etica peculiare

I gemelli stanno guardando The Good Place. Sono arrivati all’episodio in cui Michael tira fuori il dilemma del tram: un tram sta per uccidere cinque persone legate sui binari, ma noi possiamo farlo deviare e farlo finire su un altro binario dove c’è una sola persona. Cosa facciamo?

La risposta di Cecilia è stata “è la stessa cosa, tanto prima o poi muoriamo tutti”.

Quizzino della domenica: le moltiplicazioni sono gratis

Partendo dal numero 1 (che ha costo 0), si possono ottenere tutti i numeri interi positivi sommando o moltiplicando due di quelli già ricavati. Al primo passo si può solo ricavare 2 (1+1); al secondo passo si può arrivare a 3 (1+2) e a 4 (2+2, oppure 2×2). C’è però un piccolo problema: mentre le moltiplicazioni sono gratis, ogni addizione ha costo 1. Pertanto il numero 2 ha costo 1, il numero 3 ha costo 2, mentre il numero 4 ha costo 1 (conviene fare la moltiplicazione e non l’addizione). Qual è il più piccolo numero che costa almeno 3? E il più piccolo che costa almeno 4?


free products!
(trovate un aiutino sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p591.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Dai Problem of the Week di Stan Wagon.)


Il Tullio e l’eolao più stranissimo di tutto il Canton Ticino (libro)

Il mio amico Paolo Gualandris ha presentato questo libro nella sua rubrica su La Provincia di Cremona. Ho visto la videointervista, ho letto alcune pagine dell’anteprima e ho deciso che il libro doveva essere mio; e non mi sono affatto pentito.
Per darvi un’idea di che tipo di libro sia, pensate a una via di mezzo tra il primo Benni e Aldo Giovanni e Giacomo che fanno gli svizzeri. La storia di per sé è surreale; un bambino ticinese di dieci anni (il Tullio: mi raccomando l’articolo) che sta per iniziare l’ultimo anno delle elementari trova questo animale mutante che si nutre principalmente di biscotti con le gocce di cioccolato fondente e dentrificio a doppia azione sbiancante e ci si affeziona immediatamente. Ma d’altra parte la famiglia Ghiringhelli è tutto un programma, con la mamma che praticamente tiene da sola in piedi la filiale locale della Banca d’Elvezia gestendo i vari vicedirettori, vicevicedirettori e vicevicevicedirettori, il babbo che è un poeta avanguardista che per lavoro traduce manuali di istruzione ma lo fa solitamente in versi, e una sorella adolescente che è come tutte le ragazze adolescenti. Dimenticavo: la famiglia è italosvizzera, ma a essere italiana è la mamma. Nel corso del libro vediamo le trasformazioni di Tullio e dell’eolao durante tutto l’anno scolastico, troviamo tantissimi personaggi sia intorno al Tullio che nella sua testa (e in quella di qualcun altro), impariamo tantissime cose sugli eoleolaolai – il plurale è irregolare, ma d’altra parte il libro è pieno dei cosiddetti superlativi iperbolici, e troviamo una caterva di gatti di casa Ghiringhelli, tutti battezzati dal padre del Tullio con avverbi o congiunzioni. In tutto questo Rigiani riesce anche a infilare temi seri, come la compagna di banco del Tullio che ha due mamme; il risultato è che tutta la classe comincia a stilare una classifica delle differenze tra i loro genitori per capire quali di essi sono i “più diversi”. (Spoiler: il fatto che siano dello stesso sesso non dà molti punti).
Unica pecca del libro, e anche in questo mi torna in mente Benni, è il finale del libro; personalmente l’avrei terminato una pagina prima, quando l’eolao “rinato” torna dal Tullio. Nota di merito, invece, la citazione della vorace bestia bugblatta mentre mezzo canton Ticino (e un po’ di genovesi) si trova nel palazzo della fantaveterinaria. È chiaro che Rigiani ha studiato i grandi classici.

(Davide Rigiani, Il Tullio e l’eolao più stranissimo di tutto il Canton Ticino, Minimum fax 2022, pag. 480, € 19, ISBN 9788833893235)

Voto: 5/5

mascherine e lobby

Mercoledì scadeva l’obbligo di uso della mascherina FFP2 nei pochi posti dove erano ancora obbligatorie: ospedali, RSA, mezzi di trasporto pubblici, cinema, teatri e palazzetti dello sport. L’obbligo è stato prorogato fino al 30 settembre, ma solo in ospedali, RSA e mezzi di trasporto pubblici. Nei primi due casi si può capire la logica; sugli autobus no. Certo, stare una ventina di minuti un un bus affollato non è esattamente il massimo della vita; ma due ore fermi in un palasport o al cinema non mi sembra così meglio. Qual è insomma la differenza tra i due casi? Provate a indovinarlo :-)

caporalato?

