pensieri pochi ma confusi

Il Parlamento continua a occuparsi, anche se sottotraccia, della legge delega di recepimento delle direttive europee tra cui quella copyright che come wikipediano mi sta tanto a cuore. Martedì è stata presentata questa mozione, presentata da Valentina Aprea con altri quattro parlamentari di Forza Italia. Per chi non avesse voglia di leggerla tutta – ma non è lunga – l’executive summary è “Il pubblico dominio è così bello che preferiamo che non venga usato, ché altrimenti si potrebbe rovinare.”

Attenzione: il problema generale non è tanto la conclusione, che a me ovviamente non piace ma di per sé è legittima: immagino per esempio che chi possiede opere in pubblico dominio non voglia perdere la rendita di posizione sulle opere derivate. Il punto è che se un’opera è in pubblico dominio il diritto d’autore non c’entra più per definizione… E fortuna che Forza Italia si definisce un partito liberista.

(Per la cronaca, la Lega ha una mozione molto più condivisibile, mentre mi dicono che quello PD “è aria fritta”.)

Almeno scegliete gente che capisca l’italiano

Ieri sera verso le 21 squilla il cellulare di Anna. Numero di rete fissa milanese (ma si sa che non vuol dire molto). Anna risponde, e poi mette in viva voce. Una voce femminile dice in un italiano molto approssimativo – così ad orecchio direi che la signora era albanese, ma che in Italia c’è stata al più un mese – qualcosa di non meglio identificato sui problemi della bolletta. Comincio a parlare io, chiedo quale bolletta (“energia elettrica”) e a chi è intestata la bolletta (Anna). Per tre volte le dico “impossibile, la bolletta elettrica non è intestata a lei”, per tre volte lei continua con il suo discorso “bisogna vedere la bolletta”, finché ho chiuso la chiamata.

A parte lamentarmi dei soliti tentativi di truffa e la considerazione molto peggiore che qualcuno ha passato a questi tipi qua l’associazione nome-telefono per Anna, mi chiedo quale sia la logica di far fare queste chiamate outbound a qualcuno che evidentemente non comprende l’italiano e non ha neppure il buonsenso di buttare giù la chiamata quando si accorge che tanto non arriverà a nulla…

Come mai ci sono così tanti calciatori positivi al coronavirus?

La notizia che Cristiano Ronaldo è risultato positivo a SARS-Cov-2 – prontamente rilanciata da Lercio… – mi ha fatto pensare. Come mai ci sono così tanti contagi tra i calciatori professionisti? Le possibilità che mi vengono in mente sono le solite. A loro fanno molti più tamponi e quindi è più facile scoprire qualcosa, ma questo non collima con la scarsa diffusione generale tra la popolazione; più facile che in allenamento e nelle partite ci siano più contatti di quanto si pensi.

C’è anche l’ipotesi “i calciatori non sono geneticamente in grado di seguire le regole per evitare il contagio” che mi piacerebbe usare :-), ma l’ipotesi cozza col fatto che anche nel ciclismo ci sono molti casi, e un ciclista professionista in una grande gara a tappe non ha la forza di fare null’altro. La cosa mi preoccupa, perché potrebbe darsi che l’attività fisica pesante aumenti la probabilità di avere difese immunitarie più basse nei confronti del coronavirus. Ricordate il paziente zero italiano che era un maratoneta ancorché dilettante? Non so se siano stati fatti studi al proposito, ma voglio rassicurare i miei ventun lettori: in ogni caso io non rientro in quella categoria…

Carnevale della matematica #143: GOTO Proooof!

Come (quasi) ogni 14 del mese abbiamo un nuovo Carnevale della matematica, ospitato da Roberto Zanasi che ci tiene a farci sapere che lui legge tanti fumetti e quindi conosce i titoli dei numeri 143 delle serie; è da qui che aveva tirato fuori il tema “Viaggi, anche interstellari, eros, thanatos, Bacco e Venere, e drammi vari”. Ma naturalmente poi si parla di matematica, e come sempre ci sono post per tutti i gusti.

insomma, Immuni funziona o no?

Domenica scorsa Repubblica ha postato un articolo sul sostanziale fallimento di Immuni: meno di novemila notifiche e solo 499 positivi tra gli utenti registrati. Quello che è peggio è che pare che siano stati scoperti solo 13 positivi grazie all’app. Facendo un po’ di conti si giungerebbe alla conclusione che il tasso di positivi scoperti tramite l’app è confrontabile con quello dei positivi scoperti “per caso” con i tamponi, il che non è una grande notizia.

