certe cose non cambiano mai

Oggi sono finalmente scappato dal telelavoro a casa (impossibile con due dieciemezzenni tra i piedi) e sono andato in ufficio. Il traffico non è che poi sia così ridotto, tranne ovviamente che davanti alle scuole: ho come il sospetto che ci sia più gente che vada in ufficio in auto per non infettarsi in metropolitana. Quello che sicuramente non cambia è trovarsi gli scooter che percorrono la finta ciclabile di viale Marche. Continuo a pensare che una telecamera per fare multe si ripaga in due giorni.

L’autoisolamento cinese

La cosa che mi ha fatto più specie facendo una passeggiata nella mia zona – che oltre che essere multietnica in genere ha un’ampia comunità cinese, pur senza arrivare ai livelli di via Paolo Sarpi – è la quantità di negozi cinesi chiusi: soprattutto bar, ma anche parrucchieri. Alcuni hanno lasciato un cartello scrivendo che stavano disinfestando i locali o semplicemente chiudevano per solidarietà; altri avevano semplicemente le saracinesche giù. Non so se lo fanno perché non entrava più nessuno a consumare oppure perché hanno paura che qualche esagitato entri e spacchi tutto.

Eppure se ci si pensa un attimo gli infetti sono tutti italiani. Certo, ci saranno sempre i complottisti che diranno “ovvio: proprio come i cinesi non muoiono mai stanno nascondendo i loro malati”. Ma non credo siano in così tanti a crederlo davvero: più semplicemente si va avanti bovinamente con l’idea “colpa dei cinesi” (che poi è quello che il resto del mondo sta facendo con “colpa degli italiani”, ma di questo non ci si accorge mica). Ad ogni modo politica e stampa hanno soffiato sul fuoco, ora si sono accorti che hanno esagerato e stanno cercando di smorzare i toni, ma naturalmente non ce la fanno. Come capita spesso, un bel risultato.

L’apocalisse all’italiana

Questa foto l’ho scattata ieri pomeriggio intorno alle 15:30 all’Esselunga di viale Zara. Ero di fretta e dovevo prendere solo due cose fresche (con assortimento completo, vedere che c’era l’insalata confezionata il giorno prima mi ha fatto scendere una lacrimuccia di gioia), quindi non ho fatto un controllo a tappeto: posso dire che i due scaffali vuoti erano questo con pelati, salse di pomodoro e simili e quello della pasta – non ho verificato se le penne lisce fossero rimaste o no.

Non c’è poi molto di strano che dopo la calata degli assediati di domenica questi prodotti non siano ancora stati riassortiti: sono tutti a lunga durata, e quindi il rifornimento di solito viene fatto con più calma. Però mi fa ridere che manchino pasta e sugo di pomodoro. Siamo proprio italiani.

Sono finalmente su Wikidata :-)

Come i miei lettori sanno, io sono una persona borderline. No, non nel senso di essere ai limiti del patologico – o almeno non solo così – ma in quello di essere sufficiementemente importante per avere una voce su di me in Wikipedia, in qualità di saggista. Si potrebbe discutere se le recensioni dei miei libri che sono apparse sui grandi quotidiani italiani siano sufficienti o no: ma il fatto stesso che io sia la “voce” di Wikimedia Italia fa sì che sia meglio evitare conflitti di interessi e stare al di fuori dell’enciclopedia. Tanto se qualcuno ha bisogno di avere informazioni su di me le trova lo stesso.

Però esiste anche Wikidata, che è la base dati nata per conservare tutte le informazioni che potranno poi essere usate nei progetti Wikimedia ma non solo. Wikidata non è molto noto, ma la sua importanza è fondamentale. Bene: finalmente c’è un’entry su di me in Wikidata. Non che uno se ne faccia molto, ma volete mettere?

Grande prova democratica

Stamattina mi è timidamente spuntata in mezzo al flusso isterico sul coronavirus la notizia che ieri ci sono state elezioni suppletive a Napoli, indette a causa della morte di un senatore.
Non è per me importante chi ha vinto. Quello che mi ha lasciato basito è il dato dell’affluenza: il 9,52%. A Napoli non c’era nessun avviso legato a pandemie o simili. Sì, c’era Carnevale, ma non credo che si vada a fare le sfilate a duecento chilometri di distanza. In definitiva, questa è la consacrazione della fine della democrazia, rimpiazzata dall’oclocrazia: se non si parla al popolo bue a reti unificate, non gliene può fregare nulla a nessuno. A pensarci bene potremmo però sfruttare questo scollamento, cominciando con uno stillicidio di suppletive :-)

Chiedere un duplicato della tessera sanitaria

Giovedì, andando in farmacia, mi accorgo non avere più la tessera sanitaria con me. Nel pomeriggio ho provato a vedere se l’avevo dimenticata in SpazioRegione: anche alle 17:50 era vuoto, ma la tessera non c’era. Mi è venuto in mente che avevo copiato i dati della tessera e magari non l’avevo rimessa a posto: ma a casa non c’era. Alla fine venerdì mattina ho scoperto che era sotto la mia solita serie di cartacce sulla scrivania dell’ufficio. Ma non è questo che volevo raccontarvi.

Ho scoperto che – ammesso di avere un’identità digitale, o almeno essere iscritti al sito dell’Agenzia delle Entrate – è possibile richiedere un duplicato online, senza dover andare nel girone dantesco dell’ASL. L’unica cosa che mi lascia perplesso è che “È possibile effettuare on-line una sola richiesta di duplicato per la stessa persona nel medesimo anno solare.” Se mi dicessero “hai perso la tessera? bene. Paga 10/20 euro e ti diamo il duplicato” non direi nulla, ma così non pare. E il pagamento può anche essere fatto online, tra l’altro. Perché allora questo limite?