La difesa della razza passa anche dalle borse di studio

Probabilmente questa notizia non è passata molto in giro, se non tra i torinesi e i matematici, quindi penso sia utile mandarla anche agli altri tra i miei ventun lettori. Si è recentemente scoperto – ma sembra che la cosa vada avanti da parecchi anni – che l’Accademia delle Scienze di Torino assegni due borse di studio a laureati «di nazionalità italiana e figli di famiglia italiana», con tanto di richiesta di certificati di nascita.

Alberto Saracco ha scritto all’Accademia, ricevendo una risposta che si può riassumere così: “È vero, ma il lascito testamentario che permette di assegnare queste borse di studio richiedeva espressamente questa clausola”. Come Alberto argomenta, un’istituzione tra l’altro molto prestigiosa avrebbe fatto una figura molto migliore rifiutando il lascito. Non sarebbe cambiato molto nel bilancio dell’istituto, ma almeno non si sarebbe fatta la figura dei razzisti. Leggendo però i commenti, temo che la sua e la mia posizione sia molto minoritaria. Che ne pensate?

(Per completezza: per quanto esecrabile sia stata la persona che ha deciso di istituire le borse di studio, i soldi erano suoi e poteva farne quello che vuole. Io mi sto lamentando dei “complici”)

Sono elettrizzato!

Stasera stavo per tornare a casa dall’ufficio e mi sono seduto per bloccare il PC. Ho toccato la tastiera, ho sentito un “fsh!” e il PC si è spento. (Poi ho provato a farlo ripartire e sembrava a posto, ma controllerò meglio domattina). Dev’essere stato tutto il giro di interviste per la direttiva copyright che mi ha lasciato qualche ione di troppo :-)

Una novità assoluta

Stante le riprese fatte all’aperto e le mie lenti fotocromatiche che si erano doverosamente oscurate, per la prima volta in quasi cinquant’anni potete vedere un mio video dove mi potete vedere senza occhiali e quindi irriconoscibile. Vi risparmio gli altri file audio :-)

Liste di proscrizione per i bagni

Questo è il testo della circolare emessa nella scuola dove vanno i miei figli. I bagni (in tutte e tre le scuole che formano il plesso) fanno schifo e puzzano: questo è indubbio. Le due elementari sono edifici che hanno più di cent’anni, ma questo non dovrebbe voler dire molto: non ho idea di come sia la scuola media. Purtroppo l’edilizia scolastica è un macello: se non ho capito male gli edifici scolastici sono di proprietà comunale, non statale, e quindi su budget del tutto diversi.

Detto questo, il punto è un altro. Come può un dirigente scolastico pensare che una schedatura simile – a parte i possibili problemi di privacy – serva a qualcosa? Pensa forse che con una raffinata analisi statistica dei bisognini dei bambini si possa capire chi sia il colpevole di quelle puzze? Le maestre dovranno diventare dei piccoli kapò, almeno fino a che non verrà implementata la tecnologia di avanguardia presentata in questo video?

lobbying

Come potete leggere, finalmente il presidente dell’Europarlamento Antonio “Mussolini ha anche fatto cose buone” Tajani ha pronunciato una decisa presa di posizione contro i lobbisti che “fanno pressioni indebite” sugli eurodeputati (i “MEP”, Members of the European Parliament). Come? Dite che Tajani in realtà si riferiva agli altri lobbisti, quelli che sono contro la direttiva sul copyright nella forma in cui è stata definita? Che rimane schierato? Naaaah, non è possibile. Tajani, voi lo sapete è un uomo di onore.

Parliamo più in generale. Fare lobbying non è necessariamente Una Brutta Cosa: tra l’altro è un modo per esprimere i punti di vista dei vari attori. Quello che non va è farlo di nascosto, direttamente o indirettamente. È vero che per trasparenza le varie società devono indicare quanti soldi hanno usato per le attività di lobbying e spulciando molto attentamente i rapporti dell’Europarlamento si possono trovare questi dati. Ma non sapere come sono stati usati rende più difficile capire se si parla di attività borderline. Da questo punto di vista noi di Wikimedia Italia siamo tranquilli, perché gli unici (pochi) soldi che abbiamo messo sono serviti per mandare un nostro rappresentante a Strasburgo per cercare di convincere all’ultimo minuto gli indecisi. Inoltre noi cerchiamo di essere il più possibile oggettivi. Sono stato intervistato per Radiouno (i miei due minuti si dovrebbero sentire dopo le 10:30) e non ho avuto prolemi a dire che ci sono alcune parti della direttiva apprezzabili, come la maggior tutela degli autori e la parte sulle opere orfane: certo non è quallo che avremmo auspicato, ma è chiaro che direttive come queste non possono che essere un compromesso. Sono certo che la “fazione opposta” non sarà così equa…

