La discussione sull’allineamento stretto di Repubblica verso i nuovi proprietari (qui la nota del CdR al riguardo), compresa di stracci che volano tra Calenda e Renzi, mi pare non tenga conto di un imbarbarimento più generale. Io sono torinese, quindi ho letto per decenni La Stampa (non sono mai stato un tipo da Gazzetta del Popolo, mi spiace). Come ho già scritto tante volte, il quotidiano subalpino è noto più o meno affezionatamente come “la Busiarda” per ovvie ragioni: la linea politica che seguiva era rigidamente quella dettata dall’Avvocato. Nulla di male, bastava saperlo. Quello che però risaltava era il modo in cui le notizie venivano presentate: c’era comunque una forma confezionata che permetteva in un certo senso di salvare le apparenze. Poi si sapeva che occorreva saper leggere tra le righe per eliminare le bugie, ma in un certo senso questo faceva parte del gioco. Insomma, La Stampa era il giornale della borghesia che non guardava a destra, pur ovviamente aborrendo la sinistra. (No, non lo è più da almeno dieci anni, purtroppo)
Repubblica, nonostante Scalfari – o forse per l’antiberlusconismo che univa Scalfari a De Benedetti padre – era il giornale della “borghesia illuminata” che “insomma, il PDS-DS in fin dei conti non è più comunista come una volta, magari qualcosa di buono finalmente riuscirà a fare”. Anche qua la deriva degli ultimi dieci anni è stata pessima, ma ora siamo arrivati al punto di essere ridotto a megafono strillato dei proclami del padrone. Questo è il livello attuale della nostra stampa. E non è che i nuovi giornali usciti in questi anni siano migliori, intendiamoci.
(No, non parlo del motivo del contendere, vale a dire la richiesta da parte di FCA Italia di garanzie statali per ottenere 6 miliardi e rotti di prestito. Non ho competenze in merito, e non ho voglia di farmele al volo)