Asscomm Porta Venezia e la pista ciclabile in viale Tunisia

Se siete di Milano, forse sapete che c’è un piano del comune per costruire una nuova pista ciclabile su viale Tunisia, comesi può leggere per esempio qua. Non che io sia cosi convinto della sua utilità (in genere cerco di evitare di passare di là, preferendo passare per via San Gregorio/via Boscovich), ma mi salta la mosca al naso quando leggo falsità come quelle scritte da Luca Longo .

Nello specifico, è falso che «ad 80 metri ne è già presente un’altra dello stesso tipo», a meno che i metri di Longo siano moooolto lunghi: la pista parallela è infatti sui bastioni (tra l’altro nell’unico tratto ancora esistente, il che significa che non è in piano ma con un saliscendi), e si può controllare facilmente che la distanza è di 400 metri. Ma il vero punto è un altro. Longo si lamenta che «Inoltre, dopo la realizzazione i, già scarsi, parcheggi scompariranno.» Evidentemente non si è accorto che da anni la zona “fighetta” di Viale Tunisia, quella appunto dei negozi associati all’Asscomm Porta Venezia e che va da corso Buenos Aires a via Lazzaretto, vede un divieto di sosta su entrambe le carreggiate: divieto di sosta nato perché in mezzo alla carreggiata passa il tram sulla preferenziale. Insomma, i parcheggi non scompariranno perché non esistono già.

Mettiamola così: io sono favorevolissimo a bloccare la realizzazione di quella pista ciclabile se in cambio avessi la certezza che un paio di pattuglie di vigili urbani vadano su e giù per la via dallle 8 alle 24 e multino tutte le auto in divieto di sosta (magari con multa più cara per quelli che parcheggiano in doppia fila e quindi bloccano la carreggiata). Mi sembra un’equa proposta, che tra l’altro porterebbe anche qualche soldo nelle disastrate casse comunali. Che ne pensate?

Ho il pc posseduto

Stamattina – beh, tecnicamente era ancora stanotte, alle 5 non siamo ancora all’alba – sento degli strani suoni e mi sveglio: c’erano le note di una canzone che arrivavano da qualche parte in casa. Penso di aver per sbaglio inserito una radiosveglia, mi alzo e comincio a cercare la fonte del suono, che proveniva dal piano di sopra: salgo, e vedo che la colpa è del PC, che stava trasmettendo una canzone anni ’60 (che per me si chiama L’arcobaleno ed è la versione italiana di un brano inglese, ma non sono riuscito a trovare… ah, la vecchiaia. Dire che posso canticchiare la melodia!). Che il computer non fosse spento, ci stava. Che non avessi zittito l’audio, ci stava pure. Che – una volta partito Google Chrome – questo avesse lanciato la sua ultima finestra che era lo streaming di Radio Popolare, che alle cinque del mattino trasmette unattended musica, ci stava anche. Ma perché doveva partire Chrome? Il pc era semichiuso come al solito, quindi non posso nemmeno pensare che Ariel ci sia salita su. Mah, misteri.

#SpammiamoNoi

[perché devi avere 20000 invitati?]

Quello che vedete qui sopra è il messaggio messo in evidenza su questa pagina Facebook, che pubblicizza l’incontro pubblico torinese del M5S che si terrà il prossimo 12 aprile e che ha come hashtag #VinciamoNoi. Come faccio a sapere che c’è l’incontro? Semplice: mi è stato inoltrato l’invito. (Sì, probabilmente voi sapete che io vivo a Milano da tredici anni. Anche chi mi ha invitato lo sa, se per questo).

