access, dove gli articoli sono liberamente scaricabili dagli interessati. E quindi come funzionano le cose? Che sono gli autori, o le istituzioni dove lavorano, a dover pagare per avere il privilegio di essere pubblicati. Dopo Elsevier, è arrivata anche Springer: ecco dunque che Nature annuncia pomposamente e gioiosamente che dal 2021 avrà un bellissimo sistema Open Access. L’autore dovrà semplicemente pagare 9500 euro ($11390, £8290) per pubblicare un articolo. O se preferisce, prima del processo di peer review l’autore dovrà pagare 2190 € “non-refundable”, insomma a fondo perduto; se accettano il paper bene, altrimenti ciao ciao e amici come prima. I quasi diecimila euro sono molto più alti di quanto richiesti da altre riviste, “ma volete mettere il prestigio di pubblicare su Nature? E poi comunque un po’ di sconto per le riviste meno blasonate nel nostro portfolio possiamo anche concedeverlo”.
Insomma, non c’è solo il problema degli scienziati che pur di contendersi un posticino in tivù si mettono a sparare le peggio idiozie. È tutto il mondo della ricerca scientifica che non funziona più.
Aggiornamento: (17:30) Avevo scritto che i 2190 euro erano in aggiunta ai 9500 euro, ma come mi hanno fatto notare nei commenti in realtà quelle tariffe dovrebbero essere in alternativa; inoltre dovrebbero restare le riviste a closed access.
Ultimo aggiornamento: 2020-11-26 18:59