Ancora sull’aspettativa di vita

Il mese scorso avevo raccontato sul Post che l’abbassamento dell’aspettativa di vita nel 2020 era una cosa da aspettare, ma che non avrebbe necessariamente cambiato le cose definitivamente.

Giovanni Barbieri mi ha segnalato questo bel post di Stefano Mazzuco che aggiunge moltissimi dati e quindi permette di capire meglio cosa è successo non solo in Italia – e nelle singole regioni – ma nel mondo intero. Per esempio, l’Italia è messa peggio della media mondiale perché sono morte molte persone relativamente giovani, anche se non al livello degli USA. Mazzuco fa anche notare come finita la fase acuta della pandemia potremmo avere un rimbalzo dell’aspettativa di vita (i più deboli sono morti prima, come qualcuno diceva cinicamente giusto un anno fa…) ma anche il prolungarsi del calo a causa della debilitazione dovuta al cosiddetto long-Covid. Vi consiglio di leggere quel post!

La “conoscenza” di Google

Quando fate una ricerca Google, spesso trovate nella colonna di destra un risultato già pronto, molto spesso da Wikipedia. Per dire, se io mi cerco arriva il risultato che vedete qui a sinistra. (Your mileage may vary: probabilmente a voi potrebbe arrivare il calciatore mio omonimo). Generalmente quelle informazioni sono prese da Wikipedia, citando regolarmente la fonte; ci sono eccezioni come nel mio caso, visto che come sapete Wikipedia non ha una voce su di me e quindi le informazioni arrivano dal sito del mio editore, ma in genere funziona così. Google aveva anche cercato di creare una sua base di conoscenza, ma alla fine ha visto che era più semplice dare du’ spicci alla Wikimedia Foundation e sfruttare il lavoro dei wikipediani. Solo che ci sono alcuni problemi…

A volte capita qualcuno che si lamenta perché trova un insulto nel testo di quella colonna, insulto che però non appare da nessuna parte su Wikipedia. Non sto a spiegarvi come lo si può fare, anche se è un segreto di Pulcinella; in quel caso però la colpa è in effetti anche di Wikipedia. Ma ci sono casi peggiori. Nell’ultimo mese, per due volte sono stato contattato da qualcuno che trovava la sua foto con allegata la descrizione da Wikipedia di tutt’altra persona, e chiedeva di toglierla. Il primo caso è stato quello di un giornalista a cui corrispondeva la biografia di un avvocato del secolo scorso; la seconda persona è Mario Moroni, che se vi ricordate mi aveva intervistato un paio di mesi fa. Qui Wikipedia non c’entra proprio nulla; molto semplicemente, le voci mostrate non hanno immagini a corredo – ricordate che anche le immagini su Wikipedia devono avere una licenza libera, quindi spesso è impossibile averne qualcuna. E allora che fa Google? Cerca in giro e prende l’immagine più cliccata corrispondente a quel nome-e-cognome, nel migliore esempio di stupidità applicata.

Ma la cosa peggiore è che Moroni prima di me aveva contattato Google che gli aveva detto che la colpa era di Wikipedia; e dopo che lui aveva riportato la mia risposta gli hanno replicato che se non c’è una voce wiki su una persona inseriscono la descrizione dell’omonimo con la foto di quella persona perché non possono verificarla. Posso dire che c’è qualcosa che non funziona in questo approccio?

Traduzioni automatiche non delle migliori

Domani Jacopo ha la verifica di spagnolo, e quindi mi sono messo a farlo ripassare. L’unità è dedicata allo sport, e tra le varie parole c’era “empatar”. Gli chiedo “cosa vuol dire?” e lui mi guarda come la mucca che guarda il treno. Io gli faccio “dai, è facile: è come impattare, cioè pareggiare. Guarda, te lo faccio vedere con Google Translate”. Apro, scrivo “empatar”, e mi esce fuori “cravatta”. Peggio ancora, scrivo “empatar un partido” per vedere se con un po’ di contesto la cosa funziona meglio, ed esce “per legare a una partita”. Vabbè, ho tirato fuori un vocabolarietto spagnolo e ho fatto vedere al giovane virgulto che essendo preadolescente non si fida più del suo vecchio padre che avevo ragione.

Cosa è successo? I più astuti tra i miei ventun lettori l’avranno capito. Provate a tradurre dallo spagnolo in inglese: “empatar” diventa (correttamente) “tie” e “empatar un partido” diventa “to tie at a game”. Evidentemente il sofisticatissimo sistema di traduzione automatica di Google Translate passa dall’inglese per tradurre dallo spagnolo all’italiano, ma non avendo nessuna idea semantica quando trova “tie” lo legge come “cravatta”, così come “to tie at a game” viene tradotto letteralmente come “per legare a una partita”. Direi che c’è ancora parecchia strada da fare….