Come capita spesso, numeri calcolati in questo modo sono inutili se non fuorvianti, e sarebbe più interessante capire quali potrebbe essere le ragioni di quello che è indubbiamente un flop. Repubblica viaggia più sul complottismo, insinuando che molte ASL non avrebbero fatto partire la procedura nonostante si trovassero davanti un positivo che usava Immuni e dando la colpa a chi nega di averla quando glielo si chiede. Inoltre è vero che siamo arrivati a otto milioni di download, ma c’è stata un’impennata solo negli ultimi giorni, e quindi dovremmo aspettare una settimana o due prima di vedere dei risultati.

Per quel poco che ne so io, vedo invece due ipotesi più semplici per spiegare perché Immuni non funziona. La prima è che credo che ci sia relativamente poca gente che usa davvero Immuni, e magari l’ha scaricata ma poi subito disattivata. Come ho già raccontato in passato, la curva di crescita di una funzione basata sui contatti non è per nulla lineare ma assomiglia a una logistica: parte molto lentamente, ha una brusca crescita intorno al 50% di adozione e tende poi lentamente alla totalità. La seconda ipotesi è che chi ha deciso di scaricare Immuni, oltre che avere telefonini di ultima generazione, ha probabilmente una maggiore sensibilità civica; altrimenti non l’avrebbe scaricata. Ma questo significa che costoro sono anche più attente e cercano di non trovarsi in situazioni a rischio, creando una correlazione inversa tra l’uso dell’app e la probabilità di contagio. Purtroppo non ci sono dati sufficienti per stabilire se tutte queste ipotesi hanno o no un fondo di verità…

“completo”

Stamattina, mentre andavo a prendere i gemelli a scuola, ho visto un filobus della 91 che al posto dell’indicazione del capolinea aveva scritto “COMPLETO” sulla veletta. Non ero vicino, quindi non sono riuscito a capire se effettivamente aveva troppa gente e quindi non caricava nessuno…

Quizzino della domenica: due sconfitte e sei fuori

Grandi novità al Circolo Backgammon “Pierre and Blaise”. Il classico torneo annuale a eliminazione diretta è stato modificato, dopo che molti giocatori si sono lamentati perché non era giusto che la sorte nel lancio dei dadi fosse così importante. Così quest’anno bisognerà perdere due partite per essere eliminati. (Ricordo che nel backgammon non è possibile il pareggio.) Il torneo si svolgerà sempre facendo incontrare contemporaneamente tutti i giocatori non eliminati, accoppiandoli a caso: se il numero fosse dispari, un giocatore salterà il turno. Il torneo si allungherà, visto che dopo il primo turno nessun giocatore può essere eliminato, ma non di troppo. Gli iscritti sono 33: sapete dire qual è il numero minimo e quello massimo di partite che dovranno essere giocate?



(trovate un aiutino sul mio sito, alla pagina http://xmau.com/quizzini/p478.html; la risposta verrà postata lì il prossimo mercoledì. Problema da Gifted Mathematics; immagine di Danny Allen, da FreeSVG.)


A History of π (ebook)

[copertina] Il pi greco è un numero sfuggente ancorché ubiquo. Sono tanti i libri che parlano di esso; però in questo caso (Petr Beckmann, A History of π , Golem Press 2014 [1971], pag. 203, € 7,75, ISBN 9781466887169) devo dire che ci troviamo davanti a uno stranissimo miscuglio. Il testo è pieno di formule e derivazioni matematiche, quindi parrebbe più adatto per un matematico; ma Beckmann mette subito le cose in chiaro, e afferma che «Poiché non sono né uno storico né un matematico, mi sento del tutto qualificato per scrivere questo racconto». E in effetti il testo è inframmezzato di commenti per nulla sfumati contro tutto quello che non gli piace, dagli antichi romani ai cristiani, dai nazisti ai comunisti sovietici (Beckmann è di origine ceca, la sua famiglia emigrò in Gran Bretagna per sfuggire ai nazisti, rientrarono in patria dopo la guerra ma nel 1963 Beckmann defezionò verso gli USA). Questo può rendere meno indigesta la lettura a chi non mastica matematica e vuole solo avere un’idea della storia dietro il numero. La prima edizione del libro è del 1971 (anche se la versione in ebook è del 2014), pertanto non ci sono gli ultimi risultati ottenuti dai computer; ma tanto Beckmann li considerava di poco interesse, visto che sono solo conti… Chissà se però avrebbe apprezzato l’algoritmo che calcola una specifica cifra decimale di π senza ricavare prima le altre!