lo spam ai tempi del coronavirus

Stanno arrivando dal 26 febbraio su una delle mie caselle honeypot (nel caso vi chiedeste come mai ho lasciato leggibile l’email: tra l’altro non è nemmeno possibile accederci via web)))

Per i curiosi, i link sono a spenserlocito.com (a un php che non provo nemmeno ad aprire), ma la cosa buffa è che ci sono cinque messaggi diversi con UUID diversi. È come se quel sito subappaltasse il phishing a chi paga.

Statistiche del sito per febbraio 2020

D’accordo, febbraio quest’anno aveva ben 29 giorni: ma questo non spiega come mai il mio sito abbia superato le 30000 visite mensili. Più precisamente, ci sono stati 31.429 visitatori diversi per 57.126 visite, le pagine accedute sono state 100.366 e gli accessi 269.051. Il top di visite è stato il 24 gennaio, con 2521 (così ad occhio colpa dell'”iscrizione subordinata” di cinque anni fa…), ma dodici giorni hanno superato le 2000 visite e la media è di 1969. La top 5? Al solito, di roba vecchia per la maggior parte.

  1. Eupnoico: 1.574 visite
  2. Iscrizione subordinata: 567 visite
  3. Centro operativo postale: 363 visite
  4. Codice bianco all’Ikea: 337 visite
  5. Marco Burzio: 337 visite

Il romanaccio ha 704 accessi, gli accordi musicali 507, e la lista dei carnevali della matematica 583. La stringa strana “gli accordi della fisarmonica devono esere della stessa nota della tastiera” ha avuto nove hit…

Sessanta milioni di statistici

È ben noto che noi italiani siamo pronti a esprimere il nostro giudizio “informato” su qualunque argomento i media portino alla nostra attenzione. Quindi non mi stupisce che con il coronavirus siamo diventati tutti virologi. Quello che però mi lascia perplesso è sentire la gente discettare sulle curve di contagio, sparando modelli più o meno a caso senza considerare che i dati che abbiamo a disposizione sono ancora relativamente scarsi e soprattutto non coerenti: raccontavo sul Post di un picco cinese legato a un cambiamento di metodologia. Però possiamo vedere il bicchiere mezzo pieno: forse la paura del contagio fa ridurre un po’ quella dei numeri :-)

(Se volete un articolo chiaro, vi consiglio quello di Paolo Giordano di qualche giorno fa: è molto più bravo a fare il divulgatore che lo scrittore, secondo me…)

Quizzino della domenica: trova l’area

Nella figura qui sotto vedete un quarto di cerchio con all’interno un cerchio tangente a un raggio. Il segmento che la tangente parallela forma con il quarto di cerchio è lungo 12. Quanto vale l’area colorata? (quarto di cerchio meno cerchio più piccolo)



(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p436.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema di Catriona Shearer.)

Tout se tient

Nel mio socialino di nicchia è stato riportato un tweet di @xjokerscars: “Le strade del signore sono infinite ma quelli di Codogno le hanno percorse tutte.” Leggendolo, mi è venuto in mente che Santa Maria Francesca Cabrini, patrona degli emigranti (tanto che le è dedicata la Stazione Centrale di Milano) fondò la sua congregazione… a Codogno. Visto che tutto torna?

_La società calcolabile e i big data_ (ebook)

Tra i tanti libri che parlano di algoritmi dal punto di vista sociale, questo (Domenico Talia, La società calcolabile e i big data : Algoritmi e persone nel mondo digitale, Rubbetino 2018, pag. 128, € 6,99 (cartaceo: 13), ISBN 9788849853995) presenta degli spunti interessanti, soprattutto nella prima parte che va un po’ al di fuori del pensiero mainstream (che, aggiungo io, è di solito portato avanti da persone che non solo hanno un background diverso ma non pensano nemmeno di provare a vedere cosa c’è d’altro.) Peccato che la seconda parte, che così ad occhio riprende post scritti in occasioni diverse, non sia stata rivista per riunire i testi in un unicum che scorresse; leggendo, mi sembrava spesso di ritornare al punto di partenza. Resta comunque un’utile lettura per ampliare i propri orizzonti.

Gli assistenti vocali e il primo soccorso

Grazie agli amici di LSDI ho scoperto questo articolo di Mashable che riporta una ricerca dell’università dell’Alberta su quanto gli assistenti vocali “funzionino” nel caso di richieste legate al primo soccorso. Spoiler: non funzionano. Dei quattro sistemi testati, due non riuscivano nemmeno a capire le domande poste: gli altri due le comprendevano nel 90% dei casi, ma davano risposte sensate una volta su due.

Oggettivamente non mi sarei aspettato molto di diverso, almeno nel caso dei due assistenti meno peggiori: per gli altri due c’è effettivamente un problema, come quando alla domanda “voglio morire” la risposta è stata “come posso aiutarti?”. Il problema è che dovrebbe essere ovvio che gli assistenti non “sanno” nulla: al più sanno dove cercare le informazioni, e spesso la fonte è Wikipedia (o sperabilmente Wikidata, che ha informazioni più facilmente digeribili da una macchina). Qual è la probabilità che – per quanta cura ci si possa mettere – le informazioni sul primo soccorso ivi presenti siano valide? Ben poco. Basta vedere che già il triage ospedaliero, fatto da esseri umani qualificati, non sempre ci azzecca. Perché un assistente vocale possa dare risultati decenti occorre (a) che qualcuno metta su da qualche parte informazioni buone, coerenti e “macchinizzabili”, e (b) che chi programma gli assistenti vocali li faccia puntare a quella fonte quando si riconosce il campo d’azione. Io sono abbastanza convinto che chi fa il software di cui al punto (b) queste cose le sappia abbastanza bene, e non è certo un caso che sempre l’articolo riporta come quelli di Amazon abbiano chiesto lumi su come si potrebbe fare meglio; ma resta il punto di partenza che non si possono fare le nozze con i fichi secchi, e soprattutto che non è che pubblicizzi il tuo assistente vocale per mostrare come è bravo a suggerirti di chiamare il 112. Per quello basta il Salvavita Beghelli…