Come potete leggere, la grande strategia komunikativa del MoVimento Cinque Stelle Torino è “Riusciamo arrivare a 20.000 invitati?”. Io sono un’anima semplice, e pensavo che quello che fosse importante sarebbe arrivare a tot partecipanti, ma evidentemente non ho capito nulla di come funzioni la politica. Aggiungo anche che il MoVimento Cinque Stelle Torino non è molto sicuro delle competenze degli iscritti alla propria pagina facebook, considerando le istruzioni a prova di idiota che sono state indicate in quello status. Istruzioni, tra l’altro, che sono accuratamente state preparate in modo che non occorra azionare alcun neurone per chiedersi quali amici effettivamente invitare… ma già, come sono stupido. Se l’importante è arrivare a 20.000 invitati, non è che ci si possa mettere a cercare il pelo dell’uovo: lo slogan diventa «Esci per le strade e lungo le siepi, spingili a entrare, perché la mia casa si riempia.» Se pensano di avvicinare la gente alla politica così, siamo messi davvero male.

(Nota per il pentastellato che volesse commentare: avrei scritto esattamente la stessa cosa per un invito arrivatomi da un qualunque altro partito accoppiato a uno status di quel genere)

geografia all’americana

Cristian Consonni mi ha fatto leggere questo articolo del Washington Post a proposito di come gli statunitensi vedano la crisi ucraina. Lascio a voi, se siete interessati, vedere l’analisi dei risultati: quello che a me ha fatto un po’ specie è vedere dove gli americani collocano generalmente l’Ucraina. Assieme alle solite domande, insomma, i sondaggisti hanno chiesto di indicare su una cartina muta ad alta risoluzione dove mai si trovasse quella nazione: i risultati sono mostrati qui sotto (cliccando si vede meglio).

[Dov'è l'Ucraina per gli americani?]

Dov’è l’Ucraina per gli americani?

Intendiamoci: se io dovessi dire dove si trova il Belize (ma anche la Lettonia, tanto per dire) avrei qualche dubbio. Però la zona la beccherei. Qui invece metà degli intervistati ha indicato una posizione lontana almeno 2900 kilometri, con un numero non indifferente di persone che ha indicato una qualche nazione africana e la Groenlandia. Ma il peggio sono i cinque coraggiosi che hanno situato l’Ucraina… nel territorio continentale degli USA! (“non è lì tra Nebraska e Arkansas? O forse è a due passi dalla Georgia?”) Niente male, vero?

appiedato anche oggi

Stamattina sono dovuto andare in ufficio a piedi. Motivo? Semplice: bicicletta scassata. Ma come? Di nuovo? Ebbene sì.
Dovete sapere che io da un anno e mezzo porto i gemelli all’asilo “sulla bicicletta”. Naturalmente non ho due seggiolini sulla bici, non ne ho nemmeno uno: in pratica faccio sedere sul portapacchi uno dei due, prendo per mano l’altro, e porto (a mano) la bici. A metà strada c’è il cambio bimbo, e viviamo tutti felici e contenti, a meno di lotte per ricordarsi chi è stato a iniziare il giro il giorno precedente oppure lamentazioni perché mi sono fermato un metro prima. Ho spiegato a suo tempo che le gambe dovevano stare larghe, ho avuto un anno e mezzo fa un problema di piedini in mezzo alla ruota, e amen.

In genere, però, la bicicletta la portavo solo all’andata, perché al ritorno c’era qualcun altro che recuperava i bimbi. Ma adesso sta toccando anche a me, e ieri pomeriggio ero sufficientemente in ritardo per arrivare direttamente all’asilo. Prendo i bambini, stiamo un po’ ai giardinetti, e finalmente dico che è ora di tornare a casa. Prima tratta, Cecilia sul portapacchi e Jacopo a piedi: seconda tratta, scende Cecilia e sale Jacopo. Arrivati alla via di casa nostra, Jacopo mi fa fermare dicendo che sulla macchina lì parcheggiata c’è un “gufo” (che poi ho capito essere il peluche di un puffo, ma soprassediamo). Quando mi incammino di nuovo, sento qualcosa che mi frena… esatto, il piede di Jacopo in mezzo ai raggi, o meglio la sua scarpa nuova di zecca, e ora sporca del tipico smog milanese che si avvinghia alle ruote di una bici. (No, Jacopo non si era fatto nulla: ricordate che la bici la porto a mano ed ero fermo). Peccato che stamattina abbia verificato attentamente e abbia visto che era successo davvero quello che avevo temuto: si era rotto un raggio. Risultato: sgridatone a Jacopo, che poi non voleva entrare in classe perché aveva paura che io avrei detto tutto alla maestra, e nuova gita dal ciclista, portando rigorosamente la bici a mano per non rovinarla vieppiù. Uffa.