A proposito del caos elezioni in Sicilia, con centinaia di presidenti di seggio e scrutatori che non si sono presentati, leggo che tale Mariangela Di Gangi ha affermato

«Siamo tutti sconvolti quando i caporali pagano i braccianti 3 euro l’ora ma non diciamo niente quando lo Stato paga 3 euro l’ora i Presidenti e le Presidentesse di Seggio e anche meno gli scrutinatori e le scrutinatrici! Il caos di oggi è solo colpa del “Caporalato di Stato” di chi pensa che 280 euro per quattro giorni di lavoro pressoché ininterrotto siano una cifra decente da spendere nel momento chiave della democrazia.»

Non so chi sia Mariangela Di Gangi: considerando che SiciliaNews24 non si prende la briga di spiegarcelo immagino che sia una politica sicula abbastanza famosa. Detto questo, e lasciando stare le storie tipo “sì, ma a stare nei seggi elettorali non ti stanchi” (sì, ma c’è anche una responsabilità maggiore) il mio punto è un altro. Quelle frasi avrebbero senso se non si trovassero presidenti di seggio e scrutatori e si dovesse andare alla loro caccia. Qui parliamo di una cosa diversa: persone che hanno espressamente accettato di farsi pagare 3 euro l’ora per una trentina d’ore di lavoro e poi hanno cambiato idea all’ultimo momento, rendendo le cose molto più difficili. Seguendo la logica di Di Gangi, costoro hanno forse deciso di fare un’azione eclatante contro il caporalato?

dopo il primo turno delle amministrative

Ed ecco di nuovo le mie analisi tipicamente sballate sul voto degli italiani! Occhei, qui non avevamo grandissime città, ma qualcosa si può comunque vedere. Il Post afferma che chi ne esce peggio è la Lega, sorpassata da Fratelli d’Italia anche in molte città del nord. Mah. È chiaro che Salvini è sempre più in difficoltà e che non gli riesce affatto bene fare il leader di lotta e di governo; e non può uscire dal governo perché gli altri leghisti fanno uscire prima fuori lui. Però mi chiedo cosa dire allora di M5S, che mi sembra sciolto come neve al sole sia dove ha corso da solo sia dove era alleato al PD.

Per quanto riguarda il PD, Sky potrà anche dire che è vincente; a me non pare affatto così. Diciamo che è più o meno riuscito a galleggiare, fors’anche a prendere qualche cosa in più rispetto a cinque anni fa, ma mi pare chiaro che il trend del passato che vedeva il centrosinistra vincere le elezioni locali e perdere quelle nazionali ormai non c’è più. L’unica sua speranza è che nei ballottaggi si litighi ancora dall’altra parte, e quindi la maggioranza (molto) relativa dei primi turni regga. Ma ho dei dubbi. Meloni invece ha vinto, e qui dubbi non ce ne sono. Vedremo se riuscirà a mantenere questo vantaggio fino all’anno prossimo: abbiamo visto che i pochi elettori che votano ancora sono parecchio volatili…

Adinolfi: zero voti

Da lunedì scorso gira questo screenshot (vero) sui risultati elettorali nel comune di Ventotene, dove Mario Adinolfi ha preso 0 (zero) voti) come candidato sindaco.
A me importuntubo delle dichiarazioni del suddetto Adinolfi, che ha twittato (copia archiviata): «(Ho provato a forzare modalità paramafiose del voto nei piccoli centri meridionali. Ho perso. La democrazia funziona anche così. Ma mi ricandiderò a Ventotene e la cambierò, perché il cambiamento è necessario come l’aria)». Quello è al più un problema dei cittadini di Ventotene. Quello che invece mi stupisce è come il Popolo della Famiglia sia riuscito a presentare le liste. Sono andato a vedere sul sito del ministero le norme per le amministrative, con relativo aggiornamento. Ho così scoperto che nei comuni sotto i 1000 abitanti non occorre avere qualcuno che presenti le liste, perché «sono gli stessi candidati che assumono, di fatto, la veste di presentatori delle singole liste attraverso l’accettazione della propria candidatura». Fin qua direi nulla di male. Però il punto 1.4 del primo documento afferma che «i presentatori delle liste dei candidati [devono essere] iscritti nelle liste elettorali del comune in cui si svolgono le elezioni». Quindi tecnicamente si direbbe che gli almeno sette candidati della lista (Tabella 1) dovevano essere iscritti alle liste elettorali di Ventotene: ma a quanto pare non è così. Mistero.

Per par condicio: la stessa cosa vale naturalmente per Luca Vittori e il suo “Partito gay, Lgbt+, solidale, ambientalista, liberale” che si è preso 1 (un) voto. Il vantaggio è che almeno lui non mi pare abbia twittato in giro :-)