Archivi annuali: 2018

Belle cose

Mercoledì scorso i quotidiani locali veneti, a partire dall’Arena, hanno scritto che “il sindaco di Terrazzo [un comune del veronese] era il serial killer Gianfranco Stevanin”. Il tutto perché “Google dice che lo dice Wikipedia”. Come l’ho saputo? Perché un giornalista del Corriere del Veneto ci ha scritto chiedendo maggiori informazioni, visto che sulla pagina di Wikipedia non c’era traccia del nome. Io gli ho risposto spiegandogli cosa è probabilmente successo: a metà luglio qualche buontempone aveva cambiato il nome, il primo settembre era stato rimesso a posto, ma nel frattempo i crawler di Google erano passati e avevano preso il nome sbagliato. Il giorno dopo il Corriere del Veneto riporta i fatti con la mia spiegazione.

Tutto questo sarebbe assolutamente normale nel mondo anglosassone, ma mi lascia (favorevolmente!) stupito qui da noi. Grazie ad Alessio Corazza (che mi aveva scritto per chiedere informazioni) e a Matteo Sorio (che ha firmato l’articolo) per ricordarci come dovrebbe funzionare il giornalismo!

Quizzino della domenica: chi sei?

Nell’isola dei Valenti e dei Furfanti, i membri della tribù dei valenti dicono sempre la verità mentre quelli della tribù dei furfanti mentono sempre: però non è possibile distinguere a vista un valente da un furfante. Un giorno mi trovavo nell’isola e incontrai un indigeno: sapevo che il suo nome era o Paolo o Saulo, ma non mi ricordavo quale dei due fosse. Gli chiesi così come si chiamasse, e mi rispose “Saulo”.
Con solo questo dato non mi è possibile essere certo di quale sia la tribù di appartenenza del mio interlocutore; però posso presumerlo con buona probabilità. Qual è quasi certamente la sua tribù?

chi è?

(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p345.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema di Raymond Smullyan, citato da Futility Closet: immagine di GDJ, da OpenClipArt)

_Algoritmi di libertà_ (libro)

La tesi che Michele Mezza esprime in questo suo libro (Michele Mezza, Algoritmi di libertà : La potenza del calcolo tra dominio e conflitto, Donzelli 2018, pag. 277, € 18, ISBN 9788868437619, link Amazon) si può riassumere così: mentre prima c’era un controllo umano sulle notizie che ci arrivavano, ora gli Over-The-Top (OTT) hanno un potere molto maggiore, perché possono permettersi il lusso di preparare notizie personalizzate per ciascuno di noi, e quindi spingerci verso quello che loro vogliono semplicemente usando la potenza degli algoritmi. Concordo con questa tesi e trovo interessante, anche se non del tutto convincente, l’ipotesi che si può far nascere questa deriva dalle contestazioni giovanili americane negli anni ’60 che dalla politica si sono spostate alla tecnologia, con Richard Stallman in prima fila. Non credo però che la soluzione ipotizzata da Mezza, vale a dire obbligare gli OTT a rendere pubblici i loro algoritmi, possa funzionare. Tralasciamo per il momento le implicazioni pratiche per qualcosa che è l’equivalente logico di chiedere alla Coca-Cola di divulgare la sua formula. Limitandoci alla parte matematica sulla quale io sono più ferrato vedo due ordini di problemi. Il primo è che l’affermazione di Mezza secondo la quale un algoritmo è puramente deterministico e quindi arriva sempre allo stesso risultato è monca, perché non tiene conto che anche i dati di partenza devono essere identici: gli algoritmi moderni come quelli genetici, per esempio, introducono appositamente un elemento casuale per arrivare a una risposta volutamente impredicibile a priori. Il secondo è un corollario: gli algoritmi attuali sono così intricati che nemmeno gli sviluppatori sanno come funzionano, e quindi anche sapere come sono fatti non porta conoscenza. Insomma, leggere il libro è utile e i sintomi indicati sono corretti, ma la cura non funzionerebbe. Due ultime note: è carina l’idea di mettere a margine delle pagine i QRCode per gli articoli e i siti citati nel testo: un bell’esempio di multimedialità. Purtroppo però la fretta di stampare il testo (è stato completato dopo le elezioni di marzo…) è andata a scapito di un’ultima rilettura per evitare ripetizioni: per fare un esempio, le prime righe di pagina 156 e le ultime di pagina 157 sono praticamente identiche.

dove mettiamo questi rifiuti?

L’incendio scoppiato domenica sera in Bovisasca a Milano (oh, io la puzza ho iniziato a sentirla solo mercoledì sera, e dire che abito a tre chilometri in linea d’aria…) fa finalmente venire a galla un annoso problema. No, il problema non è che casualmente tre giorni dopo il controllo dei vigili che hanno scoperto che quel capannone era abusivo è tutto bruciato. Quello è un problema annoso ma ben noto. Il problema è il riciclo della plastica in particolare e del resto in generale. Perché è bello dire che i comuni sono virtuosi e riciclano più del 50% dei rifiuti (ma già qua mi piacerebbe sapere se nel riciclo è anche compreso l’incenerimento). Ma se poi scopriamo che tutta la fatica che facciamo per separare la plastica e magari lavare i contenitori sporchi non serve a nulla perché poi di questa plastica non ce ne facciamo nulla da quando la Cina non la vuole più, ci sentiamo un po’ presi per il culo…

Tra l’altro ne parla anche il Corsera .