Sindone: crocifissione a Y?

L’articolo segnalato da Galileo a proposito di un nuovo studio della Sindone è molto interessante. Secondo Matteo Borrini e Luigi Garlaschelli, infatti, le macchie di sangue sul braccio non sarebbero compatibili con una crocifissione a T, ma bensì con una a Y, cioè con le braccia molto in alto anziché orizzontali.

Naturalmente lo studio (lo trovate qui, alle pagine 205-206) si limita a scrivere che «Considering these results, the imprint on the Shroud does not correspond with the traditional artistic image of a crucifix with arms stretched out on the crossbeam», e non prosegue a valutare le altre ipotesi: tipicamente, che la crocifissione ai tempi dei romani fosse effettivamente fatta con una croce – pensate solo che fino a pochi decenni fa l’iconografia faceva portare tutta la croce al Cristo, e solo in seguito si è passati ai pali già pronti per l’uso – e che fosse usanza medievale crocifiggere qualcuno. Per questo secondo punto, il razionale è semplice: se io dovessi fare una finta Sindone potrei anche decidere di crocifiggere qualcuno perché “sembri vera”: ma a questo punto faccio le cose come credo siano avvenute, e quindi con il poveretto messo a T. Se invece mi limito a mettere il sudario su uno che era stato crocifisso per tutt’altra causa, allora è chiaro che come viene, viene…

Peccato che di tutto questo non vi sia traccia nel resoconto di Galileo, che si premura però di ricordarci che lo studio è stato “realizzato anche con il sostegno dell’Uuar” (sic – però il link arriva correttamente al sito UAAR)

ladri di biciclette (non mie)

La scorsa settimana ho notato sul marciapiede vicino a casa mia, legata a uno di quegli archetti messi di traverso per impedire alle auto di parcheggiari su, una mountain bike gialla a cui mancava la ruota davanti. Il telaio della bicicletta era legato all’archetto, la ruota evidentemente no.

Ieri mattina, uscendo coi bimbi per far loro fare un giretto (in bicicletta :-) ) ho notato che la bicicletta non c’era più. Il punto è che non c’era neppure l’archetto. Per onor di cronaca, devo aggiungere che quell’archetto era già parecchio instabile, e non credo ci sia voluto molto a toglierlo: se volete, la cosa buffa è che non l’abbiano lasciato per terra sul marciapiede.

Tenetene conto quando legate la vostra bici!

_Snuff_ (libro)

[copertina] Il Comandante Vimes va in vacanza, in campagna… o più precisamente nelle terre della famiglia di sua moglie Sybil. Per Vimes il concetto di “vacanza” è incomprensibile, ma da bravo sbirro riesce subito a scoprire quali crimini contro una specie vivente si stanno commettendo… e a rimettere tutto a posto. In questo trentanovesimo libro del Discworld (Terry Pratchett, Snuff, Corgi 2012, pag. 470, Lst 7,99, ISBN 9780552166751) abbiamo nuovamente Vimes come protagonista, insieme a suo figlio Sam junior (un vero esperto sulla cacca, tra l’altro); abbiamo i goblin; e abbiamo il tema chiave della Legge, di chi decide cos’è la legge e di quante cose illegali si possono fare in nome della legge. Per la cronaca, la parola “snuff”, oltre che applicarsi all’annusare tabacco come si vede fare da molti personaggi del libro, sta anche per “morti arbitrarie e spiacevoli”.
Rispetto ai libri precedenti, forse qua c’è più una ricerca della battuta fine a sé stessa, pur declinata secondo il verbo del Discworld: però devo dire che era da parecchio che non mi divertivo così con un libro di Pratchett. Beh, per ridere davvero almeno cinque o sei dei precedenti bisogna averli letti, ma chi non lo ha mai fatto?