San Paolo VI

Domenica scorsa, insieme a cinque altri ex-beati, sono stati canonizzati Oscar Romero e papa Paolo VI. Sul primo possiamo supporre che ci sia stata una forte spinta da parte di Bergoglio: la cosa più interessante è che quando fu nominato arcivescovo di San Salvador (ero già abbastanza grande per leggere e comprendere i giornali) si disse che la scelta era caduta su un reazionario per compiacere la giunta militare allora al potere, mentre invece il suo operato andò in direzione opposta: questo per ricordare come non sia sempre valido giudicare la religione dal punto di vista della politica.

Con Paolo VI, però, la politica è stata invece la linea guida. Il suo è stato il terzo pontificato di fila di diplomatici. Pio XII era stato segretario di Stato (il primo a diventare papa dal 1667!); Giovanni XXIII, anche se l’agiografia tende a dimenticarlo, fece praticamente tutta la sua carriera ecclesiastica come nunzio apostolico (leggi “diplomatico”, e quando a fine 1944 si dovette cercare in tutta fretta un nunzio in Francia per evitare che il capo formale della diplomazia straniera fosse l’ambasciatore russo, Pacelli scelse quel piccolo tracagnotto per metterlo di fronte a De Gaulle. Anche Montini è ricordato come arcivescovo di Milano – in effetti l’usanza moderna è che un papa abbia anche fatto l’arcivescovo, “per conoscere il lavoro di prete”: persino Ratzinger lo è stato a Monaco – ma in realtà la sua carriera ecclesiastica è stata come pro-segretario di Stato: Pacelli non aveva voluto lasciare il posto di segretario a nessun altro :-) Fu appunto Roncalli a mandarlo a Milano e renderlo contemporaneamente cardinale nella prima infornata utile, prevedendo e fors’anche facilitando un radioso futuro.

Il grande problema di un politico in momenti turbinosi è che è molto facile scontentare tutti nel cercare di mantenere la barra dritta. E visto che Montini non era una banderuola che cercava il favore del pubblico, è stato ed è ancora oggi attaccato da “sinistra” e “destra”; da un lato per esempio per la Humanae Vitae, dove mise un pratica un veto sul pronunciamento (maggioritario anche se non plebiscitario) dei vescovi, dall’altro per la messa in lingua nazionale, che secondo il Concilio sarebbe dovuta essere “sperimentale” e invece è immediatamente diventata la norma. Secondo me quello che l’ha fregato, almeno agli occhi degli uomini, è stato il suo non essere un simpaticone: un po’ come Ratzinger, che è un altro che secondo me è stato visto come un pessimo papa perché non era quello il lavoro che gli piaceva fare… e lo si è visto quando si è dimesso. Detto tutto questo, ritengo però che la sua santificazione sia molto importante proprio per questo: bisogna essere davvero bravi per portare avanti la baracca.

Sì, lo so che i criteri ufficiali per la santificazione sono altri. Ma io ho sempre amato vedere le cose in maniera più umana :-)