San Paolo VI

Domenica scorsa, insieme a cinque altri ex-beati, sono stati canonizzati Oscar Romero e papa Paolo VI. Sul primo possiamo supporre che ci sia stata una forte spinta da parte di Bergoglio: la cosa più interessante è che quando fu nominato arcivescovo di San Salvador (ero già abbastanza grande per leggere e comprendere i giornali) si disse che la scelta era caduta su un reazionario per compiacere la giunta militare allora al potere, mentre invece il suo operato andò in direzione opposta: questo per ricordare come non sia sempre valido giudicare la religione dal punto di vista della politica.

Con Paolo VI, però, la politica è stata invece la linea guida. Il suo è stato il terzo pontificato di fila di diplomatici. Pio XII era stato segretario di Stato (il primo a diventare papa dal 1667!); Giovanni XXIII, anche se l’agiografia tende a dimenticarlo, fece praticamente tutta la sua carriera ecclesiastica come nunzio apostolico (leggi “diplomatico”, e quando a fine 1944 si dovette cercare in tutta fretta un nunzio in Francia per evitare che il capo formale della diplomazia straniera fosse l’ambasciatore russo, Pacelli scelse quel piccolo tracagnotto per metterlo di fronte a De Gaulle. Anche Montini è ricordato come arcivescovo di Milano – in effetti l’usanza moderna è che un papa abbia anche fatto l’arcivescovo, “per conoscere il lavoro di prete”: persino Ratzinger lo è stato a Monaco – ma in realtà la sua carriera ecclesiastica è stata come pro-segretario di Stato: Pacelli non aveva voluto lasciare il posto di segretario a nessun altro :-) Fu appunto Roncalli a mandarlo a Milano e renderlo contemporaneamente cardinale nella prima infornata utile, prevedendo e fors’anche facilitando un radioso futuro.

Il grande problema di un politico in momenti turbinosi è che è molto facile scontentare tutti nel cercare di mantenere la barra dritta. E visto che Montini non era una banderuola che cercava il favore del pubblico, è stato ed è ancora oggi attaccato da “sinistra” e “destra”; da un lato per esempio per la Humanae Vitae, dove mise un pratica un veto sul pronunciamento (maggioritario anche se non plebiscitario) dei vescovi, dall’altro per la messa in lingua nazionale, che secondo il Concilio sarebbe dovuta essere “sperimentale” e invece è immediatamente diventata la norma. Secondo me quello che l’ha fregato, almeno agli occhi degli uomini, è stato il suo non essere un simpaticone: un po’ come Ratzinger, che è un altro che secondo me è stato visto come un pessimo papa perché non era quello il lavoro che gli piaceva fare… e lo si è visto quando si è dimesso. Detto tutto questo, ritengo però che la sua santificazione sia molto importante proprio per questo: bisogna essere davvero bravi per portare avanti la baracca.

Sì, lo so che i criteri ufficiali per la santificazione sono altri. Ma io ho sempre amato vedere le cose in maniera più umana :-)

HTTPS

Come forse vi siete accorti, da ieri il mio sito è accedibile via HTTPS. Insomma se digitate https://xmau.com/ funziona (spero) tutto, e c’è anche un redirect automatico da http ad https.

Serve a qualcosa? Mah. Numeri di carte di credito io non ne chiedo. Però visto che i browser cominciano a rompere le palle se uno non ha una connessione sicura e il mio provider (ciao M/ !) mi ha gentilmente fatto l’upgrade io me lo tengo.

Segnalatemi se trovate qualche pagina che non carica tutta in protetto: in genere uso link interni relativi ma non è sempre detto.

Bollettino oculistico

Come ho scrtto ieri, sono stato alla visita oculistica di controllo, l’ultima formalmente post-operatoria. Quello che ho scoperto:
– il fatto che veda spesso lampi è dovuto al fatto che comunque la retina si era rotta. Me lo aspettavo, quello che è buono è che non è un sintomo di un problema ulteriore.
– sapevo che la lente provvisoria che mi sono fatto mettere (3.5 diottrie più 1.5 di astigmatismo) non sarebbe stata definitiva, però ho scoperto che a un mese e mezzo di distanza sono arrivato a 4.5 diottrie (mi aspettavo 4) con zero astigmatismo (immaginavo che fosse ridotto, ma non azzerato)
– ho scoperto che ci vorrà ancora qualche mese prima che il mio occhio si assesti del tutto: peccato, speravo in qualcosa di meno. Terrò questi che sono i miei occhiali di riserva fino a primavera, insomma.
PS: devo fare la prossima visita tra un due-tre mesi. Solo che oggi non era possibile prenotare per inizio gennaio, quindi andrò il 18 dicembre. L’unica cosa positiva è che evidentemente non c’è troppa coda e quindi non hanno pensato ad avere un’agenda 2019…

Ci sono brave persone

Stamattina ho preso la bici per andare alla visita oculistica di controllo (per i miei fan: ne parlo domani). Ho messo nel portapacchi la cartellina trasparente con tutti i miei esami, dentro una di quelle sacchette di plastica colorata. Arrivato a Crocetta, mi accorgo che la sacchetta c’è ancora, ma la cartellina no. Presumibilmente i masselli malmessi nelle vie del centro l’hanno fatta cadere. Torno indietro fino a piazza della Scala per vedere se la trovo: niente. Di per sé la cosa non è un dramma, perché io scansiono sempre tutto: ma è comunque una scocciatura.

Arrivo un po’ in ritardo e trafelato, spiego la cosa al dottore, e mentre lui mi visita mi squilla il telefono. Era il Policlinico (io oggi in realtà ero al Regina Elena, dall’altra parte della strada) che mi avvisa che qualcuno aveva trovato la cartellina e gliel’aveva portata. Grazie, ignoto raccoglitore!

Ultimo aggiornamento: 2018-10-15 13:46