P.S.: La mia profezia, a parte l’approvazione della direttiva a larga maggioranza, è che Google e Facebook non ne verranno poi molto toccate. Non ci sarà più Google News, i filtri automatici già presenti su YouTube saranno un po’ ristretti, Facebook metterà lo stesso tipo di filtri. Se arriveranno du’ spicci ai media, arriveranno dai medi-piccoli attori che saranno i veri sconfitta. Eppure i “liberisti” voteranno in massa a favore della direttiva…

Non funziona proprio così

Sto leggendo il libro di Carlo Bordoni Il paradosso di Icaro, sulla necessità della disobbedienza. Almeno in queste prime pagine l’autore fa affermazioni non troppo condivisibili, almeno per me: ma c’è un punto che mi ha fatto fermare e costretto a scrivere queste righe. A pagina 53, parlando della vita come “disordine” e portando quindi il discorso sull’entropia, Bordoni infatti scrive:

Nella teoria dell’informazione persino il rumore (noise) produce senso, ed è tanto più efficace quanto meno è prevedibile.

Bene, anzi male: Bordoni non ha capito nulla, o meglio ha confuso due concetti del tutto diversi. È vero che un segnale perfettamente prevedibile non porta informazione, o se preferite porta un singolo bit: se so che dopo uno 0 mi arriverà una sfilza di altri 0, è inutile che stia a sentirli tutti. È anche vero che meno un segnale è prevedibile più informazione esso porta, e che per definizione un segnale davvero casuale è totalmente imprevedibile. Ma nella teoria dell’informazione il segnale da solo non basta, perché ci vuole anche un codice che mi permetta di tradurre il segnale in informazione. I cifrari monouso, quelli in cui ogni carattere viene codificato per mezzo di una chiave del tutto casuale e non ripetuta, funzionano proprio perché tutti i possibili messaggi decodificabili hanno la stessa probabilità di essere quello vero, e quindi il messaggio codificato è rumore puro per chi non ha il codice. Ma il senso non viene affatto prodotto dal rumore, bensì appunto dal codice applicato al rumore, un po’ come nelle cuffie a cancellazione d’eco.

Il guaio come al solito è che si usano concetti matematici orecchiati senza averli capiti, contando sul fatto che il lettore tipo non li ha comunque capiti. Non mi pare una grande idea…

Battisti, Wu Ming e confessioni

Molti dei commenti nella mia bolla alla notizia odierna secondo cui Cesare Battisti avrebbe ammesso di avere commesso i quattro omicidi di cui è imputato sono stati del tipo “Ecco, adesso i Wu Ming si dovrebbero vergognare del supporto datogli”. Io non riesco proprio a capire il perché.

Chi mi conosce sa benissimo che la mia stima verso Battisti è nulla, e quella verso i Wu Ming non molto più alta: in quest’ultimo caso soprattutto per i loro metodi, anche se ho il sospetto che la spiataffiata di testo che scrivono ogni volta giochi un ruolo non secondario. Però quando in passato avevo rapidissimamente scorso quanto da loro scritto al riguardo, mi pareva che più che di innocenza nel senso giuridico del termine loro parlassero di una sorta di innocenza “politica”, un modo per chiudere una stagione che ormai è passata. Io non sono assolutamente d’accordo, e anzi sono convinto che questa confessione così tardiva sia dovuta al tentativo appunto di uno sconto di pena a posteriori: ma ciò non toglie che la loro posizione sia logicamente sostenibile e la confessione sia appunto irrilevante nel contesto. Per una volta mi sento più a disagio con i loro detrattori che con loro :-)

Addio ICQ

logo ICQ

logo ICQ (da Wikimedia Commons, https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Papirus-64-apps-icq.svg )

Vent’anni fa andava tantissimo di moda ICQ (che si leggeva “I seek you”, “ti cerco”), uno dei primi sistemi di instant messaging. Io come tanti avevo un’utenza ICQ, anzi un UIN, che era 2464356. Almeno fino al 2016 ce l’avevo, mettiamola così.

L’altro giorno si parlava di ICQ e ho provato a connettermi: niente da fare. Ho scritto all’assistenza che mi ha risposto “Ah, l’utenza è stata cancellata per inattività e non si può più recuperare nulla. Se vuoi, fatti un’altra utenza.” Capisco la cancellazione dei (non molti, credo) dati, ma il numero potevano anche lasciarlo disponibile… come avrebbero potuto mandarmi un avviso (l’email ce l’avevano) Ma ora l’azienda è russa, ed evidentemente hanno idee diverse. Direi che potrò sopravvivere anche senza.