Io non ho guardato la finale degli Europei di calcio. Non che io abbia guardato una qualsivoglia partita degli Europei, o che in genere io guardi partite o anche solo gli highlight. È una mia scelta, e non mi sognerei di sbeffeggiare o anche solo giudicare chi non può farne a meno: anche quelle sono scelte legittime.
Per la stessa ragione, mi sono rallegrato per la vittoria degli azzurri, mi sono divertito per i vari memi che ho visto in giro oltre che per i meta-memi, come quello del pallone imbustato con l’indirizzo cambiato: checché scriva il Corriere dello Sport, il tweet di Poste Italiane è stato pubblicato mezz’ora dopo quello di Royal Mail, come stereotipicamente corretto. E mi è sembrato logico che ieri i quotidiani avessero pagine e pagine dedicate alla vittoria.
Ma oggi è martedì, e trovarmi ancora i giornali occupati mi fa venire in mente solo il concetto di armi di distrazione di massa… per non parlare di articoli come questo di Claudio Tito, che ho ascoltato in rassegna stampa e poi scoperto che era addirittura liberamente disponibile. La retorica gronda manco fossimo in un cinegiornale Luce; l’analisi politica (Tito è corrispondente da Bruxelles) parte da “tutti gli europei ce l’avevano con i brexiters” e arriva ad affermare che – cito testualmente – «il campionato europeo abbia di fatto intercettato e suggellato una sorta di “rinascita nazionale”.» Poi uno si chiede perché ha praticamente smesso di leggere l’italica stampa.
Ultimo aggiornamento: 2021-07-13 11:23