Fino a dieci volte in meno?

Vabbè, a quanto pare dopo solo nove mesi ci si è accorti che molte mascherine FFP2 e FFP3 acquistate dal commissario per l’emergenza Covid erano farlocche. Non mi è chiaro come mai l’inchiesta sia partita solo a febbraio e non lo scorso autunno – non mi pare di chiedere troppo. Ma la cosa più interessante almeno per me è leggere una frase assolutamente inutile se non fuorviante: “In alcuni casi la capacità filtrante (95 per cento per le FFP2, 99 per cento per le FFP3) è risultata inferiore di dieci volte rispetto a quanto dichiarato”.

Per prima cosa, non è chiaro quanti dei dodici lotti – almeno due, visto che si scrive al plurale – hanno questo taglio di capacità. Ma soprattutto sono certo che molti sbaglieranno i conti. Se la capacità filtrante di una mascherina è un decimo di quella richiesta, la quale è rispettivamente del 95% e 99%, quanto vale? No, non vale 9,5% e 9,9%. I conti si fanno alla rovescia, su quello che non si filtra, cioè il 5% e l’1% teorico che diventano 50% e 10%. Ergo, le FFP2 tarocche filtrerebbero al 50% e le FFP3 al 90%. Questo mi fa pensare che siano più le seconde che le prime a essere malfatte: non che le FFP2 siano perfette, ma magari filtrano all’80%. Lo so, non è una bella cosa in ogni caso, ed è verissimo che se la capacità è inferiore di dieci volte il risultato pratico è che sei esposto a dieci volte tanti patogeni: ma è comunque importante sapere fare i conti.

Un’influenza contratta con trent’anni in più

Riccardo Stucchi racconta di come si può leggere in modo diverso la frase “Il Covid non è tanto diverso da un’influenza” che si sente spesso dire dai no-Covid.

Mortalità da Covid e influenza – (C) Riccardo Stucchi, http://www.theboxisthereforareason.com/

Come vedete nella figura qui sopra, le varie stime di mortalità per Covid sono indicate con le curve rosse mentre quelle storiche per l’influenza in USA sono in azzurro. In pratica, Stucchi nota come la mortalità per influenza a n anni corrisponda a quella per covid a n-28 anni, e quindi si possa affermare che il Covid è “come un’influenza contratta con trent’anni in più”, sapendo bene che più si invecchia più l’influenza può essere letale.
La conclusione è assolutamente corretta almeno dal punto di vista matematico. Temo però che il concetto non riuscirà a fare presa sul cervello della gente. Già ho dei grandi dubbi sul fatto che sia chiaro che dai cinquant’anni in su il rischio di morire è circa venti volte maggiore che per un’influenza. Ma pensare a come saremo noi tra trent’anni è un esercizio davvero impossibile…

Quizzino della domenica: raggruppamenti

Il Circolo Hex di Viù ha dieci membri. Lo scorso anno fecero un torneo molto strano: ognuno di loro giocò contro ciascuno degli altri una singola partita, e poi i membri del circolo si raggrupparono per numero di partite vinte. (Hex non ammette il pareggio) In altre parole, tutti e soli quelli che avevano vinto tre partite finivano nello stesso gruppo. Una possibilità è che ci siano dieci gruppi diversi, nel caso un giocatore abbia vinto tutte le partite, il secondo tutte tranne che col primo, il terzo tutte tranne che con i primi due, e così via. Dimostrate che non si può avere ottenuto un singolo gruppo oppure nove gruppi diversi. Naturalmente è possibile che A abbia battuto B, B abbia battuto C e C abbia battuto A…


scacchiera Hex

(trovate un aiutino sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p509.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema da Hugo Steinhaus, One Hundred Problems in Elementary Mathematics, n. 83)


Maths on the Back of an Envelope (ebook)

Rob Eastaway è un noto divulgatore matematico britannico. In questo libro (Rob Eastaway, Maths on the Back of an Envelope : Clever ways to (roughly) calculate anything, HarperCollins 2019, pag. 208, € 7,29 (cartaceo: Lst 9.99), ISBN 9780008324599) si è dedicato alla spannometria. In realtà il suo approccio è più ampio. La spannometria vera e propria – i problemi di Fermi – sono solo verso la fine, mentre nelle sezioni iniziali del libro Eastaway mette in guardia contro la troppa precisione e insegna un po’ di trucchi del mestiere, oltre che introdurre il suo Zequals (un uguale disegnato coi dentini a sega, per dire che si taglia via tutto tranne la cifra più significativa). Direi che il libro è assolutamente valido per tutti, giovani e meno giovani; leggendolo, imparerete anche a saper non usare la calcolatrice, o almeno a saperla usare con cognizione di causa!