Una delle tante cose che odio di Facebook

Il tagging di per sé è una cosa utile. Se per esempio c’è un thread (pubblico) e so che un mio amico potrebbe dare un contributo utile, scrivere @amico e fargli mandare un avviso da Facebook è più semplice che copiare il link del thread e scrivergli di andare a leggerlo. Ma come tutte le cose utili, possono essere abusate: così c’è gente che pensa che sia una cosa intelligente taggare una cinquantina di amici in modo che possano vedere il bellissimo e interessantissimo loro post e bypassare così l’algoritmo.

Io trovo la cosa poco gentile, e mi piacerebbe cancellare automaticamente i tag di queste persone. Bene: non è possibile. Forse posso evitare di seguirle: togliere l’amicizia mi pare esagerato, ma anche questo è un po’ troppo. Insomma, per Zuckerberg non esiste una via di mezzo. Dal suo punto di vista capisco che se non ci sono interazioni il suo marchingegno si ferma: pensate solo alle pubblicità “mirate per gli amici”. Ma forse dovrebbe pensare che le interazioni non volute sono nocive a tutto il resto…

Prove di Grande Fratello

Sono sicuro che avete letto l’articolo del Corsera che racconta come il presidente lombardo Attilio Fontana controlli (anonimamente) gli spostamenti della gente. Articolo condito di frasi come «La portata dello spazio tra una cella e l’altra è di 300-500 metri. Quindi chi esce in giardino non risulta, così come chi compra il pane sotto casa.» (come se ci fossero panettieri a ogni angolo della strada) oppure «Nel calcolo finiscono anche quanti (e sono tanti) hanno le cosiddette deroghe per andare a lavorare, per necessità familiari o di salute.» (mavalà?).

Bene. In pratica stai calcolando dati che non hanno nessun senso, perché non hai idea di chi può muoversi e chi no, non hai idea di cosa succeda con lo sgancio e aggancio di celle (mentre sto scrivendo questo post ho guardato che cosa stava succedendo sul mio telefonino: si era connesso a una cella più lontana e poi ne ha ripreso una più vicina), e soprattutto non hai idea di quali siano effettivamente gli spostamenti (se vai al supermercato e torni indietro conti esattamente come uno che ha fatto un giro turistico per la città).

Tutto quello che ho scritto qui sopra si potrebbe tranquillamente mappare con i dati a disposizione, e magari lo stanno già facendo di nascosto. “Di nascosto”, perché a quel punto l’anonimità va a farsi benedire: basta rimappare gli spostamenti con altri dati ricavabili pubblicamente e sei a posto. Ma ci si potrebbe anche limitare ad aggregare i dati per tempo di movimento e distanza percorsa, e i risultati sarebbero probabilmente ancora diversi. La mia sensazione è che articoli come questo vengano pubblicati per fare accettare alle persone l’idea che devono essere controllate negli spostamenti “per il bene loro e della comunità”, ma lasciando formalmente la libertà indicata nei decreti legge. Il tutto senza nessuna proporzione né protezione: una volta che i dati ci sono puoi farne quello che vuoi quando vuoi. Ne parlavo ieri con Stefano Epifani: lo hate speech si è spostato verso chi “non se ne sta alla casa”, ed è sempre utile fare in modo che le richieste di controllo arrivino dal basso. Bella situazione, vero?

Vincenzo D’Anna e le dimissioni a tempo (infimo)

Insomma l’ex senatore D’Anna, dopo essersi dimesso sabato da presidente dell’ordine dei biologi, ci ha dormito su e domenica ha ritirato le dimissioni.
È probabile che sia vero che lo statuto dell’ordine non permetta la nomina di un nuovo presidente se non in caso di assenza o impedimento. Ma naturalmente questo vale semplicemente perché D’Anna non si è contestualmente dimesso da consigliere, perché «Resterà in seno al Consiglio dell’Ordine per portare a termine il mandato elettorale ricevuto dai colleghi.» Mi pare evidente che D’Anna abbia fatto suo il consiglio evangelico di essere astuto come i serpenti (Mt 10,16).

Applausi

Sabato, mentre rientravo dalla farmacia, ho sentito il primo “applauso verso chi è impegnato contro il Coronavirus”, applauso a quanto pare ripetuto domenica non solo da noi ma anche in Spagna. Sarà che io odio gli applausi di questo tipo, ma mentre a un funerale li trovo semplicemente di cattivo gusto qua mi pare che siano semplicemente un’idiozia, per quanto buona sia l’idea di ricordarci di chi è in prima linea. Occhei, meno idiozia di una processione (o se preferite, di un flash mob “di persona”), ma pur sempre un’idiozia. Mi sa però che lo stare chiusi in casa contribuisca a tirare fuori le cose più stupide di noi…

Quizzino della domenica: Parola numerica latina

Supponete di potere usare solo le lettere latine corrispondenti a numeri: I V X L C D M. Che io sappia non si possono formare combinazioni di quattro o più lettere che siano allo stesso tempo parole italiane e numeri romani: MIDI non funziona perché “ID” non è un numero (nemmeno “IL”, se per questo: sono vietati i salti oltre il decuplo). Con due sole lettere, si può per esempio scrivere “MI” che vale 1001. La domanda è la seguente: qual è il numero più grande che si può scrivere usando tre lettere? Non vale MIX, perché è una parola inglese.



(un aiutino lo trovate sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p438.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema ispirato da Alex Bellos.)

_Vita, arte e mistica_ (ebook)

Per chi ha un minimo di infarinatura di filosofia della matematica, il nome di Brouwer non è certo ignoto. Per curiosità ho così preso questo libro (L.E.J. Brouwer, Vita, arte e mistica, Adelphi 2015, pag. 194, € 6,99 (cartaceo: € 13), ISBN 9788845976391, trad. Claudia Di Palermo e Lorenzo Perilli) e ho scoperto che in questo suo saggio giovanile Brouwer parlava di filosofia in generale, facendo un mischione tale che non sono assolutamente riuscito a capire qual era il suo punto, se non che le donne nascono per essere all’ombra del proprio uomo… La colpa non è dei traduttori Claudia Di Palermo e Lorenzo Perilli, ma proprio dei concetti che mischiano pensiero greco e indiano senza alcuna logica. Il libro sarebbe stato uno dei pochissimi a cui dare una stella, se non fosse stato per il saggio finale di Paolo Zellini. Tipicamente trovo Zellini pesante, e faccio fatica a leggere i suoi libri. (e allora perché li leggo, vi chiederete? Perché tratta temi interessanti). Qui non solo è molto più chiaro e spiega molto bene come il costruttivismo di Brouwer sia rinato in maniera completamente diversa con il calcolo automatico, ma come effetto collaterale mi ha permesso di capire meglio cosa aveva scritto in La dittatura del calcolo. Insomma, se proprio volete prendere il libro limitatevi a leggere la sua postfazione!

Diavolo e acqua santa

Quali sono i due quotidiani che hanno liberalizzato l’accesso alla versione digitale nel periodo dell’emergenza coronavirus? Manifesto e Avvenire.